Ogni anno le donne dedicano 64 giorni in più rispetto agli uomini alla cura familiare: figli e familiari da accudire, faccende domestiche da sbrigare, pulizie e gestione quotidiana della casa. In questo tempo, oltre due mesi su 12, gli uomini possono dedicarsi alle relazioni, alla formazione, al lavoro. E’ solo uno dei tanti squilibri del rapporto tra uomini e donne nel nostro paese: a descrivere l’impietosa situazione di imparità è Alessandra Minello, sociodemografa all’Università di Padova, ospite della seconda giornata del LEI Festival a Cagliari (qui il programma) tra il 29 e il 1 dicembre. La prima giornata si è aperta con l’incontro con Stefano Tacconi (Maurizio Pretta ce ne ha parlato qui) e Francesco Toniolo. La seconda giornata il Festival ha ospitato Claudia Caredda e Maurizio Pretta con la stand up literary “Undici” dedicata all’Italia dei giorni di Gigi Riva, Spartaco Arbarelli e Beniamino Sidoti nella chiacchierata sul gioco e i pregiudizi attorno al giocare (Giacomo Pisano ne ha parlato qui), e la conferenza del filosofo Umberto Galimberti “L’io e il noi, il primato della relazione. Non si gioca con i sentimenti”. Ultimi appuntamenti in programma domenica 1 dicembre con Maria Grazia Calandrone, Pino Boero, Leni Marseglia, Stefano Bartezzaghi, Alice e Francesco Messina.
Minello, autrice del recente “Genitori alla pari. Tempo, lavoro, libertà” pubblicato da Feltrinelli e del precedente “Non è un paese per madri” (Laterza 2022) è intervenuta all’appuntamento del festival, quest’anno declinato sul tema del gioco, per parlare di parità, famiglie e diritti.
Due sono i punti di partenza dell’incontro, ben evidenziati dalla moderatrice Diletta Mureddu che da anni si occupa di pari opportunità con il Centro Donna CGIL: la cultura e la condizione strutturale italiana. “La questione culturale racchiude in sé il mito della madre e le pressioni sociali sulle donne – ha sottolineato Minello – che siano madri o no, da cui ci si attende sempre la perfezione nella professione e nella cura familiare; accanto a questo aspetto mancano servizi, i congedi parentali non sono equilibrati, la scuola non dialoga con il mondo del lavoro, la mobilità e vita sociale non tengono presenti le esigenze familiari in un mondo costantemente declinato al maschile”.
In questo momento storico si parla tanto di politiche per combattere la denatalità, ma occorre cambiare il punto di vista: “Non bastano le misure di sostegno economico o gli asili – continua la sociodemografa – ma è fondamentale lavorare per equilibrare la genitorialità che deve essere realmente alla pari, come un gioco di squadra: in una famiglia dove le attività di cura sono demandate sempre alla donna e spesso il padre se ne occupa solo occasionalmente il gioco non è più alla pari. Occorre poi essere consapevoli che le giovani generazioni non hanno sempre l’obiettivo di avere figli: secondo l’Istat il 30% dei ragazzi e delle ragazze non ha deciso o non vuole essere genitore, e questo anche perché sono spaventati dal futuro (non dimentichiamo che chi oggi ha venti, trent’anni ha conosciuto la crisi economica, una pandemia mondiale e le guerre) e considerano il tempo personale come un valore. La minore natalità è dunque anche un fattore generazionale, dobbiamo averne consapevolezza e non considerarlo necessariamente come un problema ma come una realtà”.
In questo contesto il patriarcato esiste e incide profondamente sulle scelte personali: “Ci sono tra le coppie meccanismi subdoli come quello che gli americani chiamano ‘incompetenza armata’, il non saper fare qualcosa nella cura familiare diventa un peso verso la donna, che finisce per portare su di sé un grande carico mentale, e poi abitudini, forze che è difficile scardinare nei rapporti”.
“No, non è un paese per madri, e non lo è neanche per le famiglie – conclude Minello. – Però possiamo iniziare a cambiare le cose partendo dalla formazione: nelle scuole, nella classe dirigente, nelle aziende. Il tema della parità deve essere visto in maniera globale: l’obiettivo non è più la conciliazione ma la condivisione”.
(Le foto sono di Roberto Cadeddu)