Molto più di un saluto, importante come un sentito abbraccio.

La prendo larga. Certi arrivederci richiedono cerimonia. Certi saluti richiedono una dedica. Questo articolo è dedicato a Nemesis, che va a dormire un pochino, meritatamente. Sicuramente con un sorriso, conscio di aver svolto benissimo il suo dovere di divulgatore di cultura, di avvenimenti, di cose belle, attente e sempre molto interessanti. Creando un luogo variegato, libero, d’umana condivisione di interessi e di concretezza; di sogni e di piacevolissime letture. Altrettanto sicuro è che si alza già da questo momento una certa nebbiolina, densa umida di nostalgia ma anche di speranza, però. Intanto un riposino ci può stare.
Ho sempre amato le edicole. In edicola sentivi quell’odore forte di carta stampata, la più disparata. Mi affascinava quando, prestissimo la mattina, arrivavano i quotidiani, frutto di un lavoro notturno, con la scelta dei titoli, le notizie fresche o quasi, il lavoro sacro dei giornalisti, i caffè, il silenzio, le impaginazioni, le macchine dal lavoro ripetuto a velocità sostenuta, per portare un compagno di colazione ai tanti. Alle lettrici e ai lettori con fame buona d’avvenimenti. A coloro che tenevano il quotidiano sotto il braccio, una baguette di parole messe in fila, incolonnate, virgolettate. Spesso parole pericolose, d’inchiesta, delicate, misurate. Oppure spudorate, altre volte inventate, esagerate, ridondate. Ho sempre pensato: ecco, il lavoro del giornalista inizia da una penna e finisce in un’edicola. Quanto ammiro quel mestiere, quando è onorato, rispettato, serio. Un’edicola la trovavi sempre: grande, piccola, disertata o trafficata, buongiorno e buonasera, in centro o nelle periferie. Ho sempre adorato le edicole, dalle quali spuntavano, in mezzo a un oceano di colori, una testa e una mano: appoggi i soldi, ti porti via un pezzo di mondo. Un ritaglio di mondo, fresco, spesso di quello più vicino a te.
L’edicola: ultimo ufficiale di guardia del regime della lentezza. Crolla tutto. Si perde sempre più quel profumo tagliente di opinioni stampate su carta bistrattata. E noi, intanto, sui social a scrollare slogan, in cerca di verità.

Non su Nemesis, però: di slogan nessuno, grande la sostanza, invece.
Quando Francesca e Giacomo mi chiesero di tenere una rubrica su questo bel magazine online (questa rubrica), rimasi allo stesso tempo lusingato e intimorito. Divagare, il nome della rubrica. Con la massima libertà di unire la fotografia alla scrittura, le mie due grandi passioni, mi han donato una piccola macchina. Una scatola semplice, minimale, con un buco nel cartone e una manovella di lato. Avvicinando e poggiando l’occhio al buco e girando l’ingranaggio vi ho potuto via via quindi vedere animarsi: articoli, riviste, edicole, fotografie, parole messe in fila, idee, racconti, malinconie, pezzetti di me, altri pezzetti di me, persone, personaggi, sequenze di ricordi in Super 8, anni passati, volti, colori e, infine, una grande opportunità d’espressione. Spero che, chi ha letto anche questa rubrica, abbia percepito lo stesso piacere che è stato per me scrivervi, fotografare e collaborare, in questa scrittura, anche con altre bellissime persone, che ringrazio tanto.
Nemesis decide di andare a riposare. Lunga vita a Nemesis!
Quindi grazie, con tutto il mio cuore. Nemesis è la mia edicola.









