Roma, alba del 29 maggio 1931. Un plotone di 24 Camicie nere è schierato nel piazzale interno del Forte di Casal Braschi, sono quasi tutti sardi e si sono offerti volontariamente per fucilare un giovane legato a una sedia che sta a 15 passi da loro. Si chiama Michele Schirru, è un anarchico sardo ed è tornato dagli Stati Uniti con l’idea di uccidere Benito Mussolini. Pochi minuti, il tempo di ascoltare la sentenza emessa dal Tribunale speciale, di rifiutare i conforti religiosi e Schirru muore gridando “Viva l’Anarchia!”.
Sarà Peppino Fiori a mettere in luce questa vicenda, tuttora poco conosciuta ai sardi, con un bel libro del 1983; storia che colpirà profondamente Renzo Saporito, un ragazzo di Siniscola che ama suonare la chitarra e maturerà l’idea di raccontarla in musica. Nel 1989, dall’incontro con il compaesano Sandro Usai e con Angelo “Tabaccone” e Costantino Ortu – che abbandoneranno presto il progetto – nascono i Kenze Neke, ovvero “senza colpa”, nome allusivo alla mostruosità giuridica che aveva condannato a morte Schirru per “l’Intenzione” di uccidere il Duce. Con l’arrivo del bassista Tony Carta, Usai e Saporito incidono nel 1990 il primo demo ‘Chin sas Armas o Chin sas Rosas‘ al quale partecipa anche il sassofonista Luciano Setzi. Il sound del gruppo è una commistione di punk, rock, ska e reggae dove si respirano Clash, Police e Kortatu, fusi con le sonorità della tradizione isolana. Le tematiche cantate in lingua sarda riguardanti principalmente antimilitarismo, antiimperialismo, indipendentismo e problematiche sociali accompagneranno la band per tutto il suo percorso artistico. L’innesto di Stefano Ferrando (batteria e voce), Massi Circelli (chitarra) e Massimo Loriga ( armonica e sassofono) porta ulteriore linfa al gruppo che con la rinnovata formazione incide il primo LP ‘Naralu! De Uve Sese‘, registrato al Rockhouse Blue di Sassari nel febbraio del 92 e pubblicato dalla Gridalo Forte Records di Roma.
Il disco già dalla copertina, disegnata da Cristiano Rea, ha chiari riferimenti al pensiero politico di Saporito e soci. Dal demo tape vengono ripescate ‘Zente‘, presa di coscienza identitaria e j’accuse verso la sottomissione di massa e ‘Amerikanos a Balla chi Bos Bokene‘, esplicita denuncia contro le basi N.A.T.O presenti in Sardegna, combat rock trascinato da un giro di basso alla ‘So Lonely’ che riprende fiato con il contributo del Tenore Su Cantaru. Vengono risuonate anche ‘Bette Monkey‘, cover di ‘Monkey Man’ incisa nel 1968 da Toots & The Maytals e portata al successo dagli Specials, introdotta con un ballo sardo dall’armonica di Loriga che sfocia in un irresistibile divertisment in chiave ska e reggae, e ‘Kenze Neke’, l’accorato ricordo della tragica fine dell’anarchico di Padria al quale viene dedicato l’intero lavoro. Le novità sono ‘Manicu de Marrone‘, grammelot che riprende una licenziosa filastrocca sarda; ‘Ass’Andira‘, brano della tradizione stravolto in chiave anticlericale, lo swing n’roll ‘Non ti Kerjo‘, il funky individualista di ‘Non D’Isco‘ e il finale ricco di pathos di ‘Ke a Sos Bascos e Ke a Sos Irlandesos‘, inno irredentista composto nel 1973 da Angelo Caria, dove la voce di Antonietta Carta e il coro seguono l’aria di ‘Makhnovtchina‘, canto delle milizie anarchiche ucraine del primo dopoguerra, per poi sposare a suon di chitarre e “passu torratu” le cause rivoluzionarie internazionali da Cuba sino al Vietnam.
‘Naralu’ rappresenta la consacrazione davanti al pubblico sardo e il principio di un lungo cammino che porta il gruppo dal Rock Area di Tonara ai concerti italiani e ai tour nell’Europa continentale. Un cammino lungo un decennio, fatto di cambi di line up, canzoni che diverranno inni generazionali, altri due ottimi dischi e una raccolta con i brani più significativi e due cover di Franti e Banda Bassotti – che avrà Lalli, Picchio, Sigaro, Francesco Di Giacomo e Maxx Furian come ospiti – prima del ritiro dalle scene nel 2000.
Il lascito artistico – culturale è di enorme portata. Ne saranno testimoni le migliaia di persone che accorreranno al memorabile concerto di Solarussa del 2006, quando tutti i musicisti si ritroveranno a suonare assieme sullo stesso palco. A oltre trent’anni dalla nascita, il catalogo dei Kenze Neke è stato recentemente pubblicato in rete e si sta lavorando a un film-documentario, prodotto e realizzato da Fabio Carta, che racconterà quest’esperienza unica ed irripetibile, portata avanti con coraggio, autenticità e senza colpa alcuna.