“Maledetta la legge fatta per i maschi e Jahvè che mi ha fatto femmina!”, tuona una giovanissima Maria di Nazareth cui è vietato studiare, destinata com’è al solo matrimonio ai fini riproduttivi, nell’ultimo – attesissimo – film del regista cagliaritano Paolo Zucca, “Vangelo secondo Maria”, presentato mercoledì 22 in anteprima a Cagliari, al Cinema Odissea di viale Trieste.
Un adattamento cinematografico tratto dall’omonimo romanzo di Barbara Alberti, girato interamente in Sardegna, con il contributo della Regione Autonoma della Sardegna e il sostegno di Sardegna Film Commission, firmato Sky original, per una produzione La Luna, Indigo film e Vision Distribution, da giovedì 23 in oltre trecento sale d’Italia.
Audace nel riproporre la storia tramandata dalle Sacre Scritture con piglio incredibilmente attuale, il regista confida alla stampa di aver trovato in Sardegna la sua Nazareth, così come Pasolini, prima di lui, la incontrò a Matera, per le riprese de “Il vangelo secondo Matteo” (1964).
Un film germogliato in verità 15 anni prima, quando fu proprio la Alberti a contattare Zucca, estasiata dalle riprese avvenute durante un suo precedente cortometraggio, in cui si innamorò dei paesaggi e si persuase fossero perfetti per la trasposizione cinematografica del suo romanzo più importante, che desiderava – appunto – affidare al regista de “L’arbitro”(2013) e “L’uomo che comprò la luna” (2018). Ma i tempi non erano ancora maturi per raccontare in chiave cosi moderna e con toni tanto provocatori la vita della donna designata a dare alla luce il figlio di Dio.
Benedetta Porcaroli presta il volto – bellissimo e indomito – alla protagonista, Maria, che ha sulle spalle tutto il peso del film. Si tratta di una delle sue interpretazioni più mature, e forse migliori, in cui si libera dei ruoli adolescenziali di figlia e studentessa, ritagliati su misura della giovane età.
Qui è la ragazza che si ribella al disegno del padre (prima), che la vuole dare in moglie vendendola in cambio di poche pecore, e di Dio (poi), quando finalmente fuggita dal destino miserevole che la attendeva, sposa Giuseppe con il tacito accordo che sarebbe stata una unione casta, finalizzata a ottenere da lui, uomo saggio, l’istruzione sufficiente per affrontare il viaggio in Egitto che l’avrebbe resa libera, finalmente lontana dalla sua terra d’origine.
“Meglio un’allieva entusiasta che una moglie svogliata”, commenterà la giovane nel tentativo di convincere il vecchio scettico a combinare comunque le nozze.
Ma il destino, si sa, scompagina i piani e quando i due si innamorano e decidono che è ora di spezzare l’equilibrio maestro – allieva, l’arcangelo Gabriele annuncia la gravidanza a opera dello Spirito Santo.
Alessandro Gassman, nel ruolo di Giuseppe, è il perfetto contraltare alla figura femminile acerba capace – dopo due soli incontri – di sottrarlo al destino solitario.
Ciò che più colpisce sono l’attualità e la forza delle reazioni di Maria, che contribuiscono a renderla credibile: parrebbe una ragazza di oggi nell’assicurarsi la stessa istruzione riservata agli uomini, nel pretendere di poter viaggiare sola e di vivere la vita compiendo in autonomia le proprie scelte, senza imposizioni altrui.
La Sardegna pulsa dentro a questo film. Paesaggi del quotidiano paiono incantati, e diventano scenari di annunciazioni bibliche, come il Bastione Saint Remy, le terme di Fordongianus, tutta la penisola del Sinis, con musiche in sottofondo che richiamano alla mente un altro amore: quello che un artista come Pinuccio Sciola provava per le pietre, perché il loro suono è quanto di più astrale ci sia.
Una recitazione a tratti iconografica e con richiami pittorici moderati contribuisce a rendere il film evocativo e i frame in sardo ne esaltano questo aspetto e ne sigillano l’originalità rispetto ai soliti adattamenti del deserto marocchino. La siccità, il vento, complessi megalitici sono parte integrante di una storia conosciuta ma incredibilmente nuova.