Visioni metafisiche con “ChronoWaves / Crono Onde” del Derida Dance Center (Bulgaria), una creazione di Jivko Jeliazkov che ha chiuso il Dancing Histor(y)ies Festival 2024 per un ideale viaggio nel tempo (e nello spazio) sulle sponde del Mediterraneo.
Sulla evocativa colonna sonora di Yavor Zografski appaiono tre uomini venuti del mare – naufraghi o conquistatori – vestiti di corte tuniche strette in vita, con una greca sui bordi, come gli antichi romani: creature di un’altra epoca, sbarcate su una costa sconosciuta, si inerpicano sulla costa fino a una radura, per poi scrutare l’orizzonte e guardarsi attorno, e infine scomparire come inabissandosi, in un’ultima dissolvenza. Una coreografia enigmatica che sposa la dimensione rituale con quella narrativa, con sequenze di movimenti eseguiti all’unisono o a canone, e brevi momenti in cui i danzatori interpretano quasi in contemporanea tre diversi assoli, quasi a definire il carattere dei rispettivi personaggi e i differenti stati d’animo, dalla calma interiore all’inquietudine. Una performance site-specific rimodulata sulla morfologia dei luoghi e le peculiarità del paesaggio per raccontare l’approdo di stranieri in terra straniera, in una chiave quasi onirica in cui le tre figure sembrano quasi sorgere dalla terra e di nuovo svanire, dopo aver impresso un segno nell’immaginario, come fantasmi provenienti da un passato in cui il mare era crocevia di popoli e culture.
“ChronoWaves” nell’interpretazione di Filip Milanov, Mihail Bonev e Stefan Vuchov narra una vicenda vera o immaginaria, impigliata nelle maglie della storia, come lo sbarco fortuito o deliberato di genti d’oltre mare: la loro identità resta misteriosa, come il loro destino di eroi o naufraghi, la meta finale e le peripezie affrontate durante il viaggio tra le “Onde del Tempo”.
Il fascino del paesaggio, tra arte e natura, con Dancing Histor(y)ies Festival 2024 – che si è tenuto dal 12 al 14 luglio nell’area archeologica di Tharros, leggi anche gli articoli di Carlo Argiolas e Francesca Mulas – per tre intense giornate nel magnifico scenario della Penisola del Sinis: si parte da “Le case degli dei” (“BT’LNM” (battê ‘allōnīm) nella lingua dei fenici) di Mario Coccetti, Francesca La Cava e Livia Lepri (co-produzione ASMED / Balletto di Sardegna, Compagnia Danza Estemporada e Gruppo e-Motion – Italia) con Giovanni Karol Borriello, Chiara Mameli, Cristian Pagliaro, Noemi Sanna, Antonio Taurino e Sofia Zanetti, racconto per quadri tra sacro e profano, memorie ancestrali e corpi “sonanti”.
S’intitola “Living in Tophet / Vivere nel Tophet” la coreografia di Israel Aloni (produzione ilDance – Svezia), con Arunas Mozuraitis, Victor Persson, Elias Kraft, Elias Khanamidi, una suggestiva partitura ispirata agli antichi santuari con musiche di Didi Erez (featuring Fuensanta Blanco), Javier Llanos, Mauro Palmas e Elena Ledda.
Paulina Jaksim firma per il Polski Teatr Tańca (Polonia) “Echoes of the dust / Echi della polvere” con Katarzyna Kulmińska, Katarzyna Rzetelska, Emily Wong-Adryańczyk, Jinwoo Namkung e Patryk Jarczok, musiche di Filip Martyniec, per un ideale dialogo con gli antichi abitanti della città.
E ancora “La Danza dell’Acqua” della Mvula Sungani Physical Dance, con l’étoile Emanuela Bianchini, il primo ballerino Damiano Grifoni e i solisti della compagnia: coreografie di Emanuela Bianchini e Mvula Sungani (sua anche la regia) per la reinvenzione di un arcano rito, incastonato tra le rovine di Tharros.
Il Dancing Histor(y)ies Festival termina con “ChronoWaves”: quasi un sogno a occhi aperti, il ricordo di un approdo in attesa di ripartire per un nuovo viaggio, tra mito e realtà.