E’ un libro che parla di coraggio, dolore, crescita e consapevolezza, che parla di natura, umanità, tenerezza e violenza: impossibile trovare una definizione unica che renda giustizia a “Grande terra sommersa”, ultimo bellissimo romanzo dello scrittore sassarese Alessandro De Roma appena pubblicato da Fandango. Il libro, settimo titolo dopo “Vita e morte di Ludovico Lauter”, “La fine dei giorni”, “Il primo passo nel bosco” (Il Maestrale, 2007, 2008 e 2010), “Quando tutto tace” (Bompiani, 2011), “La mia maledizione” (Einaudi 2014) e “Nessuno resta solo” (qui il nostro articolo), è un romanzo di formazione, ma anche di rinascita, su quella straordinaria capacità di tuffarsi, concretamente e metaforicamente, che rende possibile vivere in un mondo ostile o quanto meno provarci.
La storia, ricchissima e piena di persone, cose, luoghi, profumi, ai snoda attorno alla vita di Pietro Stefano Mele, bambino che per un assurdo incidente perde la madre. Da quel momento inizierà un travagliato e doloroso percorso alla ricerca di un proprio posto nel mondo: Pietro Stefano timido, silenzioso, perennemente immerso nella sensazione di essere sbagliato o addirittura folle, si troverà confinato dal padre a casa della nonna a San Leonardo de Siete Fuentes, minuscolo e suggestivo borgo del centro Sardegna: “Non avevo mai visto niente di simile – così il protagonista descrive il villaggio – Era bello e, al tempo stesso, malinconico e assurdo. Non era un paese o, quanto meno non era un paese come gli altri. Ma non era neanche solo bosco. Faceva pensare a un albergo abbandonato, o a un parco divertimenti nel quale avessero cominciato a smontare tutto”.
I giorni per il ragazzino scorrono tutti uguali, l’unica nota di imprevedibilità è quella famiglia strana che abita di fronte a casa di nonna Mariangela: i giovani Luca, Alberto e Laura Campus vivono in un mondo misterioso e inquietante, escono in piena notte per correre in bicicletta sotto la pioggia, stanno in una casa con le finestre perennemente chiuse. La tranquilla vita del giovane che nel borgo riesce a trovare un equilibrio viene interrotta dalla comparsa imprevedibile e temuta del padre narcisista e ultracattolico, da nuove avventure, scoperte e incontri, infine dal ritorno a Cagliari.
Nello scorrere degli anni il giovane continua a scrivere un diario ora disperato, ora dolce e affettuoso a quella madre che non c’è più, e nella straziante ricerca di un posto dove stare l’unica consolazione sembra essere la natura: “Sono ossessionato dalla natura – ha ammesso De Roma durante la prima presentazione a Cagliari organizzata da Liberos e Mieleamaro per il festival Éntula, lo scorso 25 febbraio – da quel luogo dove ho trascorso la mia infanzia, a metà tra paese e bosco. Sto bene quando mi trovo in mezzo agli alberi. E mi dispiace che quello dell’ambiente sia un tema che oggi non viene affrontato con la dovuta attenzione, e solo dal punto di vista antropocentrico, non del pianeta”.
I giorni trascorsi a San Leonardo non sono l’unico riferimento autobiografico nel libro: anche nonna Mariangela Sircana, che accoglie quel nipote praticamente sconosciuto nella sua casa tra le ortensie, è ispirata a una zia di De Roma che realmente viveva lì. Una cornice fatta di persone e luoghi noti e amati dallo scrittore a fare da sfondo a una ricerca di se stessi che è universale, propria della condizione umana: “Nessuno ha una vita semplice, mi interessa indagare sull’esistenza delle persone, le loro debolezze e malinconie”.