Piccoli gesti significativi, conversazioni che colpiscono, frase dette a metà, profumi di una quotidianità sempre più veloce a cui è difficile stare appresso. La vita è un insieme di tutti questi aspetti, oltre che di molti altri, i quali compongono un mosaico ricco di sfumature da cogliere. Sfumature che traspaiono dalla nuova opera di Giuseppe Boy, poliedrico e talentuoso artista cagliaritano classe 1959, intitolata ‘’Blu è il colore del mondo’’. Una raccolta intensa di poesie con tanti contenuti, racchiusi in 78 pagine, pubblicata a settembre dalla casa editrice Ensemble. Una raccolta dove, a proposito di sfumature, emergono le numerose inclinazioni che caratterizzano la personalità di Giuseppe Boy, in grado di mettersi in gioco in svariati ambiti come il cinema e il teatro, passando per la musica e la letteratura.
La quarta raccolta di poesie dell’autore si contraddistingue per una scrittura schietta, elegante e diretta oltre che per un’ironia disillusa che rende anche le amarezze peggiori bocconi non troppo ostici da digerire. Ad aprire le danze ci pensa ‘’Io’’ un componimento che va oltre l’autoreferenzialità fine a se stessa, oltre il voler affermare semplicemente un pensiero personale. ‘’Io’’ è il sussurro risoluto di chi ha ancora il coraggio di voler sapere qualcosa a proposito della vita, senza farsi aspettative e mantenendo lucidità. Una lucidità che permea tutta l’opera dell’autore il quale, come afferma lui stesso in ‘’Giorno dopo giorno’’, “si nutre di emozioni intense e di momenti rari”, ricordando il valore dei “giorni che scivolano via fra il bello e il cattivo tempo nel dolceamaro far niente”.
Il ritmo delle poesie è fluido, i concetti espressi arrivano chiari e concisi, offrendo uno sguardo nitido sulla realtà. Tra i componimenti spicca ‘’Hic et nunc’’ struggente riflessione sul tempo che passa inesorabilmente, un altro momento di grande intensità lirica è rappresentato da ‘’Voi’’ in cui l’autore tocca argomenti di particolare rilevanza come ad esempio la brutalità della guerra con la conseguente scia di distruzione che porta con sé. Da segnalare l’ironia sferzante che emerge da ‘’Intermezzo: poesiuola politicizzata’’, una satira contro i bigotti, i benpensanti, i razzisti e contro chi ha la mente piena di tabù. L’intermezzo rappresenta l’invettiva schietta di tutti coloro che, per rifarsi alle parole di Boy, hanno “la testa dura, una testa che non ha paura di sbattere contro i muri”.
Tante le tematiche di rilievo affrontate come la tratta dei migranti e l’appiattimento culturale. Spicca il flusso di coscienza ‘’Sole e soli’’ dove Boy si domanda esplicitamente: “che ne sarà di noi quando saremo vecchi”? e in cui rammenta che tutti, nel bene e nel male, siamo “anime sfregiate da cicatrici e ferite a cui ci attacchiamo per difenderci contro ogni assalto alla nostra sovrana individualità”. Da segnalare, inoltre, ‘’Il trionfo dell’individualismo’’, raffinato richiamo a Pasolini dove sono molteplici gli spunti di riflessione di cui fare tesoro tra cui la diffusione sempre più massiccia della tecnologia e la paura del futuro. Una paura del futuro dettata dalla malinconia e dal disincanto, sentimenti che emergono quando si giunge alla conclusione che “per una vita intera abbiamo aspettato che girasse il vento e il vento non ha mai girato”. Un vento che non ha mai girato perché, probabilmente, come scritto in ‘’Blu’’ nessuno mai si sente di assumersi la sua parte di responsabilità. Responsabilità che invece Boy si assume completamente nell’affermare le proprie idee con garbo e allo stesso tempo con quella decisione di chi ha un percorso solido alle spalle, ricco di tante esperienze di spessore umano e professionale.
Altro momento rilevante della raccolta è la dedica al poeta Vincenzo Cardarelli e alla sua celebre poesia ‘’Gabbiani’’, una dedica sentita e autentica che dimostra la capacità dell’autore di trasmettere l’intensità delle parole che suonano spesso come “urla rabbiose” e il desiderio di rivolgere lo sguardo al domani all’insegna della speranza che proprio quelle parole a cui si faceva riferimento diventino “soave melodia delle nostre voci serene”. Una serenità che si può raggiungere tramite la realizzazione di poesie le quali, come diceva la poetessa Alda Merini, si scrivono sopra le pietre coi ginocchi piagati e le menti aguzzate dal mistero. Un mistero che Giuseppe Boy ha avuto il coraggio e la tenacia di esplorare, guardando oltre la superficialità e l’apparenza, consapevole che ogni verso scritto è un’occasione unica per conoscersi realmente e per andare oltre qualsiasi limite.