Quella di Giovanni Casula da Meana Sardo è una storia a colori. Ma le origini delle vivaci tinte dei suoi giocattoli vanno ricercate nel nero più scuro; quello della miseria della sua infanzia in Sardegna, quello della fuliggine che si attaccava alla pelle dei carbonai, quello della deportazione e della morte che aveva sconvolto la sua famiglia nei bui anni della guerra. Questa è la storia di un ragazzino che giocava con una palla di stracci destinato a diventare un “clown” che con i suoi balocchi avrebbe fatto divertire centinaia di migliaia di bambine e bambini, con particolare riguardo per l’infanzia di modesta condizione.

Giovanni Casula nasce a Meana Sardo, centro della Barbagia di Belvì, il 26 marzo del 1931. Il padre Giuseppe svolgeva la professione di carbonaio e anche la madre, Vincenza Moi, apparteneva a una famiglia originaria di Aritzo che esercitava lo stesso mestiere. Un fratello della madre, Antonio, dopo la prima guerra mondiale aveva fatto fortuna a Milano diventando un apprezzato ebanista, per poi aprire un’ importante industria a Bovisio e portare con se anche gli altri fratelli più piccoli, Peppino, Luigi e Giovanni. Sarà la guerra – come abbiamo raccontato in occasione della Giornata della Memoria del 2022 – a segnare per sempre il destino di questo “sardo, piccoletto dagli occhi vivaci” come lo definì Vincenzo Pappalettera, partigiano e storico, autore di ‘Tu passerai per il cammino’ che aggiungeva: “Uomo di poche parole che animava il nostro movimento […] Si era buttato nella lotta convinto che non erano tempi, per un galantuomo, di restare alla finestra a guardare”. Scelta che avrebbe pagato con la vita, morendo nel campo di Mauthausen il 24 marzo del 1945, subito dopo essere tornato da Auschwitz.
Anche i fratelli Giovanni e Peppino avevano conosciuto la deportazione nei campi di lavoro nazisti. Peppino, che instradato dal fratello aveva intrapreso una sua attività industriale, una volta finita la guerra si rimise all’opera, diventando fra il 1945 e il 1951 il pioniere italiano dello stampaggio a iniezione di articoli religiosi e giocattoli in materiale plastico con la società da lui fondata, la Imara, alla quale seguì la G.Moi, la prima azienda a costruire la versione italiana della soffiatrice da mezzo litro, che farà la fortuna dei venditori di detersivo. Sono i primi passi di un uomo ingegnoso e caparbio che nella sua vita, in Italia e all’estero, avrebbe costituito circa una trentina di società.

Nello stesso periodo il nipote Giovanni Casula, lasciandosi alle spalle l’infanzia misera della vita da carbonaio e da apprendista fabbro passata nel rione di Funtanedda a Meana, una volta adempiuti gli obblighi della leva militare, raggiunge lo zio in Lombardia e inizia a lavorare nella sua azienda, dimostrandosi da subito abile nelle sue mansioni e dotato di una grande sensibilità per appendere i segreti del mestiere. Giovanni, “Nanni”, brucia letteralmente le tappe e poco tempo dopo, fra lo sconcerto dello zio che gli da del matto ma non lo ostacola, nel 1956 si mette in proprio e avvia la sua attività imprenditoriale sempre nel settore della plastica, ma con un sogno che coltiva da tempo, quello di fabbricare giocattoli.
Memore di quando da bambino l’unico gioco che poteva concedersi era una palla di stracci, comincia a produrre ogni sorta di balocco da vendere a basso prezzo in modo che le sue creazioni possano giungere anche ai bambini e alle bambine meno abbienti.
Sono i primi passi della Niagara Giocatoli di Cologno Monzese che in breve periodo diventa una delle aziende leader nel settore a livello europeo. Le idee non mancano a Nanni Casula, e neppure l’entusiasmo, arrivando sempre per primo nell’innovazione, nel cavalcare costumi e tendenze e nel crearne di nuove. Lo sanno bene i bambini di Meana cresciuti fra gli anni Settanta e Ottanta, che hanno ricevuto i suoi balocchi in dono alle lotterie parrocchiali organizzate da don Delio Cabiddu, per lunghi anni parroco del paese, al quale il signor Casula inviava camion zeppi di coloratissime carriole, trattori, lance, penne a forma di cane, portachiavi che riproducevano grappoli d’uva e altre centinaia di giochi che la madre, signora Vincenza, conosciuta da tutti come Tzia Pissenta, regalava generosamente ai più piccoli. Una produzione che andava dai personaggi delle fiabe e dei fumetti come Calimero a grandi biberon, secchielli, ruote da passeggio che contenevano caramelle, dolciumi e costruzioni.
Per farsi un’idea sull’ingegnosità e sulla risolutezza di quello che honoris causa sarebbe diventato l’ingegner Casula, basterebbe rievocare i ciuccetti di plastica colorata che nella prima metà degli anni Novanta divennero un vero fenomeno di costume e impazzavano nel mondo degli adolescenti. Un’idea nata in un periodo di magra, ispirandosi ai modelli creati dagli artigiani del vetro di Murano che ben presto si sarebbe rivelata geniale. “Ho preso un sacco di ciuccetti e sono andato a Cannes – avrebbe raccontato a Michela Mantovan del ‘Corriere della Sera’ – Li ho regalati alle star che uscivano dal palazzo del cinema: sono impazziti. E io ne ho venduti uno sfacelo”. O quando sulla scia del successo del film “Mister Hula Hop” dei fratelli Coen con Paul Newman e Tim Robbins, ebbe la brillante idea di rilanciare il magico cerchio colorato, portato in Italia da lui nel 1963, che aveva fatto impazzire generazioni di teenagers del passato. Batman invece non lo aveva voluto riprodurre, non amava i topi, neppure quelli con le ali, gli ricordavano troppo la sua infanzia di bambino poverissimo che un giorno sarebbe però diventato un adulto ricco d’ingegno ed entusiasmo, un “Clown” come amava definirsi, che magari non sente gli odori al telefono come quello di Heinrich Böll, ma ha uno spiccato fiuto per gli affari che coniuga con un altro grande scopo, sempre in linea col suo modo di essere gentile, estroverso e allegro, quello di far divertire e sorridere i più piccoli di ogni condizione sociale. Lo ha fatto fino al settembre del 2017 quando si è spento all’età di 86 anni lasciando ai figli la sua Niagara Giocattoli, immancabile protagonista da oltre cinquant’anni alla Spielwarenmesse di Norimberga, la più grande fiera mondiale dedicata al giocattolo, dove i colori dei balocchi hanno soppiantato l’oscurità delle parate naziste, che nelle famiglia Casula Moi rievocavano sempre la tragedia dello zio Antonio, senza il quale, probabilmente, il sogno di Nanni non si sarebbe mai realizzato.