Poetessa, traduttrice, scrittrice, partigiana: Joyce Salvadori Lussu è stata una tra le più importanti protagoniste del Novecento grazie alla sua straordinaria capacità di azione e parola, intellettuale raffinata e allo stesso tempo militante nella Resistenza e nella liberazione dal nazifascismo e da tutte le oppressioni che hanno sconvolto il secolo passato. Un pezzo della sua storia sta oggi per essere cancellato: la casa di Fermo, dove Joyce ha vissuto gli ultimi anni della sua vita fino alla morte nel 1998, è oggi in vendita: la notizia è comparsa sui quotidiani nelle scorse settimane e per ora l’appello per evitarlo, lanciato dai parlamentari PD Irene Manzi e Francesco, da Verducci Nadia Urbinati, professoressa di scienze politiche alla Columbia University di New York e Valdo Spini presidente della Fondazione Circolo Fratelli Rosselli e raccolto da esponenti di politica e cultura, non ha finora avuto risposta. Eppure tantissime persone desiderano che la casa, che si trova a San Tommaso alle Paludi in provincia di Fermo, nelle Marche, sia tutelata dal Ministero della Cultura e trasformata in uno spazio di memoria e studio: la petizione “Salviamo la casa di Joyce Lussu”, pubblicata sulla piattaforma Change.org lo scorso 24 agosto, ha raggiunto oggi quasi 23 mila firme e le sottoscrizioni proseguono.
A pubblicare l’appello on line è la giornalista cagliaritana Federica Ginesu: “Joyce Salvadori Lussu è storia d’Italia e del mondo – scrive – con il suo impegno inarrestabile lungo un’intera esistenza ha reclamato per sé e per tutte le altre donne il diritto di agire e far sentire la propria voce”.
Un impegno che ha mostrato per tutta la sua vita, dalle prime azioni come staffetta all’interno del movimento antifascista Giustizia e Libertà alle sue imprese per portare in salvo tantissime persone che rischiavano la deportazione e la vita a causa delle leggi fasciste contro ebrei, minoranze, oppositori; preziosissimo il suo impegno per i diritti delle donne, dei lavoratori e delle lavoratrici e di ogni minoranza emarginata, per i popoli oppressi dal potere come i curdi, che conobbe in un memorabile viaggio in Kurdistan, per i paesi impoveriti dal colonialismo e dall’industrializzazione. Tra le tante pubblicazioni che parlano di lei una tra le più appassionate e ricche è “La Sibilla. Vita di Joyce Lussu”, firmata da Silvia Ballestra per Laterza, che proprio pochi giorni fa ha raggiunto la finale del Premio Campiello 2023 (poi assegnato a Benedetta Tobagi con “La Resistenza delle donne” per Einaudi).
Joyce, che parlava fluentemente inglese, francese, portoghese e tedesco grazie alla straordinaria educazione familiare impartita dai genitori Willie e Cynthia, alla grande quantità di libri e stimoli culturali che circolava in casa Salvadori e ai suoi studi personali, ebbe una vita avventurosa, densa di esperienze, viaggi, incontri: a 19 anni strinse amicizia con il filosofo Benedetto Croce che la esortò a dedicarsi alla poesia visto il suo grande talento e qualche anno dopo ne curò la raccolta “Liriche”. Ma l’appuntamento che cambiò la sua vita avvenne nel 1933: suo fratello Max, militante di Giustizia e Libertà, le chiese di portare un messaggio a Mister Mills, nome in codice di Emilio Lussu, fondatore del movimento GL. Fu un incontro fulminante, i due si rividero cinque anni dopo e da quel momento non si separarono più. Insieme Joyce ed Emilio, che aveva 22 anni più di lei, condivisero gli anni della Resistenza e della lotta antifascista rischiando in più occasioni la vita per la libertà dei paesi oppressi dal nazifascismo.
Emilio Lussu morì nel 1975 a Roma, Joyce visse fino al 9 novembre 1998; scelse di trascorrere gli ultimi anni nella casa della famiglia, ereditata dai tre figli Max, Joyce e Gladys, a San Tommaso alle Paludi: “È un’abitazione che preserva e soprattutto racconta l’essenza di Joyce Lussu con gli arredi originali, gli oggetti, lo studio, la biblioteca – sottolinea ancora Federica Ginesu. – È un bene immateriale dal valore inestimabile. Chiediamo al Ministero della Cultura, al Ministero dell’Istruzione e del Merito, alla Regione Marche e al comune di Fermo di agire perché venga tutelata e resa fruibile al pubblico come casa museo e non solo, come luogo sempre vivo di elaborazione culturale”.