In questi anni su Nemesis Magazine ho bussato a molte porte—alcune hanno risposto con un soffio gelido, altre con una risata strozzata—e ogni volta ho capito che l’orrore non è un genere, è una geografia interiore, una mappa di cicatrici che impariamo a leggere al buio. Qui, nella casa che sta per spegnere le luci, voglio accendere l’ultimo fiammifero: sei film, uno per ogni anno, scelti non per capriccio ma perché hanno messo d’accordo critica e pubblico, quei due fantasmi che raramente siedono allo stesso tavolo senza far cadere i bicchieri. Le loro voci arrivano da una stanza chiamata Rotten Tomatoes, dove il brusio delle percentuali diventa coro, e il Tomatometer batte come un cuore dietro il muro, con l’Audience a fargli eco dall’altra parte della porta. Non è una classifica per decretare chi vive e chi muore: è un rito di commiato, un invito a riascoltare gli scricchiolii del pavimento, perché ogni passo che abbiamo fatto insieme dentro il buio continua a riecheggiare anche quando usciamo all’aria fredda della notte.

‘His House’ (2020)
Le case hanno una memoria più lunga dei proprietari: trattengono il sale delle lacrime nei muri, l’eco dei passi di chi non c’è più e ti confondono con i sussurri e lo scricchiolio dell’intonaco che cede nell’oscurità. In ‘His House’, primo lungometraggio del regista Remi Weekes (2020), la porta non separa il dentro dal fuori, ma ciò che è vivo da ciò che è vissuto: ogni stanza rappresenta una ferita, ogni corridoio un ritorno al passato, e l’orrore è la lingua che il trauma utilizza per farsi capire.
Remi Weekes non punta allo jump scare (puoi approfondire qui) ma al senso di colpa: i volti che emergono dalle pareti non chiedono vendetta ma uno spazio permanente nella memoria. La casa che si scolla e si ricompone, che cade a pezzi, è il corpo del migrante che, mentre cerca un posto sicuro nel mondo si divide in tre: chi eravamo, chi siamo diventati per sopravvivere e chi non potremo più essere. Quando la verità finalmente si mostra non c’è un esorcismo, ma solo una consapevolezza: abitare significa accettare che certi fantasmi non se ne andranno, ma potranno smettere di urlare se li chiamiamo per nome, a bassa voce, mentre riappendiamo i quadri sui chiodi giusti.
Il film, con 127 recensioni da parte della critica, ha ottenuto il 100% delle recensioni positive.

‘Candyman’ (2021)
Fortunatamente il genere horror si è evoluto nel tempo, non solo adattandosi agli usi e ai costumi del periodo ma, come in questo film già recensito nel lontano 2021 (qui la recensione completa), diventa uno strumento per affrontare tematiche ben precise. La strada è segnalata da scie di sangue e cadaveri, ma se si affonda la pala nel terreno smosso, ci si accorge che il vero mostro non è sempre colui che ti aspetta al buio con un uncino arrugginito. Il vero mostro è l’essere umano. Colpevole di ogni crimine contro la natura e contro sé stesso.

‘X: a sexy horror story’ (2022)
Il regista Ti West riporta in vita con ‘X’, primo di una perfetta trilogia che intreccia le storie dei due personaggi principali, Maxine e Pearl, interpretati da un’incredibile Mia Goth (‘Nymphomaniac’ del 2013), il genere slash, dimostrando che è ancora capace di stupire. L’America rurale di fine anni Settanta si trasforma in un altare di fieno dove la cinepresa, condotta dalle mani esperte del regista, immortala i colpi di rasoio che squarciano il confine tra il desiderio e l’inconscio fino a far sanguinare la pellicola come pelle bruciata dal sole. Mia Goth si sdoppia e ci mette davanti ad uno specchio che non vogliamo guardare, ma che in un modo o nell’altro non riusciamo ad ignorare. Il film è un’autopsia dei nostri appetiti: il sesso come fuoco di bivacco intorno a cui si raccontano bugie, l’orrore come verità che arriva tardi ma arriva, e trova tutti ancora seduti, con la cinepresa puntata addosso.
La critica lo ha accolto con un punteggio di 94% su un totale di 230 recensioni.

‘Talk to me’ (2023)
Mia (Sophie Wilde) e i suoi amici Jade e Riley, durante una festa, decidono di provare un gioco pericoloso che consiste nell’evocare gli spiriti usando una mano imbalsamata.
Da poco orfana di madre, spera di contattare il suo spirito attraverso una stretta di mano.
‘Talk to Me’ è il film che ti ricorda perché a certe feste è meglio arrivare tardi e andare via presto: meno tempo per stringere mani sbagliate, soprattutto se sembrano souvenir di un obitorio.
La storia, originale e coinvolgente, affronta il tema del lutto, l’elaborazione del dolore e la fiducia, regalando al tempo stesso dei bei balzi sulla sedia.
Il film è stato presentato in anteprima al Melbourne International Film Festival nel 2022, e ha ricevuto ottime recensioni dalla critica raggiungendo un punteggio di 94% di consensi su 282 recensioni.

‘Late night with the devil’ (2024)
Questo film, scritto e diretto dai fratelli Cairnes, si presenta travestito da documentario ambientato negli anni Settanta.
Nel bel mezzo di una trasmissione televisiva, in diretta durante la notte di Halloween, si solletica il diavolo con un medium, una parapsicologa e l’unica superstite di una setta che, anziché passare la serata a giocare a Risiko, decide di suicidarsi in massa.
Le dirette sono un patto col diavolo: prometti attenzione in cambio di verità, ma finisci per offrire verità in cambio di attenzione.
La vera attenzione è tutta per lo spettatore che, incollato alla poltrona, aspetta impaziente che arrivi il momento più atteso e il brivido vero arriva, ma non è il demone in studio, è la calma con cui la regia gli lascia spazio; e quando le luci calano, resta la domanda scomoda: abbiamo assistito a un rituale occulto, o semplicemente al programma più onesto mai trasmesso?
‘Late night with the devil’ ha raggiunto un punteggio di 97% dei voti su 238 recensioni della critica.

‘Sinners’ (2025)
L’ultimo film di Ryan Coogler (Black Panter 2018) è un vero e proprio elettrocardiogramma di emozioni musica e orrore. Gioca a poker con la morale e vince perché è capace di bluffare: non ti mostra il peccato ma ti fa indovinare chi si diverte davvero a discapito di tutte le apparenze.
I due gemelli Moore (Michael B. Jordan) tornano in Mississippi, dopo aver lavorato per la malavita italo-americana. Carichi di denaro e voglia di investire iniziano un lungo percorso disseminato di ostacoli di questo mondo e no.
L’intelligenza è tutta nell’architettura: ogni scena trattiene la tensione fino alla fine, le battute sono pesanti e avvelenate. ‘Sinners’ è pungente, perché invece di offrire l’assoluzione ai tuoi peccati, ti lascia sulla soglia a chiederti se il vero castigo non sia proprio quello di assistere, immobili e compiaciuti, al peccato degli altri. In fondo, la tentazione più forte resta quella di guardare fino in fondo e senza mai pentirsi.
Sinners’ è un film ambizioso che non si accontenta di spaventarci, ma vuole far pensare, sentire, scavare nelle tensioni tra peccato, redenzione e identità culturale.
La critica lo ha premiato con il 97% delle recensioni positive su un totale di 412 recensioni ed ha collezionato oltre venticique mila recensioni verificate da parte del pubblico con un voto finale di 96 %.
Saluti
Abbiamo attraversato cantine, vicoli bui e case infestate che odorano di muffa, funghi e terra bagnata. Se Nemesis Magazine spegne la luce, i film continuano a brillare nel fosforo della memoria. Tenete questa bussola: quando cercate un brivido vero, guardate dove critica e pubblico si stringono la mano—non per avere ragione, ma per trovare risonanza. E poi tornate a raccontarlo: le storie hanno bisogno di lettori per restare vive.
 
			 
    	




 
							





