Se oggi gli studenti e le studentesse di geologia in Sardegna possono prepararsi su una incredibile collezione di materiali e strumenti lo devono all’infaticabile Ida Comaschi Caria, paleontologa di fama internazionale che diede una incredibile prova di coraggio e passione salvando il materiale dell’Università di Cagliari dai bombardamenti angloamericani sulla città nel 1943. Studiosa, ricercatrice e insegnante, fu la prima donna a ottenere una cattedra nell’Ateneo cagliaritano.
La storia di Ida Olga Maria Caria parte da Ortuabis, un’estensione boschiva ai confini fra i salti di Meana Sardo e Laconi, ultimo lembo dell’altopiano calcare del Sarcidano che si incunea nella Barbagia di Belvì e che lo scrittore Francesco Aziator definì “la foresta del silenzio”, dove esiste ancora una vecchia stazione ferroviaria della linea Cagliari – Sorgono nasce il 22 agosto del 1911 dall’impiegato ferroviario Innocenzo Caria da Seui e da sua moglie Marcella Meloni. Il 24 agosto viene registrata all’anagrafe comunale di Meana e il 27 settembre riceve il battesimo nella chiesa di San Bartolomeo dal rettore Serafino Sanna.

Nella città del sole
Non sappiamo per quanto la famiglia Caria Meloni rimase ad Ortuabis,
la ritroviamo nel 1918 a Serri, dove nasce il fratello Ugo Amedeo Giuseppe e nel 1920 a Cagliari dove Innocenzo continuò a lavorare per le ferrovie secondarie ed era osservatore pluviometrico della sezione idrografica cittadina. Cagliari divenne quindi la patria adottiva di Ida che sin da bambina si distinse per l’intelligenza nello studio e per la vivace curiosità che la faceva appassionare alle scienze naturali. Dopo essersi diplomata al Regio Liceo Scientifico “Carlo Sanna”, il futuro Pacinotti che all’epoca stava nella via Eleonora D’Arborea, nel 1932 si iscrisse alla facoltà di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali dell’ateneo cittadino dove si laureò il 13 novembre del 1936 con una tesi sulle ‘Osservazioni morfologiche della zona di Nurri’. Alla dissertazione vennero concessi i diritti di pubblicazione col titolo ‘Contributo alla geomorfologia del medio Flumendosa (Sardegna centrale)’ che venne stampata l’anno successivo dalla Tipografia Virgilio Musanti. L’abilità e la passione per la materia, tuttavia, erano emerse già da prima della laurea con la tesina sperimentale sulla botanica intitolata ‘Fiori anomali di Primula acaulis Hill’.
Il 1 febbraio 1939 segnò l’inizio della sua carriera accademica con l’assunzione come assistente volontaria e, dal 29 ottobre, come assistente incaricata presso la cattedra di Geologia dell’ateneo cittadino, dove passò di ruolo il primo giugno del 1940. Appena nove giorni dopo l’Italia dichiarò guerra a Francia e Gran Bretagna e il percorso della giovane scienziata si fecce più complicato.
Scrive Rafael Alessandro Romo Mulas nella sua tesi di laurea ‘I grandi studiosi della geologia di Cagliari: dai dati storico-scientifici alla divulgazione ICT’: “L’attività di ricerca è stata intensa e condotta sempre con vera passione nonostante le siano capitati ostacoli non indifferenti da superare. Dopo la pubblicazione della tesi di laurea, la sua attenzione fu rivolta esclusivamente alla Paleontologia della Sardegna; per meglio procedere alla ricerca reputò subito opportuno porre mano alla conoscenza e al riordino di quanto in precedenza era stato pubblicato sui fossili della Sardegna. Scaturì, così, l’idea di un catalogo illustrato sull’argomento. Ma quando tale lavoro era già ben avviato intervennero gli eventi bellici e col bombardamento del 28 febbraio 1943, che colpì l’Istituto di Geologia, andarono perduti appunti, manoscritti, disegni e materiale di studio. L’inevitabile scoraggiamento non la fece perdere d’animo: Ida […] divenne quello stesso anno professoressa di paleontologia e l’anno dopo fu chiamata a tenere, in sostituzione del titolare assente, l’insegnamento della Geologia per i corsi di Scienze Naturali e d’Ingegneria Mineraria nell’Università di Cagliari. Oltre al coraggio e la determinazione nel perseguire l’attività didattica in quei tempi difficili, va ricordata la grande perizia e lo spirito di sacrificio nel cimentarsi in attività organizzative, che pur sottraevano tempo all’attività di ricerca che prediligeva”.

Dopo la distruzione della guerra
Il 1 dicembre 1944 le venne conferita la qualifica di aiuto alla cattedra di Geologia e per due anni dal 43 al 45, tenne l’insegnamento in sostituzione del professor Silvio Vardabasso, che andava a sommarsi a quello di Paleontologia che mantenne per oltre 26 anni.
Nell’anno più drammatico della guerra, con Cagliari distrutta dalle bombe anglo-americane e le facoltà trasferite nelle località dell’interno dell’isola, si sposò a Dolianova il 6 marzo del 1943 con il maddalenino Cesare Comaschi. Si impegnò assiduamente fra mille difficoltà per salvare fra le macerie il materiale dell’Istituto Geologico gravemente danneggiato che venne traslocato a Santu Lussurgiu, sede di sfollamento del dipartimento, dove si recò personalmente per curarne l’inventario. Dopo l’armistizio fu la responsabile del ritorno del prezioso materiale scientifico, scampato solo in parte alla devastazione, a Cagliari a bordo di camion militari. Contemporaneamente, con grande penuria di locali e mezzi, riprese le lezioni di Geologia e Paleontologia. Per tutto il suo instancabile lavoro meritò gli encomi del professor Vardabasso, “per aver collaborato con molto impegno e spirito di sacrificio prodigandosi per salvare il salvabile dall’Istituto Geologico gravemente danneggiato dalla guerra e poi sfollato” e del rettore Ernesto Puxeddu :“In modo particolare va segnalata la sua opera successiva alla distruzione dell’Istituto avvenuto nel 1943 per bombardamento aereo. In condizioni difficilissime e in assenza del Direttore, valendosi di una sistemazione di fortuna, ha assicurato l’insegnamento dell’importante materia.”
La ripresa della vita democratica vide Ida Comaschi Caria dividere il suo tempo fra scienza e attivismo politico e sociale. Divenne una delle più dinamiche promotrici e sostenitrici della sezione cagliaritana del C.I.F (Centro Italiano Femminile) del quale assunse la presidenza arrivando a fondare e dirigere in prima persona la rivista ‘Vita Femminile Sarda‘. Dalle colonne del suo giornale, a partire dal 1946, l’anno nel quale per la prima volta nella storia le donne avevano conquistato il diritto di voto, diede voce anche alle prime rivendicazioni delle cattoliche sarde in tema di diritti, educazione, maturità politica e accesso alle professioni. Il giornale riportava in testa ad ogni numero le parole di Santa Caterina da Siena, patrona del C.I.F, estratte dalle ‘Lettere agli eremiti’: Traete fuori il capo e uscite in campo a combattere per la verità. Venite, venite e non tardate aspettando il tempo, che il tempo non aspetta voi”.
“Questo giornale – scrisse nel primo numero della rivista del 15 febbraio – è dedicato a tutte le donne che si sentono legate a noi attraverso solidi e inconfondibili vincoli di fraternità cristiana … Si parla continuamente di ricostruzione.. Né si badi bene, per ricostruzione dobbiamo intendere soltanto il riattamento materiale di edifici, opere pubbliche, industrie ecc, perché in tal caso, la parola ricostruire mancherebbe del suo pieno significato in quanto parallelamente è indispensabile che si dia mano al risanamento morale e civile della società. […] Perché dunque la nostra opera sia veramente fattiva ed il nostro contributo reale, apriamo l’animo a questo monito e ricordiamo che non dobbiamo essere occhi chini verso terra, occhi che non vogliono vedere la verità ma prendano consapevolezza sicuri che ogni cosa assume maggior dignità dal sacrificio che si compie per difenderla, dallo sforzo palese fatto per raggiungere la vittoria”.

In cattedra
La sua carriera professionale ebbe una svolta per la storia dell’insegnamento accademico isolano il 16 luglio del 1952 quando ottenne la libera docenza in Paleontologia e soprattutto il 26 febbraio 1958 quando diventò la prima donna sarda ad ottenere una cattedra nell’Ateneo cagliaritano nella facoltà di Ingegneria. Scrive ancora Mulas: “La passione per la ricerca della Comaschi Caria non eclissò mai quella per l’insegnamento, come testimoniano molti suoi allievi. Le aule in cui teneva le sue lezioni di paleontologia erano sempre gremite di studenti, dato che in esse riversava non solo le sue innumerevoli esperienze sul terreno, ma anche le conoscenze acquisite nelle lunghe ore passate in biblioteche e musei italiani e stranieri. Con gli studenti intesseva sempre rapporti di comprensione, spronando i meno solerti facendo scoprire a molti l’entusiasmo dello studio. I rapporti umani duravano anche dopo il superamento degli esami e il conseguimento dei titoli da parte degli studenti, che non si scordavano di mandare saluti e auguri alla professoressa anche quando la vita li portava a risiedere lontano”.
In qualità di direttrice dell’istituto di geologia e paleontologia, compì importanti ritrovamenti in diversi punti dell’isola ed ebbe grande merito nel riordinare e catalogare le migliaia di reperti della collezione Lovisato. Consigliera della Società Paleontologica Italiana e membro della Union Paleontologique Internationale della Society of Economic Paleontologist di Tulsa in Oklahoma, si confrontò e portò il suo sapere negli istituti paleontologici di tutta Europa. Scrisse numerose pubblicazioni, tra le quali spiccano le tre importanti monografie sul miocene sardo e forse la sua opera più importante, ‘Animali e piante fossili della Sardegna’.
Il 1 luglio del 1975, dietro sua richiesta e dopo quarant’anni di carriera accademica, andò in pensione. Scomparve a Cagliari, dove riposa nel cimitero monumentale di Bonaria, il 12 settembre del 1987, lasciando un grande dolore fra quanti la conobbero ma anche un grande ricordo che dura nel tempo e che ultimamente sembra goda di rinnovata linfa. L’8 marzo del 2024, in occasione della Giornata internazionale della Donna è stata celebrata dall’università cagliaritana con un articolo di ‘Unica magazine’.
Ida Caria tornò a Meana Sardo nel marzo del 1943 per preparare i documenti per il matrimonio. Il delegato dell’anagrafe comunale, venendo a conoscenza della promettente carriera della scienziata rimarcò l’evento con un appunto di penna blu. Nel 2023, finalmente, anche il suo paese natale ha deciso di renderle onorata memoria e una piazza del centro barbaricino porta il suo nome.