“Papà fu un uomo della Resistenza prima e delle Istituzioni poi. È importante diffondere i valori che hanno animato lui e tutti i ragazzi di quella generazione perché pare si stiano dimenticando. Sono quelli che permisero di vincere il nazifascismo e consentirono di risalire la china e risollevare il Paese dopo la guerra”. Così Dino Garau, figlio del noto comandante partigiano Nino Garau, ricorda il padre durante la celebrazione commemorativa in suo onore organizzata il 15 dicembre a Cagliari, nella biblioteca Emilio Lussu.
Promosso dall’Issasco – Istituto sardo per la storia dell’antifascismo e della società contemporanea insieme con l’Istituto storico di Modena, l’Anpi, l’Anppia e il centro di intervento teatrale “Il Crogiuolo”, l’evento rientrava nella IV giornata di studi in memoria del partigiano “Geppe” (suo nome di battaglia), nel centenario della nascita avvenuta il 12 dicembre 1923 a Cagliari.
Antonio “Nino” Garau durante la guerra di Liberazione è stato un comandante partigiano che – partito dalla Sardegna neanche ventenne – scelse di prestare servizio nella pianura modenese; il suo intervento fu determinante nella liberazione di quei territori. Da qui il gemellaggio tra il capoluogo isolano e Spilamberto, di cui Garau è cittadino onorario avendo ricevuto le chiavi della città nel 2005.
A fare gli onori di casa il giornalista Walter Falgio, presidente dell’Issasco, che ha coordinato la serata cominciata con i saluti istituzionali da parte del presidente del Consiglio comunale cittadino, Edoardo Tocco, per poi proseguire con l’intervento del figlio Dino Garau, che ha ricordato quanto siano importanti gli incontri di questo tipo per lo sviluppo di una coscienza storica collettiva.
Allo storico Claudio Silingardi, presidente dell’Istituto della Resistenza di Modena, invece, l’Issasco ha affidato il compito di relatore principale, ottemperato con un intervento dal titolo “Il movimento partigiano nel dopoguerra: impegno, repressione, riconoscimento”. Partendo dalla figura di Nino Garau e arrivando alle imprese dei partigiani che combatterono nell’Appennino tosco-emiliano si è tracciato un quadro storico sul ruolo del movimento partigiano anche nel dopoguerra italiano.
“Nino Garau è stato un’autorità morale” ha poi aggiunto Marco Sini in rappresentanza dell’Anpi Cagliari, ricordando il partigiano sardo scomparso nel luglio del 2020 attraverso le parole pronunciate da uno studente durante uno dei tanti incontri che avevano impegnato Garau nelle scuole.
Le testimonianze variamente rese da chi ha avuto la fortuna di conoscerlo si sono alternate alle letture eseguite da Mario Faticoni e Rita Atzeri della compagnia “Il Crogiuolo”, tratte dal libro “La Resistenza di Geppe – Diario di un giovane sardo che scelse di combattere per la libertà e la democrazia”, a cura di Walter Falgio, che contiene la memoria del combattente e la ricostruzione del suo impegno nella lotta al nazifascismo frutto di un percorso molto lungo, durato tutta una vita, e inizialmente taciuto per volontà dello stesso protagonista; aspetto che gli arrecò non pochi dispiaceri.
Documenti di questo tipo oltre a costituire un unicum per la portata e l’autenticità dei messaggi contenuti in quanto fonti dirette di un pezzo significativo della storia del nostro Paese, sono inoltre irrinunciabili e necessari per scongiurare il pericolo di un ritorno a sistemi antidemocratici.
Il suo esempio come uomo dai saldi principi morali e democratici che lo condussero prima ad arruolarsi tra le fila della Resistenza e poi a servire lo Stato come funzionario nel Consiglio regionale della Sardegna, svolgendo per la restante parte della sua esistenza il ruolo di dirigente pubblico, è diventato oggi oggetto di una narrazione diffusa e valorizzata nelle scuole e negli istituti di cultura, ma che inizialmente si scontrò con un mancato accoglimento e un conseguente deterioramento dei valori resistenziali che lo avevano animato, proprio da parte della comunità cittadina d’origine.
La lezione di Nino Garau è invece, oggi ancora più di ieri, un lascito cui non possiamo sottrarci e che lo inserisce di diritto tra quelle poche dita di una mano su cui ciascuno studente conta quando deve ricordare i suoi veri maestri.