Potrei raccontarvi l’intera storia di questa pellicola partendo dal principio, utilizzando solo dei proverbi, brevi motti dettati dall’esperienza che custodiscono un insegnamento, ma prometto che non lo farò. Vi dico questo, solo per farvi capire il motivo che mi ha spinto a scegliere questo film. Parliamo del classico caso in cui, da un’idea che superficialmente può risultare banale, nasce un prodotto che, fagocitando tutto ciò che incontra, inizia a vivere di vita propria e partorisce a sua volta, nuovi elementi (personaggi, strategie, generi) destinati ad avere un posto nella storia del cinema.
Sedetevi comodi.
Ad appena ventisette anni, Tobe Hooper, assistente di regia dell’Università del Texas (Austin) e cineoperatore di documentari, aveva già scritto una prima bozza del film anche se per un progetto Fantasy, in cui l’isolamento, l’oscurità e i boschi, erano gli elementi predominanti. Fu un amico, nonché collega di studi, a convincerlo a cambiare genere e a buttarsi sull’horror.
Ecco a voi, la scintilla.
Giorno dopo giorno Tobe alimenta il progetto con una serie di idee scaturite da pensieri ed esperienze estemporanee e, prima che la fiamma creativa si spenga, fonda assieme all’amico una società (Vortex) con lo scopo di reperire tutto il necessario per la produzione del film. La sceneggiatura è micidiale. Ispirato a pochissimi fatti compiuti dal famoso serial killer Ed Gein (lo stesso a cui si rifanno i famosi ‘Psyco’ e ‘Il silenzio degli innocenti’), decide di utilizzare uno stratagemma e ingannare fin da subito lo spettatore.
Il film si apre e si chiude con una voce narrante che riporta fatti, persone e luoghi, come fosse una ricostruzione fedele di eventi realmente accaduti. L’idea è geniale e verrà in futuro riproposta da altri registi ( pensate al film evento ‘Blair Witch Projetc’).
Un gruppo di cinque amici, tra cui due fratelli (Sally e Franklin), decidono di intraprendere un lungo viaggio verso un altro Stato, per visitare la casa del nonno, scomparso da diverso tempo. Dalla prima parte del film ha inizio un susseguirsi di eventi che generano nello spettatore antipatia noi confronti dei protagonisti. Le scelte che compiono in base agli avvenimenti sono perlopiù insensate e controproducenti. In poco tempo ti ritrovi a sbraitare da solo, rivolto allo schermo. Anche quando gli viene detto, letteralmente, da un abitante del posto, di cambiare strada perché è molto pericoloso proseguire, il gruppo, felice e per nulla preoccupato, continua il cammino. Ora, chiunque abbia visto, anche solo il film della Disney ‘Fantasia’, farebbe dietro front a tavoletta, anche solo per evitare che la miriade di scope maledette inondino la casa d’acqua.
Ma siamo negli anni ’70 e il pubblico non ha ancora visto nulla di simile. La violenza e la crudeltà delle scene lasciano senza fiato. Un uomo viene tramortito con un martello da macellaio, successivamente la ragazza viene prima infilzata viva su un gancio utilizzato per appendere i quarti di bue, poi costretta a guardare mentre il killer fa a pezzi con una motosega, il ragazzo a terra privo di sensi.
Il film è impregnato di mostri. Mostri umani ma che di umano non hanno nulla. Parliamo di una famiglia di pazzi disadattati, per di più cannibali, che gode nel catturare le vittime e farle soffrire prima di cibarsene. Tra loro spicca il più terrificante: Leatherface. Oltre un metro e novanta di statura, con una forza sovraumana e un handicap cognitivo che lo spinge a fare tutto ciò che la famiglia gli dice, senza provare rimorso. Anziché collezionare francobolli, preferisce parti umane, come denti, dita, capelli e diverse porzioni di pelle del viso che adora cucire per creare maschere da indossare.
Tra torture, inseguimenti e massacri, il sangue sgorga in abbondanza. Per i contenuti altamente violenti e le scene splatter, la pellicola viene inizialmente vietata ai minori di 18 anni. Dopo alcuni tagli viene poi permessa la visione ai maggiori di 17 anni accompagnati da un adulto.
Il film, costato circa 300.000 dollari, incassò solo negli Stati Uniti e nel Canada cento volte tanto. Nonostante gli iniziali pareri contrastanti della critica, diventa subito una pietra miliare del cinema horror e oltre a dare vita a ben sette seguiti (tra prequel, remake e sequel), inventa una nuova variante del genere, lo slasher. Leatherface è l’uomo nero per eccellenza e presto sarà accompagnato da altre icone come Freddy Kruegher, Michael Myers, Jason Voorheers.
Tra le tante curiosità, spiccano le testimonianze degli attori stessi: l’interprete di Leatherface dichiara di non aver mai ricevuto un cambio di abiti durante tutte le riprese; la motivazione era da ricercare nella mancanza di fondi e di tempo.
Sempre per mancanza di fondi, per “abbellire” la casa degli orrori, vengono utilizzate vere carcasse di animali raccattate nelle zone adiacenti. Il sangue sui muri e sugli abiti proviene da un macello vicino.
Le riprese continuano ininterrottamente nonostante la temperatura oltre i 40 gradi, la puzza e la stanchezza degli attori.
Il soggetto che presta la voce narrante, all’inizio e alla fine del film, si è accontentato di uno spinello come pagamento.
In Inghilterra non solo viene vietata la proiezione del film, ma viene censurato anche il termine “chain saw” dal titolo originale The Texas chain saw massacre.