Sono secoli che dalla prima rivoluzione industriale l’uomo ha avuto a che fare con “risorse scarse”, limitate e con il problema della loro distribuzione in base al consumo. Oggi esiste un’altra visione dell’economia. Se si puntano gli occhi sulle risorse proprie di un territorio, si riesce a trovarne diverse in natura, che servono e sono perfino “in eccedenza”. Da lì si potrebbe ripartire per ridisegnare il futuro di quel territorio.
Il documentario “Dagli scarti nascon tesori”, dei registi e autori Pierpaolo Piludu e Alessandro Mascia, corre su questi binari per immaginare l’economia sarda del domani: tendere al benessere di tutti, alla qualità della vita, alla riappropriazione degli individui del rapporto con la terra, con la propria cultura immateriale, senza dimenticare lo scambio di conoscenze col resto del mondo, attività indispensabile per immaginare, pianificare, innovare.
Presentato ieri a San Sperate allo Spazio Antas, il film di 45 minuti della compagnia cagliaritana Cada die teatro – con riprese di Marco Gallus e musiche tratte dall’album ‘Meigama’ (qui la recensione di Valeria Martini) di Francesco Medda e Mauro Palmas – alterna estratti dello spettacolo teatrale “Pesticidio” a interviste a studiosi, imprenditori, professionisti.
I testimoni
Sono dieci voci, quelle di Maddalena Achenza (docente di Architettura tecnica al Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e architettura di Cagliari), Gianluigi Bacchetta (direttore dell’Orto botanico di Cagliari e docente al Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università di Cagliari), l’antropologo, giornalista e scrittore Bachisio Bandinu, Ettore Cannavera (psicologo e pedagogista, fondatore e responsabile della Comunità La Collina di Serdiana, cappellano della REMS di Capoterra), Giuseppe Mariano Delogu (tecnico forestale, docente di Tecniche di protezione civile all’Università di Nuoro), Daniela Ducato (fondatrice filiere Industrie Verdi EDIZERO Architecture for Peace design, prodotti servizi per la salute delle persone e del pianeta, e recentemente nominata presidente della Fondazione “Territorio Italia”), Salvatore Porta (dopo trent’anni di esperienza nella direzione del marketing strategico di una multinazionale, dal 2010 si interessa di agricoltura naturale), Sabrina Puddu (architetta, da anni sta portando avanti una ricerca sugli edifici carcerari europei). Giampietro Tronci (ingegnere, settori bioedilizia e Paesaggi Urbani e Rurali presso lo studio Crùu) e Gigi Usai (esperto del paesaggio, Paesaggi Urbani e Rurali presso studio Crùu).
Un concerto di idee
Le testimonianze raccolte sono come un concerto di idee, con assonanze di significati. Tra queste, Giampietro Tronci, che parla del “progettare una casa come non oggetto in sé, ma come un elemento di un sistema, edifici integrati come quello che gli sta intorno”, con la terra dove sono posate le fondamenta, “per farci vivere bene le persone”. Salvatore Porta riprende gli insegnamenti del botanico e filosofo giapponese Masanobu Fukuoka (1913 – 2008): “I contadini dappertutto nel mondo sono fondamentalmente gli stessi. Lasciateci dire che la chiave per la pace si trova vicino alla terra”. Daniela Ducato, che dà l’esatta definizione di fonti rinnovabili eccedenti e la mette in pratica nelle sue aziende, gli fa eco dicendo: “L’edilizia attività umana più inquinante del mondo che usa la petrolchimica. Il petrolio è la prima causa di guerra, di inquinamento, di asimmetrie sociali. Per fare impresa abbiamo bisogno di sottolavorazioni, i rifiuti, scarti”. E aggiunge: “Non esiste ecologia senza alta innovazione tecnologica”, senza uno scambio di saperi col resto del mondo. Quel saper essere “locale e insieme globale” su cui insiste Bachisio Bandinu.
Il lavoro fuori dal carcere
La pace è anche quella nei cuori dei detenuti ospiti ad Isili, nel sud Sardegna, della comunità La Collina, fondata da Don Ettore Cannavera. Il lavoro nei 10 ettari dell’azienda agricola fa in modo che lì, e non in carcere, possano tornare alla vita coltivando la terra. “Il 70% di chi esce dal carcere – spiega Cannavera – è recidivo, contro il 4% di chi esce dalla Collina”. Un risultato questo, che coniuga il saper fare economia col rispetto del principio della Costituzione italiana della finalità rieducativa della pena.
Nell’immagine di copertina una casa realizzata dallo studio di bioedilizia Crùu