Potenziali scrittori, sceneggiatori, registi e amanti del genere cinematografico più sconvolgente, è a voi che oggi mi rivolgo. Se qualche settimana fa vi ho parlato di uno dei tanti contest che potenzialmente possono catapultarvi sotto i riflettori (qui il link), oggi vi racconterò di uno di voi che ce l’ha fatta.
Keith Thomas, studente ricercatore di medicina da dieci anni, è sempre stato un appassionato del genere horror. Nonostante l’impegno con il corso di studi ha continuato a scrivere e pubblicare racconti. Un bel giorno è stato contattato da un membro dello staff di Guillermo del Toro (‘Mimic’, ‘Hellboy’) per richiedere una sceneggiatura per un film basata su uno dei racconti. Aveva fatto breccia.
Da scrittore a sceneggiatore la trasformazione lo porta ad esordire come regista, prima con un corto di otto minuti (‘Arkane’) poi con il suo primo lungometraggio, ‘The vigil’, appunto.
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Uscito nel 2019, premiato al Toronto International Film Festival, successivamente acquistato e distribuito nel 2020 dalla prolifica e ormai famosa casa di produzione Blumhouse il cui Il fondatore, Jason Blum, vedendolo ha dichiarato:
“Ogni tanto ti capita di vedere un film che ti afferra e ti scuote. The Vigil ha fatto questo con noi”
Yakov Ronen (Dave Davis, 1989) è un ragazzo in piena crisi mistica. Allontanato dalla propria fede ebraico ortodossa non riesce a trovare un lavoro che gli permetta di sopravvivere e quando l’amico rabbino Reb Shulem (Menashe Lustig) gli offre di fare lo shomer (il guardiano) per quattrocento dollari, non riesce a rifiutare.
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La figura dello shomer risale alle radici più antiche della religione ebraica. Quando un membro della comunità muore, è necessario che il corpo sia vegliato da un guardiano che, recitando degli antichi salmi, tiene lontano le entità malvage. Quello che Reb e Yakov ignorano è che il trapassato, sopravvissuto per miracolo alla Shoah, è stato perseguitato da anni da un mazik (un antico demone parassita attratto dal dolore). Yakov, respingendo le ammonizioni della vedova Lytvak (Lynn Cohen, ‘Sex and The City’, ‘Hunger Games’) decide comunque di passare tutta la notte a vegliare la salma.
Tutta la prima parte della pellicola è coinvolgente e allo stesso tempo terrificante. Il gioco di luci all’interno della vecchia casa fa scorgere ombre e movimenti anche dove non ci sono. Una particolare attenzione alla scala stretta e buia che sale fino al piano superiore; l’ho trovata più paurosa di qualsiasi altra scala che conduce di solito al seminterrato.
Dave Davis interpreta alla perfezione il ruolo del ragazzo combattuto e traumatizzato. Purtroppo qualcosa scricchiola e stona durante la seconda parte; è come se mancassero dei tasselli, il ritmo viene alterato e ciò che prima scorreva fluido inizia a saltare fino ad arrivare un finale quasi scontato. Nonostante tutto il prodotto rimane valido. Strizzando l’occhio al classico ‘L’esorcista’ di William Friedkin (1973) possiede un’energia nuova, tipica degli ultimi lavori che rimpolpano ultimamente il cinema horror. La fusione di elementi antichi si sposa alla perfezione con l’attualità lasciando allo spettatore una manciata di domande introspettive.
Le curiosità
Il ricordo più traumatico del protagonista è ispirato ad una scena realmente accaduta sotto gli occhi del regista, a New York.
Il protagonista Dave Davis è stato scelto dal produttore dopo aver visto la sua performance nel film ‘Bomb City’ (2017) sulla piattaforma Netflix.
Oltre a ‘L’Esorcista’, Keith Thomas si è ispirato a ‘Allucinazione perversa’ (1990) di Adrian Lyne e a ‘Possession’ (1981) di Andrzej Zulawski.
L’esordiente regista è stato contattato per girare il remake di ‘Firestarter’ il romanzo di Stephen King del 1980, uscito su grande schermo col titolo ‘Fenomeni paranormali incontrollabili’ con una giovanissima Drew Barrymore.