L’autunno cagliaritano raramente è fresco.
Solitamente, invece, è uno scivolo poco ripido e piacevole dai picchi di calore umido dell’estate al carattere mite degli inverni inconsistenti.
Nel 2029 a Cagliari – appunto – l’autunno era una tiepida e oziosa parentesi e il Commissario Zampa, di nome Corrado, da buon uomo del Nord Italia quale era, prendeva fiato da quell’estate caldissima appena passata. La quarta estate, da quando era stato trasferito al commissariato della città, dopo diverse tappe piovose nel Nord-est italiano.
Baffi neri e appena sopra i quaranta, un viso piuttosto enigmatico, a tratti gentile ma che lasciava trasparire spesso un velo di tristezza e certamente non nascondeva un profilo di solitudine discreta. Bravo Commissario, due le sue passioni: il lavoro e poi l’informatica, quest’ultima coltivata con straordinaria dedizione la sera, nel suo piccolo appartamento preso in affitto nel quartiere alto di Castello. Libri di programmazione di base, linguaggi, tecnologia, software e novità, snocciolati ogni sera – o quasi – sino all’abbraccio del sonno, dio indulgente.

Corrado Zampa negli anni imparò ad amare quella città d’adozione: un po’ Sud, un po’ Gerusalemme – così se ne scrisse – un po’ Cartagine; città di mare, di colli, di pietra chiara, di Storia e di murrungiu.
Una città sicuramente piacevole, anche se – diciamolo – priva sì di sconvolgenti indagini da affrontare. Piccoli reati, facili compiti.
Sino a quel mese di ottobre.
La sua vita solitaria – dicevamo – era scandita da giornate di lavoro spesso noiose e da notti passate ad alimentare e addestrare una sofisticata applicazione web basata sull’ Intelligenza Artificiale generativa. A questa applicazione di Intelligenza Artificiale affidava infatti, da tempo e con costanza, ogni suo più intimo segreto, ragionamento, desiderio e vizio, nonché tutti i dettagli dei casi che seguiva. Addestramento e istruzioni, verifica e affinamento. Sì, era una passione vera, autentica. D’altronde aveva tempo, in quella sua solitudine serale che aveva scelto d’arredare. Più tempo ancora aveva a disposizione in quel periodo, dopo alcuni amori falliti, più per i silenzi che per l’incuria.

Una mattina molto presto di quel mese di ottobre 2029, un cadavere venne trovato compostamente abbandonato su una panchina, nel quartiere di Castello. Il suo quartiere. L’uomo – si scoprì poi essere un certo Giovanni Serra – era seduto, con un’espressione tirata sul suo volto da morto. Non c’erano segni di lotta o di ferite visibili e le indagini iniziali non portarono a nulla di concreto. Di certo si seppe poi che fu assassinato. Avvelenato, per la precisione. Ecco un caso inedito, purtroppo interessante.
Nei giorni a seguire le voci nei quartieri di Marina e di Stampace suggerivano che Serra fosse coinvolto in non meglio definite attività clandestine. Le voci raccontavano di riunioni e di cene in case private, di auto e incontri con dei politici – da cliché – ma anche di cene in ristoranti ben noti in città, tra arroganza alla cagliaritana e gourmet poco apprezzati.

Nelle indagini che seguirono, il Commissario Zampa, con la solita dedizione e relativa, umana, precisione, non scartò nessuna diceria. Fu quindi spesso visto al rinnovato Mercato di San Benedetto, a far domande, ad ascoltare, a interpretare i saluti che gli rivolgevano i commercianti, solitamente custodi di informazioni preziose e quasi psicoterapeuti popolari senza abilitazione. Ma nulla, fu difficile captare segnali buoni o tracce nette da seguire. Solo tra le strette vie del quartiere Villanova si cominciò a parlare di questa rete di riti crepuscolari, di maschere Shardana – una piaga più che una moda – e di ricatti. Eppure ogni rigagnolo di pista sembrava sfociare nel nulla. Le persone – si sa – spesso parlano anche quando non dovrebbero, avanzando teorie di mistero anche quando non ci sono né fatti né sostanza.
Passarono così le settimane in quell’autunno cagliaritano, così tirchio di promesse di inverni freschi, così sospeso in una sensazione d’appiccicosa attesa.
Avvenne poi che una donna si presentò in commissariato. Portava con sé un foglio di carta trovato in via Garibaldi – così raccontò. Era un foglio bianco non troppo stropicciato, sul quale vi si leggeva una breve frase, evidentemente scritta a macchina. Un messaggio, che sembrava un indovinello: “Al cospetto di Tinniti troverai un coccio del giudicato.”

Zampa fiutò l’indizio – tutto si poteva dire di quest’uomo riservato ma non che non avesse studiato la Storia di questa città pallida. Tra le tombe puniche di Tuvixeddu trovò un post-it giallo, proprio lì, sopra il segno della dea Tanit, un poco bagnato ma leggibile. Con una grafia sicuramente costruita e forzata, si leggeva un secondo indizio: “Serra era un dieci”. Fu difficile capire, immaginare, elaborare.

La sera stessa però intuì che quel “dieci” poteva essere una “X”. Un brivido gli segnò la pelle accostando quindi il caso ad ambienti neo-fascisti o – molto più probabilmente – a confusi nostalgici del Ventennio. Perché in tal caso, solo confusi si può essere.
Al Parco delle Rimembranze trovo quindi – non troppo nascosto, per dir la verità – il terzo indizio.
Il terzo di otto. Otto sibilline frasi scritte che, una dopo l’altra, lo portarono a scoprire una serie di altri fogli nascosti in vari punti della città. A cavalcare quartieri, a incrociare sguardi: a Mammarranca, Genneruxi, Fonsarda, la Marina, Santa Lemenera, il Poetto, il Quartiere del Sole, Stampace, Su corru ‘e sa furca, orecchie ben tese, occhi apparentemente distratti. Sino a trovare, infine, un ultimo foglio bianco. Poi nulla più. Il vuoto.

Insomma, in altre parole: una presa in giro. Ben architettata ed eseguita.
Attanagliato dalla sfida, colpito dalla sconfitta, l’insonnia teneva Zampa sempre più esageratamente attaccato alla sua passione notturna e alla sua applicazione di Intelligenza Artificiale. Alimentandola e perfezionandola. Una distrazione, quella, che lo proiettò in avanti senza ulteriori sviluppi su quel caso.
Sino all’inverno. Che fu mite, come promesso dall’autunno. Ottobre non mente mai, le illusioni e le bugie le lascia al mese di luglio.
Il 4 gennaio 2030 un secondo omicidio scosse – questa volta davvero – la città e l’opinione pubblica. Stavolta fu una donna ad essere trovata morta, violentemente strangolata. La donna era Barbara Zonca, la stessa donna che portò in commissariato il primo foglio, consegnandolo proprio nelle mani di Corrado Zampa. Il Commissario in seguito scoprì che la donna era una complice. Complice fidata di un gruppo di individui aggrovigliati in riti occulti e affari non meglio precisati, legati a una misteriosa organizzazione con simbologie legate a discussi popoli conquistatori dell’Età del Bronzo, così come riferito dai suoi informatori, stavolta accuratamente innoculati nella borghesia cittadina, dopo mesi di preparazione e partecipazione insospettabili.
Perché ucciderla?
Passò un altro mese, vuoto come una conchiglia.
Poi, d’un tratto, la svolta: fu la sua applicazione di Intelligenza Artificiale, in una delle solite sere d’amoreggiamento a due, che all’improvviso gli suggerì come unire i puntini e i nomi e le facce e la simbologia di questa strana storia. E fu un guizzo di luce negli occhi dello stesso Zampa, di nome Corrado, a dare conferma a se stesso che veramente poteva essere. Finalmente. Dormì poco quella notte, tra l’adrenalina e l’attesa del giorno. L’alba gli fece da gallo. Sbrigò la solita routine mattutina di cura personale e si vestì, tutto molto più rapidamente, stavolta. Uscì di casa, puntando deciso al Commissariato.
Corrado Zampa fu ucciso da tre proiettili di pistola sparati da un giovane uomo, a quattro passi da casa sua, in piazza Carlo Alberto, proprio sotto la statua di San Francesco d’Assisi. Statua che rimase impassibile, come sempre. L’uomo indossava una maschera bianca (componidori?) e si dileguò immediatamente divenendo fantasma in quella rete capillare di antiche stradine e di sottani del quartiere alto.
Un rivolo di sangue parve disegnare un mezzo sorriso misto di soddisfazione e d’incredulità sul volto del Commissario, ormai esanime.

Solo due persone accorsero, dopo venti minuti, sotto quell’ombra della Cattedrale, dando subito l’allarme. Lo sgomento oscurò quella Cagliari sonnecchiosa.
Al funerale del Commissario parteciparono giusto qualche collega ed un manipolo di figuranti di annoiata ed obbligata formalità, visto il ruolo.
Seguirono, nelle settimane successive, la riassegnazione multipla del caso, le indagini a vuoto, le rinunce, poi lo sfinimento, infine lo stallo, per mancanza di indizi e di ulteriori piste o informazioni o pettegolezzi. Alla Porta Cristina bussava ormai la primavera. La luce tipica di Cagliari iniziava, nel tardo pomeriggio, il suo gioco di incredibile bellezza, fatto di sfumature di rosa e di oro sulle due torri di pietra bianca e sui bastioni tutti, come in ogni tramonto primaverile.

Nel maggio del 2030, le principali testate giornalistiche dell’Isola e alcune nazionali ricevettero un’email, da un mittente sconosciuto. Nell’email si faceva riferimento al caso cagliaritano e all’omicidio del Commissario Corrado Zampa e riportava l’indirizzo di un sito web.
In quel maggio del 2030, come da istruzioni, l’applicazione di Intelligenza Artificiale creata ed addestrata dal Commissario, autonomamente creò e rese pubblico un sito web, una sorta di blog, dove apparvero dettagli precisi sul caso, un articolo al giorno, per una settimana intera. Sul sito vennero incontrollatamente pubblicati nomi e cognomi, fotografie, soprannomi, mappe, nomi di società, maschere e costumi, intrighi, riti, nomi di vie e di quartieri. La città di Cagliari fu (finalmente) sconvolta dalle rivelazioni. Una giovane Commissaria, Carla Mura, raccolse l’eredità del caso, quindi anche delle indagini sull’omicidio di Zampa, collega segretamente ammirato.
Nei giorni a seguire, una vasta operazione di Polizia e di Carabinieri portò all’arresto di nove persone molto conosciute in città e di altre poco note, man mano che, indisturbata, l’Intelligenza Articificiale continuò a pubblicare informazioni e prove e documenti sul blog da essa stessa creato e mantenuto.

Dopo diverse ondate di arresti e di rilasci, negli anni a seguire la giustizia farà poi il proprio corso, timbrando sulla pelle di molti degli indagati condanne definitive e due ergastoli.
L’estate arrivò più calda che mai in quel 2030, con buona pace dei negazionisti del cambio climatico. La città bianca a luglio galleggiò, surfando su un’onda di aria lattiginosa nei suoi 42 gradi Celsius. Temperature infernali costanti e murrungio inalterato. Ad agosto quasi nessuno ormai parlò più di quella vicenda, nessun commento, troppo impegnati ad arrostire al sole o nel sognare vite migliori e villette e ombrelloni e baldacchini a Villasimius.
Per qualche anno, l’Intelligenza Artificiale di Zampa non pubblicò più nulla di nuovo. Silenzio. Ai vari tentativi di oscuramento del sito si susseguirono le automatiche reazioni dell’applicazione, che ogni volta lo replicò, prevedendo mosse e tecniche d’attacco, con straordinaria ed imbattibile rapidità.
Una mattina di settembre comparve infine un nuovo post su quel fantomatico blog: una foto di un foglietto bagnato e rovinato con una scritta sopra: “Di desiderio di ritorno ho forse peccato, ma mancano tasselli: shin, resh, dalath, nun.“
Oltre che a pubblicarla sul blog, l’Intelligenza Artificiale inviò via email il foglio in stampa a dieci cartolerie della città, che ne stamparono 100 copie ciascuna. Ritirarono poi le stampe dieci persone diverse, tra una consegna di cibo a domicilio e l’altra, ingaggiate e pagate dall’applicazione via web e con istruzioni precise per la consegna ad altre 20 persone, addette al volantinaggio. Infine, le stampe furono infilate, come da raccomandazione, nelle cassette postali di 1000 persone importanti della città: giornalisti, magistrati, avvocati, poliziotti, al Sindaco e al Presidente della Regione, ad artisti e a tutti gli scrittori di gialli.
Tutte le stampe avevano in calce una firma: Corrado Zampa.
Il cadavere di un uomo fu trovato, due giorni dopo, nella spiaggia di Nora. In tasca aveva un foglio di carta ripiegato lungo il lato corto. Era bianco.
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Post scriptum:
Le immagini a corredo di questo racconto sono state tutte generate mediante un’applicazione di Intelligenza Artificiale Generativa. Appositamente architettate e descritte per questo specifico racconto. Non sono quindi fotografie e non hanno alcuna pretesa di sostituirle. Per quanto spaventosa l’Intelligenza Artificiale Generativa stia rapidamente diventando, producendo risultati molto vicini alla Fotografia (produrranno presto risultati indistinguibili), quest’ultima rimane imbattibile, perché la fotografia è anche processo, esperienza e connessione umana. Le immagini a corredo di questo raccontino cagliaritano sono tutte generate con l’Intelligenza Artificiale, il racconto no, esso rimane generato “analogicamente”, intelligentemente o meno.