Una donna straordinaria che ha sfidato la sua epoca per entrare nella storia: Alfonsina Strada, la prima ciclista donna che gareggiò al Giro d’Italia, è la protagonista di “Perdifiato”, spettacolo interpretato da Michele Vargiu e scritto da Laura Garau per Teatro Tabasco andato in scena venerdì 15 aprile a Cagliari. L’appuntamento era in calendario per la rassegna ‘Musica e storia’, organizzata dalla Fondazione di ricerca “Giuseppe Siotto” nel suggestivo Palazzo Siotto tra 14 e 17 aprile con reading, incontri, libri e musica proprio nel segno di Alfonsina Strada.
La storia
Alfonsina Moroni (nel 1915 si sposerà con Luigi Strada), è una bambina che in, in un’Italia appena affacciatasi nel Novecento, vive a Fossa Marcia, in Emilia e combatte tra zanzare e desolazione la sua battaglia per la sopravvivenza. Inizia da giovanissima a fare la sarta, come sua madre, per aiutare la famiglia a superare la crisi economica che li affligge. In questo clima di doveri e noia Alfonsina conosce il suo primo amore: una bicicletta mezzo arrugginita che il padre porta a casa e che le viene negata. La tentazione però è troppo forte e di nascosto Alfonsina se ne appropria e capisce subito che le sue gambe forti e quelle ruote possono portarla molto lontano. Scoperta e punita, si rifiuta di perdere quella possibilità unica di leggerezza e inventa un piano che convince i genitori: con quella bici nel fine settimana andrà a Bologna a cercare clienti per la sartoria e farà le consegne. Con la prospettiva di nuovi necessari guadagni ottiene il permesso di salire in sella alla bicicletta, ma in paese già viene chiamata ‘la matta’.
Contro di lei una società maschilista che vuole la donna relegata in casa, graziosa e ordinata, il parroco che le dice essere destinata all’inferno per l’atteggiamento poco femminile e peccaminoso, lo studioso Cesare Lombroso che sostiene la bicicletta essere strumento adatto solo a ladri, delinquenti e pure assassini, gli stessi ciclisti che, a Bologna, decide di sfidare nelle gare di velocità che si tengono al Parco della Montagnola. “Non è roba per femmine”, “Non si gioca mica qui”, queste le frasi più frequenti che si sente dire, insieme a una infinità di cattiverie sul suo aspetto. Ma Alfonsina non cede, inizia a gareggiare, a farsi notare, a vincere. In breve tempo il suo nome valica i confini emiliani e la porta a essere conosciuta in tutta Italia. Nel 1924 il risultato più incredibile: partecipa, per la prima volta nella storia come unica donna in una gara di corridori, al Giro d’Italia.
Alfonsina non lo sa, ma grazie a lei si mette in moto un grande cambiamento: nello sport che inizia a fare i conti con una compagine femminile di tutto rispetto, nella vita di tutti giorni dove donne intelligenti e capaci chiedono gli stessi diritti dei loro fratelli, mariti e padri. Il suo esempio ispira tanti talenti e soprattutto ottiene il favore di un pubblico inizialmente diffidente e poi mano a mano sempre più appassionato. La sua storia sarà raccontata dalla stampa dell’epoca, mentre oggi possiamo leggerla in “Alfonsina e la strada” firmato da Simona Baldelli per Sellerio presentato nei giorni scorsi a Sassari con il festival Entula (raccontato da Francesca Arcadu qui).
Lo spettacolo
Il coinvolgente e delicato ritratto che l’attore Michele Vargiu dipinge a Palazzo Siotto parla di rivoluzione silenziosa, di rifiuto dei ruoli precostituiti e della volontà implacabile di inseguire il proprio destino, in questo caso ben saldi su una bicicletta. Una scena minimale, le sole parole arredano e aprono sipari su scorci di vita familiare, sulle miserie della guerra e sugli orizzonti ristretti di una società da scuotere e allargare con forza. Ed è con grande fisicità che l’impresa di Alfonsina viene donata da Michele Vargiu a un pubblico grato, che si abbandona più volte ad applausi sinceri durante questo viaggio e che riserva nel finale, un calore fragoroso all’attore sassarese.
(le foto dello spettacolo sono di Rita Deidda)