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Non esiste l’Io senza il noi, la lezione di Umberto Galimberti a Cagliari al LEI Festival

Di Maria Carrozza
01/12/2024
in Cultura
Tempo di lettura: 3 minuti
Non esiste l’Io senza il noi, la lezione di Umberto Galimberti a Cagliari al LEI Festival

L’identità è una costruzione sociale: “Noi siamo il frutto dello sguardo dell’altro” e nell’amore la ragione cede alla follia in “un’esperienza cognitiva resa possibile dall’altro”. Così Umberto Galimberti nella lezione dal titolo “L’io e il noi: il primato della relazione. Non si gioca con i sentimenti”, tenuta a Cagliari al LEI Festival della Compagnia B con la direzione artistica di Alice Capitanio: il festival dalle parole chiave Lettura, Emozione, Intelligenza, alla sua nona edizione fino a domenica 1° dicembre al Teatro Doglio.

L’amore è una cosa seria

È quanto di più vicino alla follia, all’indifferenziato degli dei, al sacro. E la follia e l’amore sono una grande esperienza cognitiva, resa possibile grazie all’altro. Galimberti parte da Platone e spiega come il filosofo che ha inventato la ragione ammetta che la follia la oltrepassi. E snocciola riferimenti nell’epica e nel mito greco, e nella tradizione giudaico cristiana. Arriva a Kant per dire, attraverso il pensiero del filosofo Illuminista tedesco: “La ragione è un’isola piccolissima” e “l’amore non è a disposizione dell’Io, semmai il contrario”. L’amore genera “un Io nuovo con l’immersione nella follia”.

Si può amare in modo individualista?

Umberto Galimberti. Foto Roberto Cadeddu

La lectio magistralis dell’ottantaduenne filosofo, saggista e membro ordinario dell’International Association of Analytical Psychology dà al pubblico alcuni spunti per leggere la realtà, per leggersi dentro e domandarsi fino a che punto reggerà la tendenza all’individualismo dell’oggi, dove ci si trova in isole infinitamente piccole, pur avendo a disposizione strumenti di comunicazione con l’altro, capaci di arrivare a chiunque. Eppure ci si sente soli. E allora, occorre tornare all’amore generativo, che non è a disposizione e dell’Io, semmai è il contrario: “Il 2 genera l’1. Noi siamo la metà di un uomo”.

L’amore è fluido

Galimberti parla anche della fluidità di genere e cita il mito dell’androgino, raccontato da Aristofane nel Simposio di Platone: quando sulla Terra gli uomini erano composti da due parti simmetriche, ciascuna dotata di un sesso (uguale o diverso) e si muovevano rotolando. Per limitare la loro superbia, Zeus divise gli uomini in due.

Ed ecco che l’amore, la ricomposizione dell’uomo, rimane di tre tipi, le tre combinazioni possibili degli ex “uomini palla”.

I bambini sono vicini agli Dei

Il filosofo parla dell’importanza del curare il ragionamento filosofico dei più piccoli, perché “I bambini sono nella verità, nell’indifferenziato degli dei”.

Cristianesimo e Occidente

E chiarisce degli aspetti sfuggenti della cultura occidentale: “Il Dio è la follia, sia nella cultura greca, sia in quella giudaico – cristiana”; e poi, “il pensiero cristiano permea tutto l’Occidente. La Cristianità e l’Occidente sono la stessa cosa: il credere in un futuro”. Persino la scienza e il materialismo storico hanno l’impronta della Cristianità, perché veicolano la necessità del Progresso.

Galimberti raggiunge un rapporto diretto col pubblico. In piedi, alle spalle le luci del palcoscenico, vuole guardare in faccia lo spettatore. “Avete capito?”, chiede più volte. Per un’ora si torna ad essere scolari, al sapere di non sapere. Si torna indietro per ricomporre il tutto.

Nell’immagine in evidenza Umberto Galimberti al LEI Festival. Foto di Roberto Cadeddu

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