Tra i classici che parlano del mondo contemporaneo, quelli più significativi sono probabilmente le tragedie greche. Con Sofocle, che compose tragedie fino a tarda età, si fa strada la compassione per la fragilità umana. Per lui, antico sacerdote di Asclepio, dio della medicina, la tragedia è terapia dell’anima. Sensatezza e fedeltà curano il travaglio dell’esistere. La sua eroina è Antigone. Il suo eroe Edipo. Ed è proprio allo sfortunato re di Tebe, macchiatosi di parricidio e incesto, che il Teatro dell’Elfo si rifà portando in scena “Edipo Re/Una favola nera”, perché quel che Edipo può ancora fare dopo 2500 anni è continuare a farsi raccontare. In programma per la stagione Cedac al Teatro Massimo di Cagliari dal 14 al 18 febbraio e il 20 al Teatro Comunale di Sassari, lo spettacolo firmato da Ferdinando Bruni e Francesco Frongia è un crocevia di rimandi e citazioni da testi antichi e moderni, capace di catturare il pubblico anche per via della bravura degli interpreti: oltre allo stesso Bruni, Edoardo Barbone, Mauro Lamantia, Vincenzo Grassi, subentrato in questa occasione all’annunciato Valentino Mannias, impegnato in un’altra produzione. “È uno spettacolo che stiamo portando in giro da tre anni, mentre prima c’era stato uno studio in forma di concerto, purtroppo interrotto a causa del Covid. Stiamo lavorando a questo progetto dal 2018” afferma Bruni.
Cosa differenzia la vostra messa in scena da quelle di tante altre?
“Edipo Re è stato narrato da un’infinità di autori. Noi ne abbiamo scelto alcuni, Seneca, Dryden, Lee, Cocteau, Hofmannsthal, Mann, Berkoff, Durrenmatt, e abbiamo fatto di tutte queste riscritture un’unica storia. Abbiamo rimesso in fila la storia di Edipo attraverso le voci di questi autori, prendendo quello che ci sembrava più efficace in un dato momento. Ad esempio, l’incontro di Edipo con Tiresia, è costruito con alcune battute di Sofocle ma anche con il Cesare Pavese dei ‘Dialoghi con Leucò’. Tutto questo panorama ci racconta come questo mito e questa storia hanno a che fare con l’essere umano in maniera profonda, con l-e domande che l’uomo si pone da sempre”.
I classici parlano di noi oggi.
“Le tragedie greche sono state la prima testimonianza di come il teatro sia stato luogo di una comunità che si interrogava su se stessa e sul ruolo dell’essere umano nei confronti della società e di quelli che allora si chiamavano dèi, e che noi possiamo invece identificare con un’entità denominata destino. Quando abbiamo debuttato, lo spettacolo è stato interrotto dal Covid che ha stravolto le nostre vite. Veniamo da un fondamento di pensiero illuminista e siamo cresciuti con il convincimento che la volontà possa fare tutto. In gran parte è vero, ma esistono delle forze che non rispondono alla nostra volontà e con cui dobbiamo fare i conti. Questo equilibrio è il tema di Edipo, tra destino, colpa, scelta”.
Tra i miti che nel Novecento hanno ispirato l’analisi psicologica, la storia di Edipo è la più articolata: scende negli abissi della psiche umana ma affronta anche il mistero del mondo intorno a noi.
“Nella lettura che diamo in questo spettacolo ci permettiamo di criticare Freud, perché anche li entra un tema interessante: ovvero quanto la colpa di Edipo sia volontaria, quanto abbia desiderato uccidere il padre o sposare la madre. Tutto questo accade sopra la sua testa. La sua storia diventa simbolica. In realtà non nasce da pulsioni interne, ma dal gioco che gli dèi stanno facendo contro di lui per vendicarsi di una colpa commessa dal padre. Quello che secondo noi avvicina Edipo alla psicanalisi, è la ricerca dentro se stesso di una verità che può rivelarsi scomoda. Un’indagine dove alla fine il colpevole è chi indaga”.
Freud si basava esclusivamente sull’Edipo di Sofocle, senza però tenere conto della complessità dei miti, e questo può trarre in inganno chi cerca di comprendere quello del figlio di Laio.
“Un discorso complesso che è stato analizzato e svolto in tanti modi. Nella versione di Cocteau, ad esempio, quello che viene raccontato è la macchina infernale che gli dèi costruiscono per catturare Edipo, una vera e propria trappola. Una versione che ruota intorno all’idea di come l’uomo sia completamente nelle mani del destino, e anche una visione molto dura, perché all’interno del mito troviamo un tentativo di scalzarla. Pensiamo al duello tra Edipo e la Sfinge, dove riesce a sconfiggere un mostro e l’umano trionfa”.
I costumi dello spettacolo sono firmati da Antonio Marras…
“Sono frutto di un’amicizia e stima reciproca che dura da decenni, prima tappa di una collaborazione che in futuro avrà altre possibilità di esprimersi. L’incontro con Antonio è stato fondamentale per la costruzione dello spettacolo, che si avvale anche delle belle maschere di Elena Rossi e del lavoro di Tonino Serra per quanto riguarda la decorazione del mantello di Edipo. Insieme abbiamo voluto affrontare una sfida: quella di raccontare una storia come succedeva all’epoca, con il protagonista e un coro di tre attori maschi che ricoprono tutti i ruoli.
Giovedì 15 alle 17.30 nel foyer del Teatro Massimo di Cagliari, Ferdinando Bruni e la compagnia, converseranno con Nicola Fano, giornalista e storico del teatro, raccontando lo spettacolo in scena. Il pubblico potrà inoltre visitare la mostra “Antonio Marras – Vestire il Mito”, allestita nella M-Gallery del teatro per tutto l’arco delle repliche.