“Sono felice di questa ripresa, l’abbiamo aspettata tanto e per troppo tempo, non ci credevo quasi più!”, dichiara – visibilmente emozionato – Mario Faticoni durante la cerimonia organizzata per la tanto attesa riapertura al pubblico del Teatro dell’Arco, mercoledì 25 ottobre.
Una data che entrerà di diritto negli annali cagliaritani. Lo storico spazio al civico 45 di via Portoscalas, costruito dai Gesuiti nel ‘700 e fondato da Faticoni stesso nei primi anni ’80, ha rivisto la luce dopo più di vent’anni. Per almeno due decenni sede ufficiale della compagnia teatrale “Il Crogiuolo”, anch’essa costituita da Faticoni in quegli anni, col passare del tempo il teatro è stato protagonista involontario di vicende burocratiche complesse e a tratti rocambolesche.
Chiuso dal 2002 per volere della Soprintendenza ai Beni Culturali, che si sarebbe dovuta occupare dei lavori di ristrutturazione, il Teatro dell’Arco ha però riaperto le sue porte solo in questo autunno. Il merito è del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari che – previa acquisizione dal Demanio – l’ha restituito alla città con l’impegno di rispettarne la funzione culturale.
A credere nell’iniziativa è stata soprattutto l’archeologa Maria Antonietta Mongiu, parte del Cda del Museo, che nel discorso di apertura, insieme col direttore Francesco Muscolino, ha ribadito l’importanza dello spazio anche come polo identitario di un quartiere, quello di Stampace, che negli anni ha conosciuto un fervore culturale di spessore via via crescente.
La serata – che rientrava nel progetto “La musa Euterpe nei luoghi della memoria ritrovata” – ha ospitato l’Arciconfraternita del Gonfalone che si è esibita intonando “Is Goccius de Sant’Efis”, per poi proseguire con gli intermezzi poetici di Faticoni e di Giancarlo Buffa, entrambi artisti e donatori al museo. Il primo si è esibito nel recital “Ballata per Rosa Fae” tratto da “Quelli dalle labbra bianche”, di Cicitu Masala, e il secondo con “Questo morto scomunicato”, di Benvenuto Lobina. A seguire, l’Ensemble Blues ha animato la manifestazione con tanta buona musica.
Calorosi i riscontri ottenuti in una sala quasi al completo, come non la si vedeva da tempo. È infatti doveroso riconoscere e ricordare che Faticoni ha creato – in quegli spazi – un tipo di teatro che è stato un esempio di cultura e di arte per tutti.
Sia negli spettacoli prodotti che in quelli ospitati fu generoso nell’offrire il palco tanto agli operatori dello spettacolo isolani quanto a chi – all’epoca – calcava la scena nazionale, come Rino Sudano e Luca Coppola. Sono stati anni in cui il pubblico stampacino aveva il privilegio di condividere la platea con personalità del calibro di Natalia Ginzburg, invitata ad assistere alla prima cagliaritana del suo “Dialogo”. Per lungo tempo – inoltre – l’Arco è stato determinante nella formazione di giovani allievi e allieve, contribuendo a scrivere un pezzo significativo di storia del teatro sardo.
È desiderio del Museo Archeologico che il teatro conservi inalterata la denominazione, che gli deriva dall’arco della torre pisana adiacente, aspetto che sottolinea la volontà di dare continuità alle azioni passate e che si spera possa attribuirla anche a quelle future.
Gli interni in cui si è svolta la manifestazione si presentano diversi da come erano in origine, segno che i tempi sono inevitabilmente cambiati. La sala che ospitava il palco e la platea, dopo i lavori di ristrutturazione, ha mantenuto il palco e ha sostituito la platea con una scalinata che conta numerosi posti a sedere.
È impossibile festeggiare il lieto evento senza guardarsi indietro e senza considerare tutto quello che l’Arco ha rappresentato per Cagliari e per la Sardegna intera. Ora il copione è innegabilmente cambiato, ma la memoria resta, e conferisce alla riapertura un forte valore simbolico.