Ci sono luoghi dove uno spettacolo assume un sapore diverso, luoghi che attribuiscono a una messa in scena un valore aggiunto, come nel caso dell’incantevole area archeologica di Tharros, dove dal 12 al 14 luglio arriva “Dancing Histor(y)ies”, progetto europeo che approda nell’Isola per mano dell’Associazione Enti Locali per lo Spettacolo, coinvolgendo compagnie svedesi (II Dance), polacche (Polish Dance Theatre), bulgare (Derida Dance Center), nazionali (Gruppo e-Motion, Mvula Sungani Physical Dance), e di casa nostra (Asmed Balletto di Sardegna, Compagnia Danza Estemporada). Sei proposte in programma, di cui due co-prodotte da Asmed, Estemporada e Gruppo e-Motion di Francesca La Cava. “Come artisti siamo stati chiamati a creare una coreografia site specific ispirata al sito archeologico che ci ospita e presentata in posti definiti” precisa la coreografa cagliaritana Francesca La Cava: “Non ci sono allestimenti, molta importanza viene data alla musica, che viene fruita dal pubblico in modo diverso attraverso cuffie o nella maniera abituale”.
“BT’LNM (battê ‘allōnīm) – Le case degli dei” è il titolo che apre la prima e la seconda serata, alle 18 e alle 19.
“E’ un lavoro suddiviso in tre parti. All’inizio c’è la parte creata dalla coreografa sassarese Livia Lepri, dove i corpi viaggiano attraverso movimenti ispirati dalle suggestioni di una terra che ha lottato per risorgere dalle acque e dare identità e fermezza a un popolo che racchiude in sé valori, tradizioni, contemporaneità e linguaggi trasversali. Io e l’altro coreografo dello spettacolo Mario Coccetti abbiamo deciso invece di lavorare sul sacro e sul profano. Mario ha contemplato l’esistenza di uno spazio invisibile tra ratio umana e superstizione, una intercapedine di luce in cui l’anima trova nutrimento nel rito, nel sacro e nell’esplorazione del Divino. Un luogo dove l’essere umano si eleva spiritualmente, si connette con spiriti impalpabili, compie atti di fede per allontanarsi dalla gabbia della carne e ritrovare memorie ancestrali. In questo spazio il tempo si piega, la verità si assottiglia e l’unica realtà possibile diverge dall’estasi. Io invece ho immaginato un viaggio nella Sardegna che ‘suona’. Un’esperienza sonora, fisica, ambientale, nella quale attraversando le tradizioni e mettendosi in ascolto della natura, gli artisti e gli spettatori possono essere immersi in una nuova condizione che riguarda il raggiungimento di uno spazio liminale e la possibilità di vivere una pratica trasformante. Inizialmente sono partita dalle launeddas, visto che nella zona di Cabras c’è una lunga tradizione, per poi finire in altro, ovvero la costruzione di corpi come fossero pietre, che man mano iniziano a suonare. Accompagnati dalla musica di Marco Ariano, con cui collaboro da anni, i performer si muovono coinvolgendo il pubblico. Per il mio lavoro mi sono ispirata anche alle Pietre sonore di Pinuccio Sciola”.
Più che rifarsi al mondo della danza contemporanea, i danzatori trasferiscono in questo contesto un’esperienza ampia del corpo…
“Attraverso una ripetizione costante del suono, il corpo viene portato in un’altra dimensione. L’incedere della musica trasforma corpi che inizialmente possono sembrare chiusi, ma che grazie ai suoni iniziano a vivere. Io e Mario lavoriamo in qualche modo sull’effetto della musica, attraverso la ritualità, ma cogliendo anche l’aspetto più profano che si manifesta nelle piazze”.
Il 12 luglio “Dancing Histor(y)ies” incrocia il gala Roberto Bolle & Friends che si tiene sempre nel sito archeologico, anche se in un’altra zona e nell’ambito di un cartellone differente allestito dalla Fondazione Mont’e Prama per celebrare 50 anni dalla scoperta dei Giganti. In un certo qual modo farete da apripista: una bella responsabilità.
“Sono visioni ed esperienze diverse di movimento. Bolle e i suoi danzatori offrono sempre spettacoli di grandissima qualità, ma anche i nostri danzatori sono molto bravi e sono certa che il pubblico li apprezzerà”.
Insegna a Roma nell’Accademia Nazionale di Danza: che momento attraversa l’arte di Tersicore?
“Direi più che buono. Nelle scuole di alta formazione il numero di giovani è aumentato e il livello tecnico è molto alto. Certo, il balletto classico resta in cima alle preferenze di tante ragazze e ragazzi, però noto una necessità crescente di ricerca nei giovani. C’è voglia di indagare le tante possibilità che il corpo esprime”.
La foto in evidenza è di Paolo Porto