È ambientato in un “futuro prossimo” dove “l’uomo affronta la sua natura primordiale”. Si presenta così ‘Horizon’, cortometraggio di Daniele De Muro. Il quarantenne regista cagliaritano (formatosi nei corsi di Cinema del CELCAM con Enrico Pau e Corrado Serri presso l’Università di Cagliari e in quelli di scrittura del CIF con Bepi Vigna) ci propone un quarto d’ora di scenari distopici conseguenti all’attuale collasso sociale. Il set è un lembo di terra sarda che appare come uno spazio di confine dove si intrecciano il contrasto tra la luce e l’oscurità, i campi aperti e un rifugio sotterraneo, la violenza e la fuga. Anche la lingua utilizzata, nei brevissimi dialoghi, è per certi versi un codice di confine. In questo scenario, i sopravvissuti – per dirla con le parole del regista – si dividono “tra chi rifiuta qualsiasi forma di civiltà e chi mantiene viva la speranza nel futuro dell’umanità”. Una sfida ben rappresentata dagli attori del cast (tra loro Carlo Porru, Chiara Lai, Viola Scuderi e Daniele Meloni), con la piccola Lora che si candida a garantire questa speranza. Il film, che ha ottenuto diversi e importanti riconoscimenti, ora vive una sorta di tournée con presentazioni in tutta l’isola. Ecco cosa è emerso dalla chiacchierata con Daniele De Muro.
Horizon si presenta come un racconto distopico: la traiettoria è tracciata inesorabilmente oppure abbiamo ancora tempi e modi per un piano b?
Cerco sempre uno spiraglio di luce nell’oscurità. Horizon mostra un verosimile collasso della società civile, che immagino legato ad un ipotetico insieme di fattori fortemente legati tra loro: crisi climatica, ambientale, idrica, alimentare e relative guerre. In questo contesto di povertà, vediamo un piccolo gruppo di sopravvissuti che si divide tra chi rifiuta qualsiasi forma di civiltà e chi mantiene viva la speranza nel futuro dell’umanità.
Il dibattito sui cambiamenti climatici è altamente polarizzato tra catastrofismi e negazionismi. Quanto ha pesato questa antitesi nella stesura della trama?
Il progetto nasce libero dai dibattiti, prendendo le distanze dalla narrazione tipica hollywoodiana dei film distopici. Concentrandomi sui comportamenti sociali di due differenti gruppi di persone contestualizzati in una desolata terra di frontiera come nel selvaggio west, dove lo spagnolo è la lingua più comune dei sopravvissuti. Di fatto Horizon è un western distopico in quanto come struttura narrativa ha più legami con questo genere, anche se il contesto storico e l’estetica sono post-apocalittici.
Il film sta riscuotendo un certo successo, il premio come miglior dramma e miglior fotografia al Los Angeles Cinematography Awards è solo l’ultimo dei riconoscimenti ottenuti. Puoi parlarci delle reazioni della critica?
Horizon nel 2020 ha intrapreso un lungo viaggio nei festival cinematografici, iniziato con l’anteprima nazionale al 19esimo Trieste Science Fiction Film Festival, entrando in concorso al 66esimo David di Donatello, passando poi in oltre 50 festival italiani per continuare in un totale mondiale di oltre 250 festival e più di 100 riconoscimenti. Dall’ambiente cinematografico italiano ed estero sono arrivati piacevoli feedback, tantissimi inviti agli eventi e i messaggi di professionisti del settore che hanno apprezzato il risultato di un film autoprodotto, realizzato senza finanziamenti ma lavorando in tutte le fasi con la cura di un artigiano nella sua bottega.
Passando alle reazioni del pubblico, come stai vivendo le diverse presentazioni del corto?
Dispiace che al riscontro internazionale non sia arrivata una minima attenzione dei festival in Sardegna dai quali è stato totalmente escluso, ma questo non ci ha fermato e dal 2024 abbiamo iniziato un tour di presentazioni nell’isola: è stato accolto con piacere da associazioni e centri culturali, trovando ad ogni serata sale piene e un pubblico caloroso, sempre attivamente coinvolto nei dibattiti a fine proiezione. Colgo l’occasione per mandare un invito a contattarci perché insieme a tutto il cast siamo alla ricerca di rassegne cinematografiche o eventi dove poterlo presentare.
Parlando invece delle tue prossime produzioni, cosa bolle in pentola?
Sono nella fase di post-produzione di un nuovo cortometraggio, girato al Poetto, che racconta attraverso un monologo interiore del protagonista i suoi ricordi d’infanzia e sono inoltre in fase di scrittura di un lungometraggio storico, immerso nel realismo magico e ambientato all’inizio del 900. Resto con i piedi per terra, sono consapevole dei problemi del settore cinematografico italiano e spero in un futuro di poter girare un lungometraggio, scritto e pensato per essere realizzato con pochi mezzi, una piccola troupe e tanta voglia di fare buon cinema.
