A Melpignano, minuscolo ma virtuoso paese del Salento conosciuto in tutto il mondo per la Notte della Taranta, il 23 luglio del 1988 suonano sullo stesso palco Litfiba, CCCP – Fedeli alla Linea, i modenesi Rats e altre quattro band russe. Pochi mesi dopo sempre da Melpignano parte la folle idea, che si concretizza nella primavera successiva, di portare in Unione Sovietica i tre gruppi italiani più i pugliesi Mista & Missis, per un mini tour di due date a Mosca e Leningrado. I CCCP sono all’anticamera della fine e anche in casa Litfiba tira un venticello non proprio sereno. Succede così che durante il viaggio di ritorno dalla “Campagna di Russia” Ferretti e Zamboni conversando con Gianni Maroccolo, scoprono di avere una fortissima alchimia dalla quale nasce l’impellente bisogno di fare un disco assieme.
Nella primavera del 1990, mentre il mondo cambia velocemente e il bel paese è in preda alla febbre calcistica dell’imminente mondiale, l’ormai ex bassista della band fiorentina, portandosi dietro dalla stessa famiglia il pianista e arrangiatore Francesco Magnelli, il tecnico del suono e chitarrista Giorgio Canali e il batterista Ringo De Palma, raggiunge i Fedeli alla Linea (orfani di Chiapparini e Orlando ma ancora assieme alla benemerita soubrette Annarella e a Fatur) a Villa Pirondini, una vecchia casa colonica in agro di Rio Salicetto, piccolo comune posto fra Carpi e Correggio. Immersi per due mesi in questa solitudine, i CCCP, “felici del privilegio di poter scrivere il loro necrologio” registrano in presa diretta la loro ultima fatica ‘Epica, Etica, Etnica, Patos‘; un album complesso, multicolore, un esperimento lontano anni luce da ogni precedente produzione che viene pubblicato dalla Virgin il 13 settembre, con la copertina e il libretto impreziositi dagli scatti del compianto Luigi Ghirri.
L’LP è un doppio di quattro facciate tematiche, con brani che non guardano più verso est e al punk espressionista, ma volano verso sud sul Mediterraneo, sbirciano a occidente e in una sorta di calderone multi-confessionale e cosmopolita, accolgono cori delle mondine, spruzzate di Pink Floyd, salmi, vespri, echi di feste patronali, bizzarri intermezzi, cembali, chitarre disturbate e fisarmoniche.
Il lato Epico principia a Istanbul nel tedio domenicale della sapienza divina di ‘Aghia Sophia’ che porta alla tumultuosa via del santo sepolcro di ‘Paxo de Jersualem’ per chiudersi con l’intermezzo di mantici e battimani di ‘Sofia’. La facciata Etica si apre con la dolce vita occidentale, “stupefacente e asfissiante” di ‘Nark’o$’ contenente il mantra di ‘Babi Blue’ recitato e “fumato” da Fatur, seguita dalla bucolica ‘Campestre’ pausa poetica che sfugge al cemento e all’acciaio e chiusa con l’ossimorica “pingue immane frana” di ‘Depressione Caspica’, dolorosa presa di coscienza che suona quasi come una delegittimizzazione dell’Est Europa.
I mortaretti introducono il terzo episodio Etnico con ‘In Occasione della festa ‘ a preludio di ‘Amandoti (sedicente cover)’ ballata per sola fisarmonica ripescata dallo spettacolo teatrale ‘Atti di confusione umana’ dove veniva cantata da Annarella Giudici. ‘L’andazzo generale’ è un corale mantra che da un tedioso albergo romano famoso per le sue “stanze di una tristezza da suicidio”, precipita nel paese corrotto e corroso dalla mafia. Il Medio-Oriente è a portata di mano e le giornate di Siria e Palestina rivivono nella festosa danza di ‘Al Ayam’ che ospita musicisti e cantori arabi per saltare poi a pie pari nell’energica tammurriata franco- napoletana di ‘Mozzill’o Re’ e nella tregua “scacciapensieri” di ‘Campestre II’. Pathos è ‘l’ultima pagina che chiude l’opera con due momenti solenni: il lungo ammonimento “senza rimpianto e senza speranza” di ‘Maciste contro tutti‘ e l’inarrivabile ‘Annarella’, testamento di rara bellezza e apice di questo disco di commozioni estetiche, che tira giù il sipario mettendo la parola fine all’epopea dei CCCP – Fedeli Alla Linea.
Linea che sembrava tracciata dallo stesso muro di Berlino, città che nei primi anni ottanta attirava “piccole schegge sconclusionate” e fra queste Massimo Zamboni e Giovanni Lido Ferretti, che all’ombra di quel muro idearono il loro rozzo punk filo-sovietico che dall’Emilia Paranoica avrebbe guardato all’est, “più per ragioni estetiche ed etiche che per ragioni politiche”.
Era praticamente inevitabile che la sua rovinosa caduta, avrebbe travolto pure i CCCP. Ma, come spesso accade, sulle macerie si possono costruire nuovi e luminosi edifici e in quelle dei CCCP di EEEP vennero gettate le fondamenta della casa del Consorzio Suonatori Indipendenti, che qualche anno dopo, in Bretagna avrebbero “composto, concepito, arrangiato, suonato e registrato” ‘Ko de Mondo‘, primo capitolo di una nuova ricchissima esperienza che sul finire del millennio, ancora una volta a Berlino, avrà il suo poco lieto evento finale.
In questo disco epocale lasciò la sua ultima testimonianza Ringo De Palma che venne a mancare pochissimi giorni dopo la fine delle registrazioni. A lui dedico questo mio umile scritto.