Spazi di vita, di una memoria storica cittadina, quella sportiva, condivisa e ancora fresca delle glorie del Cagliari dello scudetto di Gigi Riva, delle sue alterne future cadute e dei ritorni alla ribalta. Oltre a questo ci sono tante altre storie che gli spazi di vita sportiva cagliaritana custodiscono e riescono ancora a raccontare e non solo in ambito calcistico. Per questo gli organizzatori della ventottesima edizione di Monumenti Aperti (qui vi raccontiamo numeri e novità) hanno inserito nei loro percorsi tematici il museo Cagliari 1920 History & Gallery allestito all’Unipol Domus che ripercorre la ultracentenaria gloriosa epopea del Cagliari Calcio (visite sabato e domenica dalle 15 alle 19 a cura dell’Istituto comprensivo “Santa Caterina”, Plesso A. Riva) e lo stadio Amsicora (aperto sabato dalle 9 alle 19 e domenica dalle 9 alle 13, guida a cura dell’Istituto “A. Meucci – E. Mattei”) che di parte di quelle glorie fu casa e testimone come lo fu della grandiosa stagione dei pugili cagliaritani e sardi, delle imprese dell’omonima società di Hockey su prato, quella più scudettata d’Italia, delle mitiche gare di Bartali, Coppi e Magni, quando la pista di atletica era il traguardo della Sassari – Cagliari che inaugurava la stagione ciclistica internazionale.

Ci sono luoghi che raccontano, spazi che parlano di un passato sportivo glorioso che per capirne pienamente la portata va inevitabilmente collocato nei diversi contesti storici e sociali. L’Unipol Domus, sede provvisoria delle partite casalinghe del Cagliari Calcio in attesa del nuovo stadio, è l’ultimo tassello di una vicenda cominciata nel 1920, quando nacque il Cagliari Football Club, anche se le sue radici vanno ricercate nel 1902, quando nella Piazza d’Armi cittadina venne disputata la prima partita fra studenti universitari per merito di Giorgio Ballerini da Catanzaro che organizzò l’incontro.
Finita la stagione pionieristica il football prese piede anche in città e conquistò i suoi spazi prima nello Stallaggio Meloni di viale Trieste, poi nel campo di via Pola dove il Cagliari guidato dall’ungherese Ernő Erbstein, morto tragicamente a Superga assieme ai ragazzi del Grande Torino di Mazzola, ottenne la prima storica promozione nella serie cadetta.
Nel secondo dopoguerra fu la volta dell’Amsicora che ospitò le partite del club che puntava alla serie A sfiorando la promozione nel 1954, quando venne sconfitto nello spareggio dal Pro Patria, per riuscirci soltanto dieci anni dopo quando fra le sue fila arrivò una giovane ala sinistra che si chiamava Luigi Riva. Cominciava cosi il decennio d’oro della squadra rossoblù , suggellato dallo scudetto del 1970, che raggiunse i vertici del calcio nazionale e internazionale in concomitanza con l’inaugurazione del Sant’Elia che per 47 anni, fra sogni, entusiasmi, nuove sfide, drammatiche retrocessioni e memorabili promozioni, sarebbe stato il teatro del Cagliari, ma anche della nazionale azzurra e dei Mondiali di calcio di Italia 90.
Il museo Cagliari 1920 History & Gallery con trofei, cimeli, cartelloni esplicativi, foto e video d’epoca racconta oltre cento anni di storia calcistica e i suoi protagonisti, dal fondatore Gaetano Fichera agli allenatori come Sivio Piola, Arturo Silvestri, Manlio Scopigno, Luisito Suarez, Giovanni Trapattoni, Carletto Mazzone, Massimiliano Allegri, Róbert Winkler, Bruno Giorgi e Claudio Ranieri. Immancabili i campioni che hanno calcato gli sterrati e i prati degli stadi cittadini da Roberto Boninsegna a Enzo Francescoli, passando per Daniele Conti, Angelo Domenghini, Gianfranco Matteoli, Gianfranco Zola, Gigi Piras, Francesco Moriero, Nicolò Barella, Fabrizio Provitali, David Suazo, Mario Ielpo, Franco Selvaggi, Luis Oliveira, Fabián O’Neill, Julio César Uribe , Mario Tiddia fino al più grande di sempre, Luigi Riva da Leggiuno del quale il museo custodisce la maglia numero 11 indossata nell’ultima giornata del campionato 1969-70, quando allo stadio Amsicora il Cagliari battendo il Bari vinse il suo unico scudetto passato alla storia e alla leggenda.

L’Amsicora appunto. Uno degli impianti sportivi più vecchi d’Italia, costruito nel 1923 su quello che allora si chiamava viale San Bartolomeo che collegava la città al bagno penale, alle saline e alla spiaggia del Poetto. Se le sue tribune potessero parlare racconterebbero decine di storie con infiniti aneddoti di cronaca e memoria sportiva cittadina. Oltre alle gesta del Cagliari e della nazionale di calciò – che il 23 dicembre 1967 giocò la sua prima partita di sempre in terra sarda, surclassando la Svizzera per 4 a 0 con le reti di Sandro Mazzola, Riva e la doppietta di Domenghini – che garantirono la qualificazione agli Europei di Roma del 1968 vinti in finale contro la Jugoslavia dove andò a segno nuovamente “Rombo di Tuono” – lo stadio ha ospitato decine di eventi e manifestazioni di carattere nazionale e internazionale. Nel maggio del 1924 vi si svolse anche la pantomima di una corrida divenendo così plaza de toros con toreri, banderilleros, muletas e tutti i crismi della tauromachia.
L’Amsicora prende il nome dal leggendario eroe sardo punico del terzo secolo avanti Cristo a sua volta adottato dall’omonima società ginnastica nata in città nel 1897, società che permise a tanti giovani di praticare attività ginniche, atletica leggera, calcio, pugilato, ciclismo ecc. e di mandare i primi atleti sardi alle Olimpiadi. Nell’immediato dopoguerra in seno alla società nacque un’altra leggenda che forse non ha mai goduto della giusta rilevanza, quella dell’Hockey su prato che ha fatto scuola e storia. Fu merito di Roberto Vado, cresciuto in India e approdato in città come interprete degli Alleati, se questo sport di matrice orientale mise solide radici nel Golfo degli Angeli, prima fra gli studenti del liceo Dettori, lo stesso di Antonio Gramsci che a Cagliari conobbe il football per il quale ebbe parole di elogio, intuendone la forza sociale, molti anni dopo, e poi all’Amsicora, abile a intercettarne il prestigio e la bellezza, trasformando in pochi anni dei semplici appassionati in campioni e maestri in questa disciplina, una scelta visionaria che ha portato a ben 24 scudetti, più tanti altri trofei nei settori femminili, giovanili e indoor, risultando ancora oggi l’hockey club più titolato d’Italia.
Lo stadio Amsicora ospitò anche alcuni fra i più leggendari incontri di box della storia pugilistica sarda che fra gli anni Cinquanta e Sessanta viveva la sua golden age con atleti di calibro internazionale come Piero Rollo, Fortunato Manca, Gianni Zuddas, Paolo Melis e Tonino Puddu. Allora, prima che il calcio tornasse di moda, nei bar cittadini si vedevano soltanto le loro fotografie. Sono passati alla storia i match con 35000 spettatori fra Rollo e lo scozzese Billy Ratterty del 1960 e quello dai contorni epici del 1962 fra Fortunato Manca, il Toro di Monserrato, e Duilio Loi, il leggendario campione del mondo triestino, che rivendicava con orgoglio le sue radici sarde, considerato uno dei pugili italiani più forti di sempre.
Alla storia sono passati anche i traguardi nella pista dell’ Amsicora della Sassari – Cagliari di ciclismo, con gli appassionati sardi che aspettavano Fausto Coppi e Gino Bartali, i campionissimi di allora che talvolta non raggiungevano la meta, come Coppi nel 54 che si ritirò o Bartali che cadeva rovinosamente nello stradone di Sant’Avendrace, lasciando la strada aperta a Fiorenzo Magni. Quel giorno la gara ebbe un esito tragicomico con i ciclisti che arrivarono all’Amsicora mentre era ancora in corso la partita fra Cagliari e Genoa che lottavano per la promozione fra il panico degli organizzatori, che avevano calcolato male i tempi di percorrenza, lo sguardo allibito dei calciatori e dell’attonito mister Federico Allasio e il delirio del pubblico che passò dall’incitare il pressing forsennato dei suoi beniamini che provavano ad avere la meglio sul catenaccio genoano a glorificare Magni al taglio del traguardo.

Tante altre storie potrebbe raccontare il vecchio stadio Amsicora, anche quelle meno liete come quando nei suoi spogliatoi il 16 marzo del 1969 si consumava il dramma di Giuliano Taccola, il calciatore della Roma che sarebbe morto poco dopo all’ospedale civile, ma tutte incise fra i gradoni della sua antica tribuna o nel sottosuolo di quel prato che quando arrivò Gigi Riva era ancora un polverosissimo sterrato; memoria fisica della gloria e delle miserie sportive cittadine che in occasione di questa edizione di Monumenti Aperti sarà possibile riscoprire per poterle meglio custodire, salvaguardare e tramandare ancora a lungo.