A Facebook la cultura proprio non piace.
Non possiamo spiegarci diversamente la scelta dell’azienda di Menlo Park di oscurare i nostri contenuti. Da qualche mese la pagina Facebook Nemesis Magazine, aperta oltre un anno fa per divulgare e condividere gli articoli del nostro settimanale on line, è praticamente invisibile: eppure pubblichiamo post ogni giorno, e ogni giorno condividiamo gli stessi articoli dai nostri profili personali. A parte qualcuno che ha una particolare capacità di attirare lettori, la maggior parte non viene visualizzata nelle vostre bacheche. E anche oggi se andate sulla nostra pagina e provate a mettere like vi appare un alert che vi avvisa: “sicuri di voler mettere ‘mi piace’ qui?”

Per capire come siamo arrivati a questa situazione occorre tornare indietro di qualche mese: lo scorso 8 settembre abbiamo pubblicato un articolo su Josephine Baker con un suo ritratto, un nudo artistico non integrale acquerellato di un secolo fa. Come sempre abbiamo condiviso l’articolo anche sui social ma Facebook ci ha notificato subito la “violazione degli standard della community” e immediatamente dopo ci ha inviato una raffica di notifiche identiche. In seguito ha bloccato la nostra pagina. Per un mese intero abbiamo avuto continue e lunghe interlocuzioni con gli amministratori italiani che ci hanno chiarito che si trattava di una anomalia del sistema, non un errore nostro (se pure generato da una nostra immagine che violava i loro standard). Successivamente la nostra pagina non solo non è stata sbloccata, ma è stata addirittura chiusa definitivamente senza che noi potessimo fare nulla.
Non c’è bisogno che racconti cosa significhi perdere mesi di post, commenti, condivisioni, tanto preziose oggi per un giornale che con pochi mezzi e tantissima passione cerca di sopravvivere diffondendo cultura con aggiornamenti settimanali costanti ogni sabato dal 28 ottobre 2020. Non c’è bisogno neanche che ricordi che il nostro settimanale non è un semplice spazio di contenuti ma una testata giornalistica registrata al pubblico registro della stampa con decreto del Tribunale di Cagliari, decreto che ci attribuisce una certa autorevolezza dato che rispondiamo alla deontologia giornalistica e a un ordine professionale, l’Ordine nazionale dei giornalisti.
La pagina ci è stata restituita a novembre scorso, ma da allora continuiamo a essere invisibili. Troviamo il fatto gravissimo e preoccupante: un’azienda privata americana censura i nostri contenuti che rispondono alle leggi italiane e sono garantiti dalla nostra Costituzione. Un organismo esterno di cui rispettiamo gli standard si permette di operare al di sopra delle leggi della nostra Repubblica e viola il nostro diritto alla libertà di opinione. E tutto questo mentre quotidianamente vengono pubblicati senza problemi post e contenuti che inneggiano alla violenza o diffondono ideologie nazifasciste. Provate a segnalare uno di loro, gli amministratori risponderanno che “Il post non viola gli standard della nostra comunità”.
A questo si aggiunge il rifiuto di dotare la nostra pagina del bollino blu (stessa cosa su Instagram, sempre di proprietà del caro Zuckeberg) perché “non rispondiamo ai requisiti”. Una testata giornalistica italiana dunque non corrisponde agli standard di Facebook come spazio di notizie certificate. Appare ancora una volta evidente come il nostro giornale stia subendo una discriminazione palese, così come è palese che non ce ne staremo zitti e buoni.
Stiamo combattendo con un gigante a cui abbiamo concesso un potere enorme, quello di condizionare le nostre idee e le nostre abitudini. Non ci arrenderemo, continueremo a mettere tutte le nostre energie in un progetto in cui crediamo tantissimo e che moltissimi amici e amiche hanno sostenuto e sostengono. Vi invitiamo a seguire il nostro sito, a iscrivervi al canale Telegram , a condividere i nostri articoli. Solo con le nostre forze potremmo vincere le assurde regole del gigante Facebook, pronto a garantire liberamente idee pericolose e violente e allo stesso tempo censurare un sito di cultura.