Una guerra. Un’altra guerra. Nel 2022 una vera guerra è qualcosa che suona come un’aberrazione. E lo è. Dopo una pandemia mondiale che evidentemente non solo non ci ha reso migliori ma non ci ha insegnato nulla sul valore della vita, Kiew si è svegliata sotto le bombe.
Colonne di fumo si levano dalle strade martoriate. Si fa fatica a crederci. Le immagini delle code di auto interminabili, in fuga dalla città, sono state diffuse da tutti i media. Chi c’è in quelle auto? Ci sono insegnanti e alunni, panettieri, impiegati, idraulici, allenatori, grafici, ballerini. Ci sono persone, uomini, donne, anziani e bambini, accomunate da un’unica cosa: la paura.
Come può non essere una sconfitta per la civiltà assistere a immagini come queste? La guerra di pochi a danno di molti, il conflitto che genera profitto e procura vantaggi economici, rafforza rapporti di potere, garantisce poltrone e alleanze per chi, con una parola o un gesto qualunque, è capace di sconvolgere e annientare l’esistenza altrui. La guerra di chi non pagherà per le macerie che lascia da ripulire a nuove classi subalterne cui promettere opportunità che non arriveranno mai e che non è minimamente disposto a concedere.
Questo succede nel cuore dell’Europa, lacerata ancora una volta dopo così tante che le cicatrici non possono più essere nascoste dalla promessa di unità.
Ancora una volta la gente comune, che subisce la follia di pochi uomini può solo fuggire. E noi possiamo solo sperare nel danno minore possibile, consci che non sarà così per nessuno di loro e che per anni si dovranno fare i conti con devastazione, lutto e nuovi ricatti politici.
Una parte dell’umanità opera per la distruzione, una parte dell’umanità ha perso di vista il primario obiettivo della sopravvivenza e con esso il senso della vita stessa.
Siamo vicini alla comunità ucraina.