Le parole di Emilio Lussu, protagonista della vita politica e culturale del Novecento, hanno risuonato sabato 14 settembre in uno spettacolo suggestivo tra parole e musica proprio in quei luoghi dove tutto ha avuto inizio: Casa Lussu, nel cuore di Armungia, di proprietà della famiglia di Emilio. Oggi lo spazio, una bella casa a due piani con un grande giardino, ha accolto “Un anno sull’Altipiano. In guerra qualche volta abbiamo anche cantato”, una produzione firmata Insulae Lab con il pianista Pietro Lussu e l’attore Felice Montervino.
Lo spettacolo, andato in scena in anteprima qualche settimana fa a Berchidda, piccolo centro del Nord Sardegna e cuore del progetto Insulae Lab ideato dal musicista Paolo Fresu, ha visto protagoniste le pagine di “Un anno sull’altipiano“, un resoconto lucido e drammatico dei mesi che Lussu trascorse tra 1916 e 1917 durante la prima guerra mondiale sull’altipiano di Asiago, dove era in corso l’offensiva austriaca, come capitano al comando della Brigata Sassari.
Le letture, affidate all’emozionante interpretazione di Felice Montervino, sono accompagnate dalle note di Pietro Lussu per la prima volta alle prese con le parole del nonno, e rivivono ancora più suggestive nello spazio familiare dove ancora oggi si custodiscono le memorie di Emilio e Joyce e dove vive Tommaso, animatore dell’associazione Casa Lussu insieme alla moglie Barbara Cardia. Scorrono i momenti più tragici della guerra, la misera vita di trincea, l’attesa dell’assalto, la follia degli ordini militari a cui si chiede obbedienza cieca, gli insensati comandi per punire e uccidere disertori e traditori: un racconto che proprio in quegli anni (Lussu scrisse “Un anno sull’altipiano” nel 1937) dissonava rispetto alla retorica della guerra come valore e irrinunciabile prova di forza a cui l’Italia non poteva sottrarsi secondo la visione di Benito Mussolini.
Con le sue pagine, Emilio Lussu dava invece voce alla paura, al senso di ingiustizia, all’ipocrisia di un conflitto combattuto dagli ultimi del Paese, reclutati tra poveri e contadini mandati a morire senza neanche sapere perché. Scorrono, durante la serata, la follia del maggiore Melchiorri impazzito proprio in quei mesi terribili, la fuga disperata del soldato Marresi, il tenente Abbati e il suo elogio a vino e cognac durante le attività militari, la visione del giovane biondo austriaco che fuma una sigaretta e provoca, con la semplicità del suo gesto, empatia nello sguardo del capitano Lussu che abbassa il fucile e decide di non sparare.
Il racconto, un sapiente scambio tra note e musica sempre equilibrato, lascia nel finale la testimonianza di Emilio per arrivare a quella di Giovanni, Giuannicu, unico figlio di Emilio e Joyce oggi ottantenne che pochi mesi fa ha ricordato in una lettera un episodio ascoltato dalla voce del padre: in guerra abbiamo anche cantato, ha raccontato Lussu, c’era un giovane ufficiale che nella sua vita era cantante lirico e un giorno fu invitato a cantare tra le due trincee nemiche. In quel momento il fragore delle mitragliatrici lasciò spazio a un silenzio meravigliato, e solo dopo un po’ i soldati ripresero a sparare. Follia e stupore negli stessi terribili momenti della guerra: ecco la visione, ancora attuale e sempre preziosa per interpretare il tempo che viviamo, che Emilio Lussu ci ha lasciato in eredità.