In Sardegna il paese di Tonara è famoso per i suoi squisiti torroni e per aver dato i natali a Peppino Mereu, il poeta scapigliato autore della celeberrima ‘Nanneddu Meu’. Non molti invece sanno che nel periodo compreso fra le due guerre mondiali, come tanti altri centri dell’interno dell’isola, fu sede di confino e ospitò prigionieri di guerra, ustascia croati e oppositori politici. Fra questi c’è Carlo Gibaldi, un giovane comunista milanese mandato a domicilio coatto dal regime fascista. Nel paese della Barbagia Mandrolisai conoscerà Rosalia Patta, che sarà sua compagna di vita, di guerra partigiana e di militanza politica. Questa è la loro storia, un’esistenza consacrata al socialismo e alla libertà.
La Sardegna è stata spesso una terra che faceva rima con punizione, esilio, confino, detenzione. Ci finivano impiegati e funzionari statali indisciplinati, carabinieri e soldati riottosi, esuli e confinati politici. Già durante gli anni della prima guerra mondiale Tonara e i paesi circonvicini avevano ospitato in qualità di internati diversi cittadini del regno austroungarico e fra questi il pittore e incisore viennese Hans Paule. La stessa zona, negli anni trenta, divenne sede ospitante di alcuni antifascisti italiani. Fra il 1930 e il 1938 le comunità a ridosso del Gennargentu “accolsero” svariati antifascisti in prevalenza provenienti dall’Italia centro- settentrionale. Per la maggior parte anarchici e comunisti, vennero assegnati per la maggior parte ai paesi di Meana Sardo, Desulo e Aritzo, ma anche Sorgono, Gadoni e Tonara. Quasi tutti operai, braccianti o piccoli artigiani, spesso venivano confinati per futili motivi, bastava cantare Bandiera Rossa, protestare per un licenziamento, essere sospettati di attività antifascista e si finiva dritti in Sardegna.

Tonara diviene sede di confino per un solo antifascista. È il tardo 1933 quando vi gunge Carlo Gibaldi, un meccanico milanese che non ha ancora compiuto i vent’anni d’età, condannato il 30 novembre dalla corte penale meneghina, assieme a un gruppo di compagni, del quale fa parte anche Rodlfo Pellicella, a cinque anni di confino, ridotti poi in appello ad appena uno, per “organizzazione comunista” e tentato espatrio clandestino.
Ben presto quello che doveva essere un soggiorno di isolamento dal mondo e di punizione, si trasforma in una delle più felici tappe della sua esistenza. Carlo Gibaldi conosce una ragazza di appena un anno più grande, Rosalia Patta, un’incontro che appassiona entrambi i giovani che il 9 settembre del 1934 si recano al municipio per le pubblicazioni matrimoniali. Le nozze vengono celebrate il 25 dal rettore Luigi Passoni, un sacerdote lombardo in odore di antifascismo che nello stesso anno verrà allontanato dal paese, nella parrocchia di San Gabriele Arcangelo. I testimoni sono il dottor Giovanni Sulis, medico condotto del paese e amico fraterno del poeta Peppino Mereu – a lui è dedicata la celebre poesia ‘A Nanni Sulis’, meglio conosciuta come ‘Nanneddu Meu’, e Antonio Gessa, un avvocato residente a Roma che per i suoi rapporti con Emilio Lussu, Francesco Fancello e Cesare Pintus e per la sua militanza sardista, era stato arrestato nel 1926 e nel 1930, sottoposto a vigilanza speciale e rinchiuso nel carcere di Regina Coeli.
Non passa neppure un mese che un altro evento rallegra la vita dei novelli sposi, Carlo viene prosciolto e dal 18 ottobre è un uomo libero. Assieme a Rosalia fa ritorno a Milano. Poco o nulla si sa di questo periodo della loro vita scandito dalla ripresa del lavoro e dall’impegno politico nella clandestinità. Con l’arrivo della guerra – non abbiamo notizie in merito a un suo eventuale arruolamento durante il conflitto – e i bombardamenti degli alleati su Milano è probabile che la famiglia sfolli in Val d’Ossola oppure vi ripieghi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, perché è qui che li ritroviamo, almeno in parte, dalla primavera del 1944.

Nel paese di Premosello nasce la brigata partigiana Valdossola comandata da Dionigi Superti. Vi aderiscono Rosalia, Carlo e i fratelli Franco e Luigi. Gli altri tre fratelli, Contardo, Giuseppe ed Enrico si uniranno rispettivamente alle brigate Marat, Pizio Greta e alla divisione Ossola. La brigata, assieme ad altre sette, sarà protagonista della Repubblica partigiana dell’Ossola operando nel territorio a sinistra del fiume Toce fra Mergozzo, Domodossola e Masera. Sandro Pertini la definirà “perenne patrimonio ideale della nostra gente, simbolo incorruttibile di generosità e di riscatto”.
La cellula partigiana alla quale appartengono Carlo e Rosalia è comandata dal tipografo Rodolfo Pellicella, il vecchio amico del Gibaldi perseguitato per un decennio dal regime fascista, anch’esso confinato in Sardegna e a Ventotene. Carlo Gibaldi vi ricopre man mano il ruolo di capo nucleo, capo squadra e comandante di distaccamento, per poi salire di grado come sergente, sergente maggiore e sottotenente. Pellicella sarà catturato dai nazifascisti e fucilato il 20 giugno del 1944 assieme ad altri 40 compagni e una compagna nell’ecidio di Fondotoce. Dopo la liberazione sarà proprio Carlo Gibaldi a tracciarne un profilo biografico.
Rosalia, Carlo e la maggior parte dei partigiani operanti nella zona fuggiranno in Svizzera in seguito alla dura reazione nemica del 10 ottobre 1944 e a guerra finita faranno ritorno a Milano dove apriranno un negozio in piazza Sant’Ambrogio e andranno a vivere in via Cadibona.
Il fratello Franco, anima dell’A.N.P.I milanese è scomparso nel 2021 a 96 anni, per tutti era il partigiano del Giambellino. L’avvocato Gessa diverrà sottotenente e commissario di distaccamento della colonna Cingoli, unità partigiana delle Marche, col nome di battaglia “Tiraboschi”. Come lui altri tonaresi si uniranno alla Resistenza: Agostino Sulis, nome di battaglia “Stefano” si unirà alla brigata Roveda nella zona di Regio Emilia; Michele Toccori, nome di battaglia “Tonio”, combatterà in Piemonte nell’ottava divisione di Giustizia e Libertà; il comandante Antonio Zucca cadrà in battaglia fra le file della Brigata Martiri di Mirano operativa nella zona di Venezia, la stessa sorte spetterà a Giuseppe Carboni, capo squadra delle Divisione Garibaldi, muore sul fiume Natisone in Friuli.

Carlo Gibaldi morirà a Tonara il 26 agosto del 1971, Rosalia Patta alcuni anni dopo. Al termine di una vita dedicata al sogno socialista, a una militanza comunista attiva e appassionata, entrambi riposano nel cimitero del paese. La famiglia Gibaldi per tanti anni ricorderà la loro unione, sancita nell’amore e nell’ideale, con un piccolo necrologio sulle colonne dell’Unità.
Foto d’apertura con i 43 partigiani fatti sfilare il 20 giugno 1944 sul lungolago di Verbania per essere poi fucilati presso la piana di Fondotoce.