Al primo incontro alcuni avevano lo sguardo basso, sembravano distaccati, disinteressati. Già al secondo appuntamento il piccolo gruppo di ragazzi detenuti nell’Istituto penale minorile di Quartucciu si mostrava più aperto, rilassato, divertito dalla compagnia di Nala, labrador coinvolta nel progetto di Pet Therapy messo a punto dalla cooperativa Killia. Nala ha otto anni e una grande voglia di giocare: l’animale perfetto per conquistare la fiducia dei ragazzi, temporaneamente reclusi nel carcere alle porte di Cagliari.
La Pet Therapy non è un’idea nuova per Killia, che da tempo porta gli animali tra le persone con disabilità, nelle scuole, tra gli anziani e negli istituti di pena; di recente la cooperativa ha ottenuto un contributo di 15 mila euro sul bando Fondo Carta Etica di Unicredit e ha dato via a un progetto di trenta ore che coinvolge l’Ipm di Quartucciu e alcuni ragazzi inseriti nell’Ussm, ufficio servizio sociale per minorenni del Ministero della Giustizia che vivono in famiglia e in comunità e affrontano un percorso di messa alla prova.
Mentre al minorile si lavora con Nala, le attività con i ragazzi in messa alla prova si fanno in un maneggio a Sa Illetta con Kendy, una cavalla di 19 anni. In entrambi i casi, gli obiettivi del percorso sono gli stessi: il lavoro di gruppo, la socialità, la fiducia in se stessi e negli altri, il rapporto con cane e cavallo come esseri senzienti con i loro bisogni. E, non ultimo, trascorrere qualche ora all’aria aperta in spensieratezza.
“Il primo passo è far capire che l’animale deve essere rispettato – ci racconta il responsabile del progetto Michele Allodi, 46 anni, ingegnere parmense e fondatore di Killia insieme a sua moglie Simona Cao, veterinaria cagliaritana – alcuni giovani conoscono il cane solo come animale da sottomettere e a cui dare ordini, altri hanno fatto equitazione e sanno cavalcare; nel nostro progetto imparano soprattutto a conoscere gli animali, sentire quello che ci comunicano e prendersene cura”.
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Nala e Kendy hanno un ruolo prezioso: aiutare a costruire una relazione con gli altri e con se stessi dentro uno spazio, quello della reclusione, che inevitabilmente significa chiusura, scarsa fiducia in sé e nel prossimo. “L’animale non giudica, e insieme a noi entra in punta di piedi nella vita di questi ragazzi chiamati a condividere emozioni e ad aprirsi con il gruppo – sottolinea Allodi, che nel progetto è affiancato dalla collega Veronica Mulas, tecnica della riabilitazione psichiatrica. – La difficoltà sta nel creare un percorso continuo visto che non sempre i giovani sono liberi da altre attività, fanno formazione, corsi e lavorano dentro l’Istituto. Ma con un progetto di trenta ore come quello che abbiamo avviato confidiamo di raggiungere i nostri obiettivi. Da esterni, dobbiamo liberarci da ogni aspettativa e accogliere tutto quello che i ragazzi possono costruire insieme a noi. Siamo convinti che dai piccoli semi che lasceremo loro potrà nascere qualcosa”.
Le attività con il cane e con il cavallo non si chiudono nelle ore dedicate al progetto: chi partecipa è chiamato a creare qualcosa che andrà oltre le mura del carcere e raggiungerà l’esterno: “In un percorso precedente i ragazzi hanno realizzato tappeti sensoriali per far giocare Nala, fatti di legnetti, foglie e aromi raccolti e assemblati da loro; gli stessi tappeti oggi sono usati durante le attività di Pet Therapy che facciamo a scuola, abbiamo raccontato ai bambini da dove viene e quali mani lo hanno creato; idem per i ragazzi dell’Ussm, che tempo fa hanno preparato dei giochi cognitivi per Kendy usati ancora oggi da altri. E’ un modo anche questo per far conoscere la loro storia e far uscire la loro creatività al di fuori da queste mura”.