Abbiamo tutti esperienze indimenticabili, forse irripetibili, forse figlie di quella consapevolezza del “ma quando mi ricapita” che spesso invece non ascoltiamo per poi pentircene.
Ecco, dovremmo sempre dare ascolto al nostro istinto ed evitare di perdere per la nostra strada alcuni eventi perché poi potrebbero veramente non tornare mai più, oppure, peggio, tornare in maniera così limitata da farci soffrire ancora di più.
Ricordo ancora quando, per puro caso, mentre giravo per news, complici anche le turbolenze di quel periodo che mi rendevano più distratto, mi accorsi che in un banale lunedì di fine 2019 avrebbero suonato ai Magazzini Generali i GY!BE, non so cosa bene o male accadde, ma in cinque minuti comprai la prevendita nonostante duemila pensieri volessero convincermi che non sarebbe stato un problema saltare quell’evento.
Ringrazio ancora me stesso di non aver ascoltato quei dannati pensieri e di aver vissuto un’esperienza trascendentale, anche perché sappiamo tutti cosa sarebbe successo da lì a poco dopo ed ora so bene cosa mi sarei perso se non fossi andato a quel live.
Tutto questo per preannunciare la mia gioia nel poter di nuovo riassaporare – anche se solo in parte (e qui c’è parte del dolore di cui sopra) – i loro suoni nella nuova release di solo alcuni giorni fa intitolata ‘G_d’s Pee at State’s End!’ (divertitevi a tradurre), album di otto composizioni per 53 minuti.
Iniziamo, il magma sonoro comincia lentamente ma immediatamente a circondarmi e ad immobilizzarmi già dai primi momenti, tutto è doverosamente spento intorno a me, per azzerare gli altri sensi privilegiando l’udito, e bisogna essere lesti per calarsi subito nell’atmosfera perché ‘Job’s Lament’ entra repentinamente nel nostro inconscio circolando come linfa vitale all’interno del nostro organismo sostituendosi agli ormai inutili fluidi vitali.
Tutto l’album si dispiega quindi in questi otto movimenti in cui si alternano scariche violente, suite marziali dall’andatura onirica e ipnotica momenti di quiete e poi di nuovo esplosioni nell’etere.
Forse un po’ meno monumentale delle precedenti uscite e, a tratti, meno ostico da ascoltare, ‘G_d’s Pee at State’s End!’ conferma l’immenso talento di una band assolutamente fuori da ogni canone e che porta avanti con immensa coerenza un discorso non soltanto musicale ma prima di tutto fatto di ideali poi riversati in musica.
Chiamatelo post rock, progressive, divertitevi pure a citare le influenze ma non fate mai una sola cosa: non estrapolate mai una sola canzone ma godetevi quest’album completamente.
L’unico parallelo che oso azzardare è quello di consigliare l’ascolto di ‘GPSE’ alternandolo con il nuovo album dei Mogwai – qui – in quanto due facce opposte della stessa medaglia, il primo più solenne, marziale, glaciale, il secondo più emotivo ed insieme ai Cult of Luna – qui – non possiamo che constatare che il post rock è assolutamente più vivo che mai, anzi, è forse il genere che ha saputo rispondere meglio a quanto avvenuto durante quest’ultimo periodo
E quindi, tirando le somme, dopo quasi trent’anni siamo sempre di fronte all’ennesimo capolavoro della band canadese che continua a lacerare le nostre consapevolezze sulla realtà, pronosticando questa volta la fine dei governi e delle forme di potere che al momento hanno dimostrato unicamente la loro incapacità nel fronteggiare gli eventi di questi ultimi mesi.
Fidatevi del vostro istinto, immergetevi in una stanza buia e pigiate “play”, almeno fino a quando non potremo tornare a farci ipnotizzare sotto a un palco e quando succederà, fate come vi dirà il vostro istinto, cogliete quella opportunità al volo.
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