Il 5 marzo del 1975 moriva a Roma Emilio Lussu. Avvocato, soldato, deputato, fondatore del Partito Sardo d’Azione, antifascista irriducibile, partigiano, padre costituente e scrittore, protagonista assoluto della storia sarda, italiana ed europea del Novecento. La sua avventurosa esistenza è stata ricordata e celebrata dalle istituzioni e dal mondo della cultura attraverso incontri, dibattiti, libri e anche un docufilm, iniziative che hanno ispirato la nostra riflessione su quella che Francesco De Martino ha definito come “una delle figure più significative ed originali della politica italiana dalla prima guerra mondiale ai giorni nostri”.
Chi visita il piccolo cimitero acattolico di Roma, spesso indicato come “il cimitero degli inglesi”, solitamente lo fa per rendere omaggio alle ceneri di Antonio Gramsci rese celebri da Pier Paolo Pasolini, per ammirare la magnificenza de ‘L’angelo della morte’, famosa scultura di William Wetmore Story o per respirare un poco di poesia e romanticismo inglese al cospetto delle tombe di Percy Bysshe Shelley e John Keats. A molti, purtroppo, sfugge invece un piccolo cippo di pietra bianca posto ai piedi di un leccio, albero significativo della flora sarda, che reca una semplice scritta: “In memoria di Joyce Salvadori 1912 -1998, Emilio Lussu 1890 – 1975″. Eppure quella tomba semplice, quasi in contrasto con la maestosità di tanti altri monumenti funebri di questo angolo romano dal sapore british, racconta una storia lunga, affascinante, più avventurosa di qualsiasi libro di Jules Verne o Emilio Salgari e talmente intensa che viene difficile persino scegliere un punto di partenza dal quale cominciare a raccontarla. E allora forse è meglio cominciare dall’epilogo.
“Emilio morì ai primi di marzo, senza vedere l’inizio della primavera. Era una bella giornata, e dalle finestre si vedevano le chiome dei pini attorno a Castel Sant’Angelo, che avevamo guardato insieme per trent’anni. Nel silenzio totale della casa, sentivo la sveglia di cucina battere il tempo con ritmi monotoni e tristi, come gli attitus delle donne sarde. Non più, per te, il tempo… Il tempo, per te, mai più”. Joyce Salvadori Lussu

Il senatore Emilio Lussu si spense nel pomeriggio del 5 marzo 1975 nella sua casa al civico 10 di piazza Adriana, sulla sponda destra del Tevere a ridosso del Vaticano. La sua salma venne cremata e le sue ceneri da allora trovarono posto al cimitero acattolico, a pochi passi dalla piramide Cestia e da porta San Paolo dove si consumò il disperato atto di resistenza per la difesa di Roma dai nazisti dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943, evento al quale partecipò con il coraggio e la caparbietà che avevano contraddistinto molteplici momenti della sua vita.
Oggi, a distanza di 50 anni dalla sua scomparsa, viene celebrato dalle istituzioni, dal consiglio della Regione Autonoma della Sardegna attraverso un convegno commemorativo, ma anche da quello della Val d’Aosta che mercoledì cinque ha voluto intitolargli la Sala Commissioni e dal Comune di Cagliari che ha organizzato un’incontro la mattina del sei marzo alla passeggiata coperta del Bastione San Remy. Anche il regista Gianluca Medas ha scelto la data del 5 marzo per presentare al cinema Odissea di Cagliari il docu-film ‘Emilio Lussu. Il processo’ che ha come protagonista Enrico Loverso.
Qualcuno potrebbe sottolineare che la figura di Emilio Lussu non aveva bisogno di tante celebrazioni da parte dei suoi conterranei, visto che la sua storia è stata consegnata da molto tempo alla leggenda e che la sua vicenda umana e politica ha riempito pagine e pagine di libri e giornali ed è sufficientemente conosciuta. Dopotutto, come sostenne Peppino Fiori, il suo primo grande biografo, a pochi è spettato l’onore di diventare “eroe” ancora in giovane età come accadde a Lussu per il quale già nel 1924 spese parole di ammirazione l’amico, compagno d’arme e d’avventura politica, Camillo Bellieni.

Ma forse il problema sta veramente in questo. Come ha sottolineato il nipote Tommaso Lussu, intervenuto all’incontro cagliaritano del 6 marzo, “la storia di Emilio Lussu è scomoda“, è divisiva, fra un illogico sardismo di destra, l’aspra critica della piccola galassia indipendentista, una sinistra riformista che si è spesso appropriata di una “storia non sua” e una moltitudine di storici e giornalisti che lo hanno sempre raffigurato come un’eroe. Tommaso Lussu, vista la presenza di molti giovani alunni, rilancia un assunto dello storico e giurista Italo Birocchi, che è stato uno dei relatori della giornata commemorativa al Consiglio Regionale, su l‘importanza di non creare eroi, aggiungendo che oggi sono i giovani i principali interlocutori di Emilio Lussu e che se si vuole che “la sua storia sia fondamento del futuro” forse bisognerebbe modificare la cifra narrativa, scrostandola dalla leggenda e dal sensazionalismo e raccontandola attraverso i fatti, anche perché alla fin fine gli studenti forse non hanno bisogno di eroi ma di maestri di vita. Il successivo intervento dello storico Gian Giacomo Ortu, che ha precisato “che si può essere lussiani senza per forza condividerne totalmente il pensiero” ci indica quanto questa via sia tutt’altro che semplice.
La storia di Emilio Lussu è stata realmente avventurosa ma tutt’altro che lineare. Protagonista della tensione sociale collettiva del Novecento fu convinto interventista, che giustificava moralmente e politicamente la guerra, ma anche un sovversivo della trincea, capace di andare contro gli ordini pur di salvaguardare i suoi soldati, e refrattario ad ogni ingiustificato autoritarismo, verso il quale avrebbe provato per sempre un fortissimo senso di fastidio. Divenne, da combattente prima e da sardista poi, un oppositore intransigente verso la decrepita classe politica liberale, verso il becero fascismo sorcinelliano della prima ora e sordo alla lusinghe del generale Asclepia Gandolfo al quale aveva inizialmente prestato orecchio. Il prezzo da pagare fu quello della violenza squadrista e poliziesca, dell’arresto, del processo e della condanna scampata grazie al coraggio del giudice Arcangelo Marras e dei suoi colleghi, ne abbiamo parlato qui, del confino e dell’esilio.

Convinto fautore dell’autonomismo e dell’internazionalismo, che nell’autonomia vedeva uno strumento indispensabile per il rinnovamento politico, sociale e se volete spirituale per la sua terra, si confrontò da esule in terra francese con le idee di Carlo Rosselli, Gaetano Salvemini, Francesco Fausto Nitti e con tanti altri che si raccolsero prima nel movimento di Giustizia e Libertà e successivamente nel Partito d’Azione diventando in seguito, con grande disorientamento della maggior parte dei sardisti, dope essersi arreso all’inconciliabilità fra il socialismo e la democrazia liberal borghese di Parri e La Malfa, un socialista irregolare, incompatibile con la Democrazia Cristiana, ma anche con il P.C.I e, dopo la formazione del governo di centro sinistra nel 1963, con lo stesso P.S.I.
Severo, risoluto, individualista ma con una caparbia tendenza all’unità, popolare ma tutt’altro che accomodante, visse tutta la sua vita contro il dispotismo, anche quello dello stato democratico, che come sottolineò nel ‘La Catena’ non può basare il suo potere sulle cariche della polizia, la sua vicinanza agli orgolesi durante la pacifica rivolta di Pratobello nel 1969 è emblematica in tal senso, “ma sulla coscienza che ogni cittadino ha”.
Chi fu allora veramente Emilio Lussu? Uomo o eroe? Probabilmente passerà molto tempo prima che ci si metta d’accordo, ma intanto ci sentiamo di dire che Emilio Lussu da Armungia non fu e non volle essere l’eroe sacrificale, nella guerra come nella lotta politica, ma un uomo che, oltre al coraggio delle proprie idee, ebbe un’acuta intelligenza politica della quale oggi, giovani e adulti, avremmo assoluto bisogno, e non c’è eroismo di sorta che valga un’eredità umana così rilevante. La sua storia come fondamento del futuro, dicevamo, ecco, forse bisognerebbe ripartire da questo.