Tolosa, notte fra il 9 e 10 marzo 1985, i Litfiba suonano al palazzetto dello sport in occasione della Nuit du Rock Mediterraneen. In mezz’ora offrono uno show di spessore, sono elettrizzati e si vede, non soltanto per le tremila persone che stanno assistendo al concerto ma forse anche perché all’alba la loro carriera musicale sarà segnata da una svolta decisiva. La mattina seguente, dopo oltre cento concerti e interminabili ore di prove nella cantina di via de’ Bardi a Firenze, uscirà finalmente ‘Desaparecido’, il loro primo LP, un disco destinato a cambiare la storia della musica rock italiana. A distanza di quarant’anni da quella fatidica data, Donato Zoppo, che ha recentemente raccontato un altro disco memorabile, ‘Ko de Mondo’ del Consorzio Suonatori Indipendenti, ha voluto ripercorrere, assieme ai suoi protagonisti, le tappe fondamentali della sua storia attraverso le pagine di ‘Eroi nel vento. Quarant’anni di Desaparecido dei Litfiba’ pubblicato dalla Compagnia Editoriale Aliberti.

Queste parole di colore oscuro
vid’io scritte al sommo d’una porta;
per ch’io: «Maestro, il senso lor m’è duro».
Non sappiamo se Dante Alighieri transitasse dalle parti dell’attuale via de’ Bardi di Firenze ma questi versi del terzo canto dell’Inferno sembrano scritti proprio per quel gruppo di giovani concittadini che parecchi secoli dopo di lui “risonavan per l’aere senza stelle”. Ancora oggi molti non sanno cosa significa il nome Litfiba, che non è altro che un acronimo ideato da Ghigo Renzulli, una semplice sigla del vetusto telex : L’ITalia, FIrenze, via de’ BArdi. Qualcuno lo dica anche al sommo poeta.
Vitamina giù in cantina
16 aprile 2010. La via de’ Bardi al mattino è più trafficata del solito. Manciate di fans, alcuni in gruppo, altri in solitaria, si recano al civico 42 dove sta l’ingresso della storica cantina che ha visto nascere e crescere i Litfiba e dove sono evidenti le tracce di un pellegrinaggio che ormai dura da svariati lustri. Sono arrivati da mezza Italia, isole comprese, perché Ghigo Renzulli e Piero Pelù, dopo un decennale divorzio, come per anni avevano ironicamente auspicato gli Elio e le Storie Tese, sono tornati finalmente assieme e quella sera suoneranno al Mandela Forum. Qualcuno ha l’ardire, e l’ardore, di ripassarci anche nel pomeriggio, prima dello show, e con grande sorpresa, entusiasmo e compiacimento alle stelle ha la gran fortuna di trovarla aperta quella cantina e di poterci addirittura entrare. Succede tutto in un attimo, un momento fissato come in un fotogramma, con la discesa negli inferi che passa per quelli scalini sospesi fra un fortissimo odore di muffa, una gigantesca aura che sa di leggenda e l’atterraggio, anzi “l’accantinaggio” e la visione reale di una scritta sul muro che laconica proclama: “Cafe Caracas”.
Firenze Sogna
Ecco, già dalle prima righe del libro di Donato Zoppo, si respirano le stesse sensazioni, lo stesso tanfo, lo stesso entusiasmo ma hanno un sapore molto più retrò. Fuori c’è una Firenze, non più da cartolina, che pullula di fantasia ed elettricità dove si può incontrare un serafico Pier Vittorio Tondelli che, all’epoca la definì “la più vitale fra le città italiane”, si bea di cotanto contagioso entusiasmo. Dentro ci sta tutto il resto e il lettore se ne accorge appena poggia il piede sul primo scalino e il pesante portone si è chiuso dietro di lui. Troppo tardi, nessuno ha messo fuori il minaccioso cartello “non aprite quella porta”, non perché la sotto, inteso sotto sotto eh, anche sotto il livello dell’Arno, ci sia qualcosa da temere; una ventola scassata basta e avanza per respirare fra muffa e umidità, tutt’altro. Il problema è che fatto il primo scalino poi si continua a scendere e ogni passo in giù è come un episodio di un’avvincente serie tv che inevitabilmente porta a vedere il prossimo e il prossimo ancora, fino a quando non ci si ritrova teletrasportati al Big Club di Torino, dove però comincia un’altra storia.
Pioggia di luce

La maggior parte di coloro che leggeranno questo libro sanno quasi tutto su ‘Desaparecido’, della sua lunga gestazione, dei musicisti e degli altri addetti ai lavori che hanno dato il loro contributo; è una storia ormai nota, raccontata in libri, articoli (ne avevamo parlato anche noi qui) e interviste, ma è anche una storia che nessuno, fino ad ora, era riuscito a raccontare così. Per questo ‘Eroi nel vento. Quarant’anni di Desaparecido dei Litfiba’ non è solo carta stampata, letteratura, narrazione. È musica, ovviamente, c’è tutta quella che la premiata ditta, rigorosamente in ordine di apparizione: Renzulli, Maroccolo, Aiazzi, Pelù, De Palma (l’ultimo arrivato a pestare su pelli e piatti dopo Francesco Calamai e Renzo Franchi) aveva suonato e registrato dal 6 dicembre 1980 fino ad allora. È il teatro di Bertolt Brecht, è il cinema di Louise “Lulù” Brooks e Marlene Dietrich, di ‘Cabaret’, ‘L’uovo del serpente’ e ‘Tora! Tora! Tora!’. È documentario, con i fotogrammi sbiaditi di allora che si alternano alle voci di oggi, da Alberto Pirelli a Francesco Magnelli, da Federico Guglielmi a Bruno Casini alle quali fanno da sfondo decine di cartoline ricordo della Berlino della Repubblica di Weimar e di Bowie, della Derry dei “Troubles”, della Plaza de Mayo di Buenos Aires, della Bologna con i Clash in Piazza Maggiore e ancora di Istanbul, Parigi, Saintes-Maries-de-la-Mer, Barcellona, ad libitium.. una pioggia di luci, colori, sfumature e financo ombre.
L’abilità di Donato Zoppo sta nell’essere riuscito a condensare tutto questo, in appena 160 pagine stanno oltre quattro anni di Litfiba, e di averlo fatto in maniera originale, avvincente, fluida, tenendosi sapientemente distante dalle tediose recensioni che da troppo tempo annoiano i lettori e dai tecnicismi biografici che hanno ormai fatto il loro tempo. La lettura perciò si presenta agevole, leggera, a tratti trasognante ma soprattutto vera, quasi che l’Arno si fosse portato via per sempre antiche ruggini e veleni che offuscavano, non solo i ricordi, ma anche la consapevolezza della portata del disco in questione. Alla fine delle pagine la tentazione è quella di ricominciare da capo, subito; di risalire su, chiudere la porta della cantina di via de’ Bardi e riprendere il viaggio, magari mettendo sul piatto quel disco dalla copertina improponibile che ha cambiato la vita di tante persone.
Un’unica avvertenza. Se nel risalire sentite qualcuno che imita Alberto Sordi o canta come Fred Buscaglione e non vedete nessuno, non abbiate paura, è soltanto lo spirito di Ringo de Palma che ogni tanto torna a farsi un giretto in cantina. Per il resto, come diceva il più illustre concittadino dei Litfiba:” Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”… in un modo o nell’altro, tornerete presto, ma portatevi il libro di Donato Zoppo, è un ottimo Baedeker.
