L’etica nella moda è un percorso preso seriamente solo di recente e riguarda la sostenibilità in tutte le sue accezioni, comprese quelle che parlano d’inclusività e attenzione per l’ambiente. Siamo nel 2023 e possiamo finalmente assistere alla nascita di nuovi segmenti stilistici e comportamentali che non rientrano più in nessuna categoria passata, ne sono forse lo sviluppo, ma certamente l’etica nella moda ora è di moda.
Ad esempio per le grandi aziende è una novità eliminare gli sprechi per ritornare a una certa qualità artigianale che fa parte della nostra storia e che rischiavamo di perdere. Ovviamente questa nuova visione avrà bisogno di tempo per evolversi, soprattutto perchè continua ad avere dei costi molto alti per chi la pratica: innovazione e ricerca sui materiali, riduzione degli sprechi e upcycling comportano un lavoro artigianale lungo e certosino.
Ma vediamo insieme alcuni casi che nello specifico ci hanno lasciato perplessi o curiosi verso i cambiamenti di un settore che per sua natura è innovativo quanto volubile.
Borbonese premia l’eccellenza di Mogoro
Uno dei casi più eclatanti che racconta di un passo indietro verso l’alta artigianalità a dispetto della produzione bulimica di cose belle senz’anima è certamente il caso di Borbonese. Il marchio torinese dal 2019, attraverso Officina Borbonese, sostiene i giovani talenti del settore e con la collaborazione della sede parigina della Parsons, nota scuola di design di New York, realizza il progetto Savoy faire lanciato nel 2020 dove gli studenti di fashion design hanno partecipato alla realizzazione di una borsa in edizione limitata che rispettasse i valori del progetto, ovvero la sostenibilità, l’artigianalità, la scelta di materiali a filiera controllata, la valorizzazione di culture locali e l’attenzione verso le imprese a conduzione femminile. Questa edizione conclusasi nella primavera del 2022, ha avuto come tema d’ispirazione la tradizione degli arazzi sardi, ecco perchè Wilda Scanu, responsabile della cooperativa tutta al femminile di Su Trobasciu di Mogoro ha incontrato gli studenti coinvolti nel progetto per tramandare i segreti di una pratica artigianale antica di estrema importanza culturale. Borbonese è una casa di moda italiana che esiste dal 1910, diventata iconica negli anni settanta per il famoso tessuto “O.P.” (Occhio di Pernice), un particolare trattamento della pelle di agnello che crea un effetto micro-maculato, simbolo della storica casa di moda. Il matrimonio tra Su Trobasciu e Borbonese sigillato nel 2022 è senza dubbio l’esempio da tenere a mente se si vuole analizzare il futuro della moda sostenibile in tutte le sue accezioni. Borbonese, pur essendo una casa di moda storica per rinfrescarsi non sceglie una collaborazione che riguarda il profitto e basta come nel caso dei marchi di lusso che producono streetwear (qui la nostra riflessione). Borbonese sceglie i giovani e il territorio, quello sardo in questo caso, perfino per la campagna pubblicitaria scattata a Calasetta e che vede protagonista la visione di Narènte, il duo creativo composto da Lucio Aru e Franco Erre.
Fra i tre prototipi finalisti è stata scelta la borsa Rinasci di Lara Gerlach, realizzata ovviamente da Su Trobasciu e messa in vendita dalla primavera del 2022 in una selezione di boutique Borbonese ed online.
Passato e presente a confronto
L’altro caso che ci riguarda da vicino è senza dubbio l’acquisto da parte di Calzedonia che rileva l’80% di Marras (ne abbiamo parlato qui su Nemesis Magazine).Una riflessione di fine anno è quella che ci conduce all’eterna lotta tra passato e presente come se ci dovesse essere un vincitore. In questo caso l’alta artigianalità di Marras sposa un progetto di democratizzazione del lusso che rende il lusso più inclusivo lasciandoci delle perplessità: sarà ancora Marras un baluardo di artigianalità locale o cambierà prospettiva verso un’esperienza di comunicazione che deve per forza arrivare a tutti?
Il dilemma, se ancora esiste, è tra la moda e l’etica, oggi va di moda avere etica nel consumo come è già successo negli anni Sessanta, ma sembra che sia del tutto nuovo e dunque le grosse aziende cercano di imitare quello che gli artigiani fanno da una vita: produrre poco e bene. Siamo al punto di partenza ora, non vent’anni fa perché risulta sempre complicato trovare un equilibrio tra passato e presente e i primi vent’anni di un nuovo secolo ne determinano il flusso.
Non abbiamo gli occhi sgranati e pieni di stupore verso il futuro come negli anni Sessanta e non siamo confusi come negli anni Novanta per quello che verrà, ora e solo ora potremo vedere da adesso in poi cosa ci regaleranno i ruggenti anni Venti del Ventunesimo secolo.