C’era grandissima attesa a Cagliari il 21 marzo 1974. Quella sera e anche la seguente, la Premiata Forneria Marconi avrebbe tenuto le sue prime esibizioni in terra sarda con ben quattro concerti, due in pomeridiana e due alla sera. La band milanese, reduce da due anni di grandi successi, aveva appena pubblicato ‘L’Isola di Niente‘, il suo quarto disco, il primo con Patrick Djivas al basso, e si apprestava a vivere un’annata fantastica con concerti in Italia, Regno Unito e il memorabile tour statunitense con oltre cinquanta date nel corso del quale avrebbe aperto i live di Santana, Beach Boys, Allman Brothers Band e altri artisti di calibro. Le serate di Cagliari invece si rivelarono tutt’altro che indimenticabili e se ancora vengono ricordate non è di certo per la musica, ma per quanto accadde fuori dal teatro di viale Trento. Qui, per diversi motivi, si scatenò una vera guerriglia urbana a colpi di lacrimogeni, sassi e bastoni fra polizia, carabinieri e centinaia di giovani ai quali era stato impedito di accedere al Massimo ormai colmo all’inverosimile. Ripercorriamo assieme i fatti di quelle due giornate, ai quali seguirono aspre critiche, che trasformarono quella che doveva essere una festa in un evento di cronaca degli “anni di piombo”.

Il teatro della rinascita, l’opera e l’avvento del rock progressivo
Se le mura del Teatro Massimo potessero parlare quante storie avvincenti potremmo ascoltare. Ci racconterebbero senz’altro di quella magica notte fra il 20 e il 21 marzo del 1947, prestate attenzione a questa data, quando l’orchestra diretta dell’impeccabile maestro Riccardo Santarelli accompagnò soprani, baritoni e tenori, fra i quali strappò applausi a profusione Onelia Fineschi, che interpretando alcuni dei momenti più felici dell’Opera italiana, da Verdi a Rossini, da Mascagni a Puccini, inauguravano il nuovo tempio della musica di Cagliari, orfana da anni dei gloriosi “Civico” e “Margherita” ormai distrutti. La città che non volle morire sotto le bombe del 1943 ripartiva anche così, da un teatro nuovo di zecca costruito, dove un tempo stava il mulino della famiglia Merello, sulle macerie della guerra.
Alcuni lustri dopo, gli anni erano diventati di piombo, la guerra era ancora fredda e i Settanta avevano spazzato via la beatlemania, il Vietnam, la stagione di Woodstock e dei figli dei fiori. La bomba di piazza Fontana aveva intanto inaugurato la triste stagione delle stragi, la lotta politica si era fortemente radicalizzata, gli estremismi avevano preso la via senza ritorno del terrorismo e l’eroina cominciava a mietere le sue prime vittime. Anche la musica conobbe un periodo di forte rinnovamento e trovò una terza strada, alternativa al cantautorato e al beat, nella via italiana al rock progressivo di matrice britannica che diede vita a gruppi come Il Balletto di Bronzo, Banco del Mutuo Soccorso, Area, New Trolls, Le Orme e Premiata Forneria Marconi.

I giovani sardi non tardarono ad appassionarsi alla nuova vulgata sonora e sulla scia di questo credo musicale sbarcarono nell’isola i londinesi Atomic Rooster e i napoletani Osanna che suonarono al palazzetto di via Rockefeller il 16 giugno del 1973, quando si esibirono anche i sardi Gruppo 2001 di un giovane Piero Salis, che qualche tempo dopo avrebbe cambiato il suo nome in Piero Marras. L’evento, che le cronache, a causa della pessima acustica del tempio del basket cittadino, ricordano come un mezzo fiasco, suggerì di cercare per i futuri concerti una locazione più congeniale e allora venne scelto il Teatro Massimo di viale Trento. La stagione del 1974 cominciò con la serata che il 10 e l’11 gennaio ospitò sul palco Le Orme e Alan Sorrenti, reclamati a gran voce dai lettori sardi di ‘Ciao 2001‘, una rivista molto popolare all’epoca che aveva un’occhio di riguardo per il rock progressivo; fu un buon successo che anticipò quanto sarebbe accaduto a marzo, quando il primo giorno di primavera avrebbe portato in città il gruppo allora maggiormente popolare, la Premiata Forneria Marconi.
L’entusiasmo venne ben presto smorzato da una spiacevole notizia. A causa delle pessime condizioni del mare, il traghetto che trasportava la strumentazione della P.F.M riuscì ad attraccare abbastanza tardi da costringere band e organizzatori ad annullare il primo concerto previsto per il pomeriggio di giovedì 21 marzo. Accadde allora che un centinaio di giovani che avevano protestato per il funesto inconveniente e biglietto alla mano pretendevano di assistere a quello della sera; ne nacque uno scontro con un agente in borghese, si accesero gli animi, ma tutto si risolse con qualche spintone, alcune Vespa finite per terra e mezza dozzina di contravvenzioni.
La musica è nostra e non si paga
Venerdì 22 la situazione mutò radicalmente. I giovani che si presentarono ai cancelli del Massimo furono molti di più e molto più infuriati. A quelli che non erano riusciti a entrare il giorno prima e volevano utilizzare il loro biglietto si aggiunsero quelli che lo avevano acquistato nel pomeriggio ma non avevano trovato posto perché il teatro era strapieno. Una folla inferocita cercava di raggiungere il botteghino, dove campeggiava un cartello con la scritta “tutto esaurito”, per far valere le proprie ragioni, altri provavano dal giardino posteriore, altri ancora dal tetto e la fiumana di teenagers cresceva a dismisura con l’arrivo di quanti volevano entrare senza pagare il biglietto di duemila lire, un atto di protesta politica molto diffuso in quel periodo, che sarebbe durato ancora fino ai primi anni Ottanta, che andava contro “i padroni della musica”. All’epoca venivano chiamati “gli autoriduttori”, ragazzi che pretendevano di entrare gratis agli eventi, o almeno di pagare un prezzo relativamente basso, e che si presentavano ai concerti con la ferma intenzione di accedervi liberamente, con le buone o con le cattive. Una presa di posizione che aveva causato violenti scontri con la polizia in decine di occasioni come a Milano per i Rolling Stones nel 1970, Santana nel 1971, la famigerata notte del Cantagiro al Vigorelli dello stesso anno che aveva in cartellone i Led Zeppelin, quello di Lou Reed del 1975 fino a uno degli ultimi episodi al mitico live di Bob Marley allo stadio San Siro del 27 giugno 1980, la stessa notte di Ustica, quando l’assalto venne respinto dal servizio d’ordine.
La battaglia
Pare che anche durante le serate cagliaritane girassero dei volantini che rivendicavano la libera fruizione della musica. Memori di quanto accaduto la notte precedente e intimoriti della fiumana di persone che si recava in viale Trento le autorità schierarono davanti all’ingresso decine di agenti di polizia e carabinieri, che ben presto si ritrovarono schiacciati dalla folla. I rinforzi non tardarono ad arrivare, “troppi e pronti a scattare all’assalto“, sentenziò il cronista de ‘L’Unione Sarda’, “agenti e carabinieri in assetto di guerra, con fucili, caschi, guanti da difesa, occhiali e mascherine antifumo, bombe lacrimogene e candelotti”. I giovani non si fecero intimidire da tanto dispiegamento di forze, cominciarono i cori, gli spintoni, la folla aumentava e ondeggiava, ingrossata anche da altri giovani bramosi solamente di menare le mani e surriscaldata da agenti in borghese che minacciavano di arrestare i più accesi sediziosi. Un lancio di lacrimogeni dal piazzale della chiesa della Santissima Annunziata diede fuoco alle polveri, causando una caotica fuga verso viale Merello, viale Trento e via Sauro. Il fumo dei lacrimogeni avvolse anche alcuni agenti, non tutti erano equipaggiati per un’operazione del genere. La moltitudine di giovani, a centinaia, qualcuno sostenne seicento, altri ancora un migliaio di persone, reagì furiosamente con una violenta sassaiola, alcuni, all’altezza di via Sauro, spostarono le auto in sosta e le usarono a mo di barricate, regnava il caos e voleva di tutto: tegole, calcinacci, biglie d’acciaio; gli agenti caricarono a più riprese, la guerriglia imperversava e bloccava per chilometri il traffico cittadino, le case e le strade erano invase da una nebbia acre che non risparmiò neppure il teatro, dove una platea di duemila persone assisteva al concerto della P.F.M e piangeva, non certamente di gioia. Alle 23,30, finalmente, tornò la calma. Si registrarono alcuni agenti contusi e un ragazzo ferito che se la cavò con qualche giorno di cure.

La stampa isolana criticò fortemente l’operato delle forze dell’ordine, “Militi Stonati ” scriveva un corsivo de ‘L’Unione Sarda, sottolineando che soltanto per miracolo non si scatenò il panico nella sala del teatro, che gli agenti non lesinarono, così riportano le cronache, di maltrattare anche alcuni giornalisti e che vennero usati metodi brutali e dispiegamenti di forze che mai, neppure nelle manifestazioni più accese del biennio 68/69, la città di Cagliari aveva conosciuto, trattando degli adolescenti alla stregua di pericolosi rivoltosi. Vennero arrestati e portati al Carcere di Buoncammino 11 giovani, fra i quali una ragazza di appena sedici anni, in maggioranza ancora minorenni. Altri tre, uno di loro quindicenne, vennero denunciati a piede libero. Le accuse andavano da radunata sediziosa a blocco stradale, violenza, resistenza e oltraggio a pubblici ufficiali e danneggiamento.
Anche la performance della Premiata Forneria Marconi non venne accolta con entusiasmo. Forse impensieriti da quanto succedeva fuori dal teatro e disturbati continuamente da alcuni spettatori che sin dalle prime canzoni reclamavano le hit ‘Impressioni di Settembre’ ed ‘E’ festa’, non riuscirono a fare completamente breccia sulla platea e sulla stampa cagliaritana. Massimo Crivelli de ‘L’Unione Sarda’ apprezzò le nuove canzoni ma trovò parole di elogio soltanto per il violino di Mauro Pagani e “bastonò” Franz Di Cioccio, reo di aver eseguito un assolo di batteria tutto tecnica ma in sostanza privo di anima. La .P.F.M, dopo i fasti americani, sarebbe tornata ancora tantissime volte a suonare in Sardegna e una di queste, quella del Teatro Eliseo di Nuoro del 1978, avrebbe avuto conseguenze di portata storica. Quella sera in platea c’era Fabrizio de André e da quell’incontro, ne avevamo parlato qui, sarebbero nati un tour memorabile e uno dei più bei dischi dal vivo della storia discografica italiana.