“Senza buio non c’è luce, senza luce non c’è buio. Lo yin ha bisogno dello yang per alimentare il moto perpetuo e viceversa. La luce permette di apprezzare il buio: è con mente lucida che si può affrontare con fermezza la propria ombra per accoglierla e integrarla”. Dalila Kayros, cantante, compositrice e musicista sarda, ha dedicato alla fascino nascosto delle ombre il suo ultimo disco, “Animami”, un concept album uscito lo scorso 1 luglio per Subsound Records. Un lavoro coinvolgente all’ascolto, (il terzo in studio dopo “Transmutations” del 2018 e “Nuhk” del 2013), realizzato in collaborazione con il musicista Danilo Casti, che sfugge a ogni etichetta e attinge alla musica industrial, alla sperimentazione vocale e sonora, alla contemporaneità come alla tradizione. “Animami”, presentato in anteprima a Cagliari con un sorprendente live al Fabrik (qui il racconto di Giacomo Pisano) e lo scorso 20 agosto a Seneghe, a Sa Domo de Sa Poesia nell’organizzazione di Perda Sonadora, sprigiona tutta la sua potenza nella dimensione live grazie a una straordinaria capacità espressiva di Dalila e a uno show che usa luci ed effetti visivi. Impossibile non perdersi davanti a uno spettacolo simile, impossibile non lasciarsi trascinare da voce, gesti e intensità sonora davanti a una delle più soprendenti artiste del panorama musicale contemporaneo sardo, capace di muoversi tra linguaggi e suggestioni diverse.
Hai definito “Animami” “Un viaggio dentro le profondità della mente, un’esplorazione nei luoghi bui della coscienza i cui contenuti nascosti riposano nell’ombra”.
I luoghi bui della coscienza sono quegli angoli dormienti della nostra psiche che si manifestano in maniera velata perché ancora non ci siamo resə conto che esistono. Conoscere se stessə è un cammino lungo tutta una vita. Le parti in ombra sono quelle parti che devono ancora essere scoperte, possono essere delle virtù che non sapevamo di avere e che in situazioni particolari emergono, oppure dei lati spiacevoli della personalità che non pensavamo di essere in grado di esprimere, ma che invece fanno parte di noi. Scoprire i luoghi bui della coscienza è quindi accogliere tutto ciò che compone il nostro essere per trovare appunto la libertà di “essere” e poter decidere di lasciare ciò che non ha più senso di esistere e accogliere parti nuove che hanno necessità di svilupparsi.
36 anni e un curriculum invidiabile: hai collaborato con diversi artisti della scena alternativa e sperimentale, una tra tutti Lydia Lunch. Ci racconti l’esperienza di collaborazione per te più significativa?
Intanto grazie, penso di essere in cammino e ancora la strada è lunga. Per Lydia Lunch ho fatto da apertura per una databBolognese nel tour “Retro Virus”, fu davvero emozionante! L’esperienza di collaborazione più significativa è quella con Danilo Casti, con il quale lavoriamo quotidianamente dal 2018 nella ricerca, fino ad arrivare alla composizione di “Animami”, che ci ha portato ad un lavoro congiunto a 360 gradi di produzione sia musicale che video. Un’altra collaborazione per me molto importante, nonché duratura, è quella con Stefano Ferrian, con il quale abbiamo portato avanti diverse esperienze musicali dal 2013 ad oggi tra cui SYK.
Da “Nuhk” in sardo a “Animami” con brani in italiano e inglese. Cosa significa per te esprimerti nelle diverse lingue?
Il linguaggio per me è suono oltre che significato. Vocali e consonanti diventano oggetti sonori che si intrecciano per creare delle forme che diventano poi musica. Dipende da ciò che l’anima ha la necessità di esprimere, allora una lingua si adatta più di un’altra per riuscire nell’intento di comunicare al meglio.
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La tua musica cattura influenze e suggestioni da tutto il mondo, ma sei sempre rimasta legata alla Sardegna e hai scelto di presentare in anteprima il tuo nuovo lavoro a Cagliari. Quanto è importante il legame con la tua terra?
Il luogo in cui i miei piedi hanno toccato terra per la prima volta è l’isola della Sardegna. Sicuramente sono innamorata della bellezza della sua natura, essendo amante dei territori aspri, trovo soddisfazione nel mio desiderio di esplorare liberamente terreni poco battuti dall’essere umano e spesso difficili da raggiungere. È una relazione complicata di amore e odio. Sono andata via e tornata varie volte. Essendo un’isola è tutto più lento, il confronto con altre realtà artistiche è intermittente, per cui è necessario varcare le soglie del mare e uscire spesso per esplorare il resto del mondo. Ma questo vale per tutti i continenti. Le migrazioni arricchiscono la cultura di ogni paese, ogni terra è speciale, e la casa si trova sempre dove poggiano i piedi, a prescindere che sia la propri terra natale o una terra che ci accoglie in periodi diversi durante il percorso di vita. Per cui il mio è un legame libero e flessibile, una relazione liquida, come lo stesso mare!