E’ dedicato a Gino Strada, il medico chirurgo fondatore di Emergency scomparso un anno fa, “Maledetti pacifisti, come difendersi dal marketing della guerra“, il nuovo libro del giornalista Rai Nico Piro pubblicato pochi mesi fa da People. Una scelta, la dedica, ben dichiarata nell’introduzione del libro: “Se vogliamo ricordare Gino Strada c’è solo una cosa da fare: continuare il suo lavoro. […] Non sono un medico, non sono un politico, sono un giornalista. Il mio pezzettino, la mia gocciolina, è provare a raccontare la guerra per quello che è: merda, sangue, morte e dolore”.
Nelle 160 pagine del libro, presentato nei giorni scorsi a Cagliari dal Comitato No Guerra e Anpi Provinciale e a Iglesias dal Giardino della Biodiversità, Comitato riconversione RWM, Emergency e Warfree, scorrono i racconti di chi da tempo la guerra la vede da vicino, prima come inviato in Afghanistan, testimone dei momenti più drammatici per l’Italia come il rapimento del giornalista Daniele Mastrogiacomo nel 2007 e l’uccisione di sei paracadutisti il 17 settembre 2009 a Kabul, poi a Mosca durante il recente conflitto tra Russia e Ucraina. Un punto di vista che permette a Nico Piro, salernitano di 51 anni, di “smontare la narrazione della guerra che ci stanno spacciando come male necessario dall’alto valore morale” e provare a fornire all’opinione pubblica gli strumenti per distinguere la verità dalla rappresentazione e districarsi tra un mare di notizie non sempre obiettive, racconti parziali e punti di vista presentati come verità assoluta.
“Se i politici dicessero la verità ai propri elettori dovrebbero raccontare che la guerra che hanno deciso di comunicare conterà nove civili su dieci vittime, tra morti e feriti. A quel punto nessuno li sosterrebbe nell’avviare nessuna guerra” Gino Strada
E guardando alla guerra tra Ucraina e Russia, si è diffuso in Italia quello che Nico Piro chiama il PUB, il pensiero unico bellicista, che riduce una guerra a due sole fazioni opposte e non ammette dubbi e discussioni: “Dal 24 febbraio in poi, per la prima volta dopo i conflitti nella ex Jugoslavia, in Afghanistan, Iraq, senza dover arrivare ai tempi del Vietnam, nel nostro paese viene abolito il dubbio (sulla guerra come strumento di risoluzione delle controversie) e vengono cancellate le voci a favore della pace”.
I pacifisti, i “maledetti pacifisti”, vengono ignorati, tacciati di essere utopisti, naif, poco concreti, e vengono esclusi completamente dal dibattito pubblico che ormai da voce solo a chi è contro o pro Putin, accanto all’Ucraina o contro di essa. L’ìnvio delle armi deciso dal Parlamento italiano con soli 16 voti contrari è scontato, nonostante gli effetti disastrosi che potrebbe avere come insegna il conflitto afghano. La pace non è più un’opzione, la diplomazia esclusa: il Paese pare aver dimenticato l’articolo 11 della Costituzione “L’Italia ripudia la guerra” e diventa cobelligerante con l’Ucraina mentre contemporaneamente i media occidentali diffondono una visione parziale del conflitto con processi mediatici sommari e superficiali. In questo disastroso contesto di guerra, i civili continuano a morire e quello che in tanti raccontavano come una guerra lampo si sta “afghanistizzando”, trasformato in un “pantano dal quale diventa sempre più difficile tirarsi indietro, una barbarie dalla durata indefinita, candidata all’oblio mediatico”.
(La foto è di Domenico Giannantonio)