Capace di pensiero acutissimo e profondo, Antonio Gramsci è l’autore sardo più studiato e tradotto al mondo: a lui sono state dedicate oltre 21 mila pubblicazioni in 41 lingue e la ricerca sui suoi scritti sembra non avere fine. Non solo un grande pensatore e un rivoluzionario, ma un uomo amato anche per la sua grande sensibilità, il suo lato umano, le sue preoccupazioni che lo hanno reso popolare e familiare a tutti noi. Gramsci, nato ad Ales il 21 gennaio 1891 e morto a Roma il 27 aprile 1937, dopo quasi un secolo dalla sua scomparsa non smette di regalare spunti di riflessione per interpretare il passato e il presente. Un percorso diverso per leggere il suo pensiero emerge da “Nuovi sentieri gramsciani”, saggio che l’autore Guido Liguori presenterà in Sardegna con un doppio appuntamento: martedì 24 settembre alle 18 a Ghilarza, negli spazi della bibliomediateca insieme ad Alessandra Marchi, e mercoledì 25 settembre a Cagliari, al Campus Aresu del Dipartimento di Scienze Politiche in via san Giorgio 12 insieme a Sabrina Perra, Patrizia Manduchi, Gianni Fresu e Mauro Pala.
Gli studi più recenti smentiscono il tradimento dai suoi stessi compagni
Professore di Storia del pensiero politico all’Università della Calabria, Guido Liguori è tra i massimi esperti del pensiero gramsciano: presidente dell’International Gramsci Society, rete nata nel 1988 con l’obiettivo di contribuire alla diffusione del pensiero gramsciano e studiare la sua presenza nella cultura contemporanea, ha dedicato al tema anni di studio e diverse pubblicazioni, tra cui l’ultima, “Nuovi sentieri gramsciani” pubblicata da Bordeaux edizioni, 18 anni dopo un altro saggio dal titolo “Sentieri gramsciani”. “E’ un libro del tutto nuovo rispetto allo studio precedente – ci ha detto professor Liguori – che parte dall’analisi di ricerche recenti, da una certa maturità degli studi e da novità interpretative degli ultimi vent’anni. Un esempio? L’incontro con Lenin del 25 ottobre 1922: un punto cruciale nella biografia politica di Gramsci, che resistette all’offerta di Lenin di diventare primo dirigente del Partito comunista italiano al posto di Amedeo Bordiga, rifiutando per onestà e correttezza verso il compagno, a cui fu sempre legato da stima e amicizia”. Anche la visione di un Gramsci tradito dai suoi stessi compagni che non fecero abbastanza per farlo uscire dal carcere viene rivista dalle ricerche degli ultimi anni: “Non c’è nessuna prova a sostegno di questa ipotesi al di là di illazioni e supposizioni, la situazione in quegli anni era difficile ma certamente il Partito comunista italiano e Palmiro Togliatti fecero tutto il possibile per Gramsci, fu la decisa volontà di Benito Mussolini a volerlo lasciare recluso”.
Antonio Gramsci e il suo pensiero “inattuale”
Tra gli indirizzi di studio recenti c’è quello del periodo precedente al carcere, quando Gramsci aveva ben chiare certe idee come la “democrazia dei consigli”, che adattava al Paese il modello dei soviet russi, ma non solo: “Nel mio libro – sottolinea Liguori – parlo di ‘rivoluzione del concetto di rivoluzione’: in largo anticipo rispetto agli anni del carcere e alla teoria sviluppata nei Quaderni del Carcere, già in alcune lettere del 1923 e 1924 leggiamo in Gramsci la differenza tra Oriente e Occidente, tra rivoluzione come insurrezione e rivoluzione come egemonia”.
Tra i temi indagati da Liguori anche l’idea di un “Gramsci inattuale”: “Il nostro tempo, purtroppo, è molto lontano dalle sue idee e dalla sua cultura di fondo – precisa l’autore – con tutti i cambiamenti che ha portato nell’ambito della tradizione rivoluzionaria comunista e marxista resta pur sempre un rivoluzionario, parlava di una società socialista non di una società capitalistica migliorata dato che non credeva che il capitalismo potesse essere migliorato; credeva che si potesse dar vita a una società fondata sulla collaborazione tra esseri umani e sulla proprietà collettiva; possiamo anche dire che Gramsci non era un antifascista come lo intendiamo oggi, nel senso che metteva la lotta contro il fascismo prima e avanti tutto, non era in primo luogo per l’alleanza con gli altri partiti antifascisti ma pensava che la risposta vera al fascismo potesse essere soltanto la rivoluzione comunista. Bisogna guardare in faccia alla realtà e non fare di lui un santino buono per tutte le stagioni”.
Il saggista italiano più studiato al mondo
Gramsci è il saggista italiano più diffuso, studiato e tradotto al mondo: esistono oggi oltre 21 mila pubblicazioni in 45 paesi, quasi 13 mila solo in Italia, con studiosi e scuole ovunque: “Il motivo di questa grande diffusione? Certamente per la grandezza, complessità e vastità del suo pensiero che è interdisciplinare, può essere usato in molti ambiti di ricerca; dopo la fine della Guerra fredda soprattutto in ambiente anglofono alcuni concetti gramsciani, come quello della subalternità, sono stati ampiamente diffusi e in America latina c’è un uso del suo pensiero anche nel dibattito pubblico; in generale è un autore poliedrico e prismatico e molti mettono a frutto le sue pagine nell’economia, nell’antropologia, nella politica, nella critica letteraria”.
Non solo politica, ecco il Gramsci familiare
Antonio Gramsci non è solo un grande teorico e pensatore ma anche un uomo di grande sensibilità, e d’altra parte la prima opera diffusa dopo la sua morte sono proprio le lettere che scrisse a familiari e amici: “I primi scritti di Antonio Gramsci che il mondo ha conosciuto sono le Lettere dal Carcere, pubblicate nel 1947 per volere di Palmiro Togliatti, solo dopo sono arrivati in libreria i Quaderni del Carcere; Di recente è uscita una bellissima edizione delle Lettere per Einaudi curata da Francesco Giasi, più di recente sono stati trovati i temi di classe del giovane liceale: i suoi scritti più intimi e personali sono quelli che hanno contribuito a diffonderne la popolarità tra tutte le persone, emergono gli aspetti più umani che contribuiscono a sentirlo vicino”.