Che l’emergenza sanitaria da Covid-19 avrebbe generato una pesante crisi economica e lavorativa era certo. Ma i numeri pubblicati dall‘Istat il 1 febbraio scorso sull’occupazione a dicembre 2020 ci raccontano un dramma: in un solo mese si sono persi 101 mila posti di lavoro, e di questi lavoratori 99 mila sono donne. Il calo occupazionale ha dunque toccato soprattutto le donne, sia tra le dipendenti che tra le autonome. Se si guardano i dati annuali la situazione è sconfortante: da dicembre 2019 a 2020 contiamo 312 mila lavoratrici in meno, a fronte di 132 mila uomini. A peggiorare ancora il quadro, il dato sull’aumento dell’ inattività: sono sempre di più le donne che hanno smesso di cercare un’occupazione.
Si tratta, come riportano le organizzazioni sindacali, di contratti precari come interinali, a termine o collaborazioni non rinnovati o di persone uscite volontariamente dal mondo del lavoro, anche se in minor numero. Le prospettive per il futuro, quando verrà meno lo strumento della cassa integrazione e l’attuale blocco dei licenziamenti imposto dalle norme emergenziali, sono decisamente nere.
Di seguito, il commento di Giulia Andreozzi, avvocata cagliaritana ed esperta di politiche di genere.
“E’ uno schiaffo leggere questi dati nero su bianco, ma possiamo dire di essere sorpresə? Direi proprio di no. Perché quando diciamo che l’uguaglianza di genere è solo un miraggio, non siamo delle visionarie isteriche. Quando diciamo che le donne sono ancora relegate a lavori precari e meno pagati, non siamo delle visionarie isteriche. Quando diciamo che il carico di accudimento familiare è ancora sulle spalle delle donne, non siamo delle visionarie isteriche. Quando diciamo che se una famiglia deve scegliere quale dei genitori deve smettere di lavorare per occuparsi dei figli, sarà quasi sempre la madre, perché è lei ad avere il lavoro meno pagato o meno sicuro, non siamo delle visionarie isteriche. Quando diciamo che asili nido e scuole che funzionano sono fondamentali per un lo sviluppo dell’occupazione femminile, non siamo delle visionarie isteriche. Quando diciamo che il peso, inevitabile quanto si vuole, di questa pandemia se lo sono sobbarcato soprattutto le donne, non siamo delle visionarie isteriche. Quando diciamo che una maggiore presenza femminile negli organismi decisionali contribuirebbe allo sviluppo di politiche di riduzione del divario di genere, non siamo delle visionarie isteriche. Eppure questi dati che leggiamo oggi sulla stampa ci faranno forse indignare per una giornata o due. E poi li dimenticheremo nuovamente (la notizia dei dati ISTAT è già sparita dalle home page dei maggiori quotidiani nazionali), relegati a discorsi da visionarie isteriche”.