Stefano Asili, graphic designer sardo scomparso oggi a Cagliari a 58 anni dopo una breve malattia, aveva disegnato più volte i quattro mori della bandiera sarda. Nel novembre 2019 ne pubblicava sul suo sito web www.asi.li alcune versioni accompagnate da un bellissimo testo contro il razzismo.
“Nel corso degli anni ho progettato molte versioni dei Quattro Mori: più stilizzati, ridotti a emoticon tipografici, senza chioma, con i capelli, più gentili, più aggressivi. Sempre con un’invariante fondamentale: che dovessero comunque sembrare mori anche nella malaugurata ipotesi che qualcuno li utilizzasse in negativo (com’è spesso accaduto, e cioè con la pelle chiara: un controsenso. Dovrebbe essere uno dei pochi casi in cui un marchio non ammette inversione di luminosità). Perché questa mia ossessione ai Mori? Perché sono il simbolo della mia terra ed esprimono per me un valore fondamentale: quello della tolleranza e dell’inclusione. È uno stemma che nasce senza radici, di seconda mano, riciclato alla Sardegna dalla Spagna. Raccontava una storia di altri. Ma oggi è nostro, e racconta la nostra. Vederlo regalato a Salvini e alla sua compagnia di razzisti mi fa male. È un pezzo della nostra Africa, del nostro essere meticci. Del mio DNA fatto di Africa come di Cagliari, di Sassari, di Venezia, di Berlino, arrivato a me in sole tre generazioni. È un segno plurale, è una comunità. È riconosciuto in tutto il mondo. Io lo studio dalla parte dello stile. L’ultimo che ho disegnato ha riportato importanza alla coccarda (che mima un po’ alla S iniziale), che avevo trascurato per molto tempo, e l’ha reso più rude, meno fine, meno progettato, come una vecchia bandiera marinara, come una cicatrice carica di storia, in un momento storico in cui la battaglia contro l’intolleranza, l’inumano voltarsi dall’altra parte, lo spettro ormai vivo del nazismo ritorna a strisciare potente nell’indifferenza. Vecchi mori contro nuovi muri”.
