Per quasi un secolo ha ospitato oltre 16 mila persone sofferenti, raccolto le voci e le storie di medici, operatori sanitari, pazienti, vissuto i cambiamenti nel trattamento delle malattie psichiatriche dalla chiusura totale all’apertura verso la società: Villa Clara, il primo ospedale psichiatrico di Cagliari aperto nel 1906 e chiuso definitivamente novant’anni dopo in attuazione della cosiddetta Legge Basaglia, è uno dei luoghi simbolo della città.
I viali del parco, che un tempo accoglieva i padiglioni dell’ospedale e oggi è sede della Cittadella della Salute, hanno ospitato “Il giardino dei folli“, una visita guidata proposta dalla guida e divulgatrice Claudia Caredda per il primo appuntamento di “Villa Clara, memorie da un manicomio“, progetto della società Trip Sardinia realizzato con il contributo del Comune di Cagliari e la collaborazione di Nemesis Magazine. Prossimi appuntamenti del progetto saranno la pubblicazione del podcast tratto da “Lista d’attesa” del giornalista Giorgio Pisano con la voce di Giuseppe Boy, e la stand up history in programma il prossimo 5 dicembre (su prenotazione info@tripsardinia.com – 3920508181 – 3934417811) a Su Tzirculu, in via Molise 58 a Cagliari, con Claudia Caredda, Giacomo Pisano e Michela Atzeni.
Dopo secoli di segregazione, ha raccontato Claudia Caredda che ha curato una minuziosa e attenta ricerca sul tema a partire da documenti d’archivio e letteratura, dal Trecento fino all’Ottocento i malati psichiatrici di Cagliari furono rinchiusi nell’ospedale di Sant’Antonio, dove oggi sorge l’Hostel Marina, in uno spazio chiamato “la stufa”, che a causa di continui suffumigi e vapori a cui venivano sottoposti i degenti era malsano e umido.
La legge “Disposizioni sui manicomi e sugli alienati” approvata dal Governo italiano nel 1904 dettava nuove norme sul trattamento della sofferenza mentale: fino a quel momento chi aveva patologie psichiatriche veniva isolato dal resto della società o peggio trattato alla stregua di criminali e recluso; con la nuova legge il Paese si dotava di strutture costruite ad hoc, che prevedevano ancora la segregazione e il ricovero coatto ma in spazi adeguati e con personale sanitario. Così nacque Villa Clara su un progetto firmato dall’ingegnere Stanislao Palomba, che immaginò 24 padiglioni, divisi tra uomini, donne, pazienti agitati, semi agitati e tranquilli, circondati da vialetti e giardini. Dei 24 ne vennero eretti dieci e la struttura si dotò anche di una colonia agricola che occupò gli spazi dell’attuale parco; per decenni la struttura ospitò persone che venivano trattate con strumenti di contenzione, elettroshock e terapie farmacologiche: non vere cure, ma sistemi per annientare la volontà dei ricoverati, costretti all’isolamento e senza più contatti con il mondo esterno.
Dalla fine degli anni Sessanta la società iniziò a interessarsi a quanto accadeva dentro le alte mura di Villa Clara, il quartiere divenne sempre più popolato e il dibattito attorno alla salute mentale sempre più sensibile e attento alle singole persone. La legge del 13 maggio 1978 che dal suo promotore Franco Basaglia prese il nome cambiò radicalmente il modo di trattare le persone sofferenti e portò alla definitiva chiusura dei manicomi con la creazione di un nuovo sistema dedicato alla salute mentale.
Il percorso guidato, realizzato in collaborazione con il Sistema Bibliotecario di Monte Claro, si è soffermato davanti agli edifici, alcuni oggi riqualificati e rifunzionalizzati, altri abbandonati e decadenti, che hanno ospitato nel tempo i pazienti, uomini donne e anche bambini, ed è stato accompagnato da una testimonianza, la lettura di alcuni scritti firmati da un paziente realmente ricoverato a Villa Clara in epoca fascista interpretato dall’attore Giuseppe Boy; il viaggio tra le memorie del manicomio si è concluso davanti alla dimora dell’ex direttore, che oggi ospita la biblioteca della Città Metropolitana intitolata a Emilio Lussu, con l’attrice Rita Atzeri che si è fatta voce di Nereide Rudas, psichiatra, e di un suo toccante ricordo proprio dentro quelle mura.