Siamo noi ad utilizzare gli strumenti tecnologici oppure sono loro ad usare noi? Una domanda acuta che va al di là delle semplificazioni, da cui ha preso piede la riflessione del giornalista torinese Andrea Vico ieri a Cagliari – in occasione della diciottesima edizione del Festival Tuttestorie ‘’Chi c’è c’è’’ – durante il suo incontro intitolato ‘’E vissero connessi e contenti’’. Una riflessione durata un’ora e dieci minuti, frutto della collaborazione di lungo corso con la psicologa Elisa Papa, nella suggestiva cornice della sala Zizù dell’Exma in via San Lucifero, dove Vico si è soffermato sull’impatto che hanno le nuove tecnologie sulla quotidianità e sull’importanza di un uso attento da parte dei genitori in modo tale che i propri figli sappiano coglierne sia le opportunità che i rischi.
‘’Nella scienza, come in tutto, è fondamentale la passione. La passione aiuta a stare davvero dentro le cose e i contesti’’. Con queste parole Andrea Vico comincia quella che lui stesso definisce una chiacchierata, in grado di coinvolgere sin dalle prime battute il pubblico presente. Si aggira nella sala con piglio da affabulatore, sguardo vispo, jeans e scarpe sportive blu, camicia viola, occhiali in volto, osserva attentamente il pubblico per andare subito al dunque. ‘’L’uso del cellulare è palese che abbia modificato i codici di comunicazione profondamente – spiega – per questo è importante incentivare sempre di più il concetto di netiquette ovvero l’insieme di regole che disciplinano il buon comportamento di un utente sul web’’. Quella di Vico è una visione lucida e ponderata sulla tematica che non si lascia andare a facilonerie o a commenti poco accorti. ‘’Non è assolutamente vero che si stava meglio in passato rispetto ad ora’’, precisa, ‘’bisogna fare tesoro del progresso tecnologico e averne piena consapevolezza. Non c’è mai un meglio o un peggio, semplicemente, c’è un prima e c’è un dopo e di questo bisogna prendere atto’’.
La cura per i dettagli è l’elemento che caratterizza la sua esposizione, permettendogli di trattare concetti non semplici con chiarezza e immediatezza: passa in rassegna il modo che gli utenti hanno di usare i social network, per poi volgere lo sguardo sulla piramide dei bisogni elaborata dallo psicologo statunitense Abraham Maslow nel 1954 – uno studio di rilievo che parte dal soddisfacimento dei bisogni primari per culminare nella autorealizzazione – senza tralasciare le difficoltà in cui possono incappare le famiglie nel comprendere quei cambiamenti che, invece, per le nuove generazioni sono la normalità, andando poi a soffermarsi su concetti come quello di tecnoliquidità formulato dal linguista Noam Chomsky e su alcune differenze non da poco su cui ragionare. ‘’Troppo spesso sento parlare di amici sui social network – aggiunge – ma questo è un grande errore: quelli non sono amici bensì contatti. Chi si esprime in questa maniera manipola la parola amicizia, senza coglierne il senso’’.
Altro punto su cui si focalizza è quello della legge 71 del 2017 sul cyber bullismo, importante perché non solo punitiva ma in grado di introdurre concetti come l’ammonimento e la figura del responsabile della gestione del benessere digitale nelle scuole. L’uditorio è attento e stimolato, le parole di Vico lasciano il segno e poco prima di congedarsi c’è ancora lo spazio per un ultimo appunto. ‘’Ormai passa il messaggio che una persona esiste se si fotografa – conclude – banalizzando così l’atto del fotografare e facendo sentire inesistenti coloro che sono più timidi e riservati. Bisogna ragionare parecchio su questo aspetto: non è sempre necessario scattare una foto, così come non è necessario mostrare pubblicamente un risultato prestigioso che si consegue. Le tecnologie sono fondamentali ma non devono diventare il nostro tutto: la vita senza la sua fisicità diventa priva della sua parte più bella. Non dobbiamo dimenticarci di questo’’.