‘In concerto con Enzo’ è il titolo dello spettacolo tra musica jazz e canzoni d’autore che Paolo Jannacci e il suo quartetto porteranno in Sardegna giovedì 25 luglio alle 21.30 al Lo Quarter di Alghero, dove chiuderanno il cartellone dell’Estate firmata CeDAC Sardegna nella città catalana e venerdì 26 luglio alle 20 nell’area archeologica di Nora, sotto le insegne del 42° Festival “La Notte dei Poeti“ organizzato dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna. Sul palco assieme a Paolo Jannacci (pianoforte e voce), Riccardo Fioravanti (basso), Daniele Moretto (tromba / flicorno e cori) e Stefano Bagnoli (batteria e percussioni) che proporranno un’antologia di brani di uno dei protagonisti della cultura del Novecento, canzoni ironiche, surreali e talvolta intimistiche e struggenti, che spaziando dal cabaret all’avanspettacolo hanno fatto la storia della musica italiana e influenzato una serie pressoché infinita di artisti. Abbiamo raggiunto telefonicamente Paolo Jannacci che ci ha raccontato un poco di se e del suo tributo al padre Enzo.
Un destino segnato, quello a figlio d’arte, che aveva due strade da percorrere per seguire le orme paterne, quella di fare il medico o il musicista. Per nostra e sua fortuna ha optato per la seconda. Ci accoglie con calore Paolo Jannacci, affermato jazzista e compositore, da oltre trent’anni sulla scena delle produzioni musicali, per il quale quel cognome è tutt’altro che ingombrante. “Ho cominciato a interagire artisticamente con mio padre – ci racconta – da quando avevo 14 anni, sia a livello produttivo che organizzativo, chiaramente la sua presenza umana e artistica sono stati uno stimolo gigantesco e il suo modo di approcciarsi alla musica e alla vita hanno creato fra noi un legame molto forte, per questo il cognome che porto non mi pesa affatto, come non mi pesa suonare le sue canzoni, sono consapevole di essere la persona più adatta a farlo”.
Tuttavia l’arte di Paolo Jannacci non ha trovato ispirazione soltanto fra le mura domestiche o nella miriade di artisti che ha potuto conoscere collaborando col padre. “Mi sono formato sotto l’impulso del produttore canadese David Foster e per quanto riguarda il rhythm and blues è stato illuminante il grande Quinci Jones, per il resto sono largamente tributario di Gil Evans e Herbie Hancock, mentre fra gli italiani il mio maestro è Paolo Conte.” Grande fortuna, ci verrebbe da dire con ironia, parafrasando Vinicio Capossela, quella di poter contare su di un medico e un avvocato, che anche assieme, hanno lasciato tracce indelebili nella musica italiana. Se poi parliamo di Jannacci, che del sarcasmo ha fatto spesso la sua cifra stilistica, Paolo ci racconta di quanto fosse importante per il padre sapersi prendere in giro, “una lezione di vita che mi è sempre servita anche nei momenti di sconforto, Enzo cercava di scherzare su tutto, anche dei guai seri, ti faceva capire che il potere di una risata poteva annullare tutto il resto e questo chiaramente emergeva nelle sue canzoni”.
Molte di queste canzoni troveranno posto nella scaletta dei concerti sardi, “una scaletta flessibile – precisa Jannacci – “dove fra le irrinunciabili ‘El portava i scarp del tennis’, ‘Vengo anch’io No Tu No’, ‘Silvano’, ‘Io e Te’ e altri pezzi intramontabili troveranno spazio il jazz e diversi brani di Enzo che alterniamo a seconda della serata”. Il concerto del quartetto di Paolo Jannacci sarà quindi un viaggio nelle storia del mattatore e cantore di una Milano che non esiste più, quella del miracolo economico della quale Enzo amava raccontare con la musica e l’immancabile ironia le vite dei reietti e per questo si guadagnò il nomignolo di “cantore dei barboni” o come poco bonariamente lo definì sulle colonne del ‘Corriere della Sera’ Giorgio Soavi “un bel nessuno allucinato”. Era la Milano che Enzo condivideva con Giorgio Gaber e Dario Fo, dove “l’avvenire è un buco nero in fondo al tram”, la città che avrebbe dato il titolo al suo primo album e che presto sarebbe cambiata profondamente diventando quella decisamente più complicata degli anni di piombo che avrebbe segnato l’infanzia di Paolo, che ricorda ancora di quando Enzo raccomandava, fra il serio e il faceto, ” se senti sparare te buttati a terra”. “Era una città grigia, vedevo solo cemento, per questo proprio quando da bambino venivo in Sardegna respiravo aria di libertà. Prima di giungere nella vostra isola, dove mi sono sempre sentito a casa, non avevo mai visto una casa con il prato verde. Ecco, da allora per me, ogni volta che ci torno, respiro sempre la stessa sensazione, una sorta di fuga in un’altra dimensione”.
Prima di salutarci chiediamo a Paolo se è vero quanto racconta Paolo Rossi nel bellissimo docufilm Vengo Anch’io” di Giorgio Verdelli, quando sostiene che Enzo era capace di essere contemporaneamente un fratello maggiore ma anche quello minore. “Corrisponde assolutamente a verità. Da un lato papà era una persona attenta, sensibile, pronta a consigliarti, per questo ha sempre amato i giovani artisti, in loro vedeva il futuro, anzi aveva di loro un concetto futuribile e spesso ci vedeva bene, come capitò ad esempio con un giovane Vasco Rossi e successivamente con J- Ax e tanti altri. D’altra parte, quando lavorava con loro arrivava sempre al punto di fare un passo indietro e si trasformava in ascoltatore delle emozioni altrui, si faceva letteralmente coinvolgere come un ragazzo, senza mai rinunciare all’ironia e alla voglia di prendersi in giro.
Forse è anche per questo che le canzoni di Enzo Jannacci sono ancora così sorprendentemente attuali, canzoni che hanno influenzato una lunga schiera di artisti, da Vasco Rossi a Elio e le Storie Tese e che Paolo, suo unico figlio, proporrà alla platea sarda nelle notti di questo fine luglio per farlo ricordare a chi lo ha amato ma anche per farlo conoscere a chi non ha mai sentito parlare di lui e “vedere di nascosto l’effetto che fa”.