Giorgio Soddu era uno di quelli che ce l’avevano fatta. Partito giovanissimo da Tula alla volta degli Stati Uniti d’America, si era stabilito in West Virginia, dove, lavorando sodo, aveva raggiunto una più che dignitosa posizione e aveva messo su una numerosa famiglia. La sua vita venne sconvolta nella notte di Natale del 1945, quando, in seguito a uno spaventoso incendio, sparirono, letteralmente, tre sue bambine e due figli maschi, nel senso che i resti della prole dell’emigrato sardo non vennero mai ritrovati. Giorgio Soddu e sua moglie Jennie Cipriani hanno passato il resto della loro esistenza a cercarli invano. La loro vicenda, fra mille misteri, dubbi, depistaggi, false speranze ed errori narrativi è ancora oggi uno dei più grandi misteri della storia statunitense, una storia di emigrazione, ma anche di antifascismo, che da noi è ancora poco conosciuta.

La storia di Giorgio Soddu è incerta, misteriosa sin dal principio, e tramandata fra tante inesattezze ed errori. Chiunque si sia preso la briga di raccontare questo fatto ha sempre sostenuto che Soddu sia giunto negli U.S.A appena tredicenne, per un mai precisato e imperscrutabile motivo legato a fantasiose vicende di vendetta o di malavita.
In realtà Giorgio Soddu, nato a Tula il 22 novembre del 1894 da Gian Gavino e Anna Maria Satta, raggiunge il porto di New York City il 1 aprile del 1911 a bordo del piroscafo ‘Verona’, partito da Napoli. I motivi, senza escludere a priori questioni private, sono gli stessi che hanno spinto tanti sardi a cercare migliori condizioni di vita e di lavoro dall’altra parte dell’oceano: miseria e disoccupazione cronica. Dando uno sguardo ai dati sull’emigrazione del Circondario di Ozieri dell’epoca, si nota che in appena due anni, fra il 1906 e il 1907, sono partite 2057 persone, fra le quali si registrano 40 tulesi; cifre destinate a salire fino al primo dopoguerra per il paese che si specchia sul Coghinas e a raggiungere, dopo il notevole freno dovuto al Emergency Quota Acts degli Stati Uniti e alle restrizioni del Regime fascista, quella spaventosa di circa 400 emigrati negli anni Sessanta, ovvero il 20% della popolazione residente. Fatto alquanto singolare, nel 1913 arriva negli States anche un suo omonimo conterraneo, un Giorgio Soddu nato sempre a Tula nel 1885 – probabilmente un suo cugino – che allo scoppio della guerra nel 1915 non risponderà alla chiamata alle armi, venendo così dichiarato disertore e denunciato al tribunale militare di Cagliari.
Non si sa molto sul primo decennio americano del giovane Giorgio. Le notizie disponibili lo danno come occupato nei lavori di costruzione ferroviaria in Pennsylvania in qualità di addetto all’approvvigionamento d’acqua e vivande agli operai. Qualche anno dopo si sposta nel West Virginia, dove lavora come autista e dove conosce una giovane pugliese, Jennie Cipriani, figlia di Giuseppe – commerciante e titolare del negozio Music Box – e nata a Troia in provincia di Foggia, che sposa a Charleston, contea di Kanawa, il 4 novembre del 1922.

La coppia si stabilisce a Smithers, piccola località della contea di Fayette, che qualche anno dopo darà i natali a Gino Marchetti, futura star del Football con i Dallas Texas e i Baltimore Colts, e dove il 15 agosto del 1923 nasce il loro primogenito John Frederick. Qui nascono anche Joseph Samuel nel 1924, Mary Ann nel 1926, George Junior nel 1929 , Maurice nel 1931 e Martha Lee nel 1933.
Nonostante gli anni difficili del crollo di Wall Street del 1929 e la conseguente depressione economica, Giorgio, che una volta diventato cittadino statunitense ha assunto il nome di George Sodder, si mette in proprio, e avvia una redditizia attività di autotrasporto con mezzi pesanti. Intorno al 1934 si trasferisce con la famiglia nella vicina Fayetteville, una piccola comunità di circa 1300 anime dove nasce il resto della sua prole: Louis Enrico nel 1935, Jennie Irene nel 1937, Betty Dolly nel 1940 e infine Sylvia nel 1942.
Fayetteville e la contea circostante da diversi decenni rappresentano una zona di forte emigrazione italiana. Le ricche miniere di carbone dei monti appalachiani attirano un gran numero di maestranze nella Virginia Occidentale che diventa anche il luogo di una lunghissima serie di gravi disastri minerari, come quello di Monongah del 6 dicembre 1907, dove, in seguito a una devastante esplosione, perirono 425 minatori dei quali 171 erano molisani, calabresi e abruzzesi. Nel gennaio del 1906 e in quello del 1908, in due distinti simili incidenti accaduti nelle miniere Stewart, nella stessa Fayetteville, i morti erano stati rispettivamente 80 e 60.

Sono proprio queste miniere a dare parecchio lavoro a George che, con i guadagni della sua attività, riesce a costruire una bella casa a qualche chilometro dal villaggio, lungo la strada statale, la US Highway 21, dove cresce la sua numerosa famiglia, che s’inserisce pienamente all’interno della classe media della comunità italoamericana presente. Ma George Sodder è uno spirito libero, un libertario sanguigno e refrattario alle ingiustizie del potere e a lui, quanto sta accadendo nell’Italia fascista non piace proprio e non si fa problemi a manifestarlo apertamente. Sono gli anni della condanna a morte di Sacco e Vanzetti, del ritorno in Italia con l’intento di assassinare il Duce di Michele Schirru e dell’attivismo anarchico antifascista, che negli U.S.A gravita attorno al giornale in lingua italiana ‘L’Adunata dei refrattari’, diretto dal sedilese Costantino Zonchello. D’altra parte sono anche quelli delle sezioni fasciste americane che rappresentano spesso l’appendice più estrema dello spionaggio negli States attuato dall’ O.V.R.A. A queste persone, quanto Sodder va dicendo in giro non va proprio a genio. Succede così che il nome di Giorgio Soddu finisce in un dettagliato fascicolo del Casellario Politico Centrale di Roma, nella sezione ‘Rubrica di Frontiera’, dove viene schedato come anarchico, e così capita anche ai compaesani Salvatore Scarpa, anch’egli residente in America, e Antonio Becca, emigrato in Francia.
Nel 1945, al termine della guerra, dove combatte anche il primogenito John Frederick, con la cattura e l’esecuzione di Mussolini e la conseguente caduta del regime, pare che George rincari la dose e manifesti il suo giubilo in faccia ai fascisti locali. Da quel momento cominciano ad accadere fatti molto strani, che trovano il loro culmine nella notte di natale dello stesso anno.
Succede ad esempio che i suoi ragazzi, di ritorno da scuola, notino parcheggiata lungo la Highway 21, in diversi giorni precedenti al Natale, un’automobile mai vista prima, o che uno sconosciuto si aggiri attorno alla casa eseguendo una sorta di sopralluogo con la scusa di chiedere un lavoro al signor Sodder e faccia osservazioni sullo stato dei fusibili dell’impianto elettrico – cablato di recente – che a suo dire potrebbero provocare un incendio. Un’ altra visita insolita la compie un assicuratore, che vuol convincere George a stipulare una polizza e che reagisce in malo modo dinanzi al suo diniego, minacciandolo: “La tua dannata casa andrà in fumo e la tua famiglia sarà distrutta. Sarai ripagato a dovere per le sudicie affermazioni che hai fatto su Mussolini”. George non ci bada più di tanto e non manifesta alcuna preoccupazione.
Arriva la sera del 24 dicembre, George e i figli Joseph e Maurice, i due maschi più grandi presenti in casa dopo aver affrontato una dura giornata di lavoro, nonostante sia la vigilia, sono stanchi e vanno a dormire intorno alle 22. John è ancora sotto le armi e non vede la famiglia dal 1943, quando è partito per l’addestramento a Fort Thomas nel Kentucky e in seguito al fronte di guerra. I più piccoli, tranne Silvia che ha appena due anni, ottengono il permesso di restare svegli a giocare con i regali che hanno ricevuto dalla sorella maggiore Mary Ann – che gli ha acquistati al Thrift Store, un negozio di beneficenza dove fa la volontaria – ma soltanto a patto che Maurice e Louis diano da mangiare alle mucche e chiudano le galline nel pollaio. Jennie va a dormire al primo piano, portandosi dietro la piccola Sylvia e lascia i bambini a giocare mentre ascoltano la radio aspettando di sentire l’arrivo di Babbo Natale. Mary Anne, alla quale è stata affidata la loro custodia, verso la mezzanotte crolla e si addormenta mentre legge una rivista.
L’orologio batte la mezzanotte e mezza quando Jennie viene svegliata dal telefono che a quell’ora insolita squilla in maniera ossessiva. Risponde e dall’altro capo, una voce femminile che non riconosce chiede notizie su una persona altrettanto sconosciuta. In sottofondo si sente un animato chiacchiericcio e il tintinnare di calici, come se nell’ambiente fosse in corso una festa, nulla di strano considerata la particolare notte, e pensando a qualcuno che ha sbagliato numero riattacca, facendo in tempo però a sentire quella che definisce una “weird laughter”, una strana risata.
Prima di tornare a letto va a dare un’occhiata ai suoi figli, ma trova solo Mary Anne addormentata sul divano. Supponendo che gli altri siano andati a dormire come d’abitudine in soffitta, spegne le luci, chiude le tende – operazioni che solitamente compie l’ultimo che va a dormire – risale le scale e si ritira nella sua stanza. Passa appena mezzora e viene nuovamente svegliata da dei rumori che giungono dal tetto, come se un oggetto lo avesse colpito, avvertendo una sorta di scoppio e un successivo rotolamento. Sta in ascolto per qualche minuto, non ci bada più di tanto e si riaddormenta.
Verso l’una e mezza, Jennie viene svegliata per la terza volta, quando un forte odore di fumo la desta dal sonno. Un grosso incendio divampa nell’ufficio di George, che viene svegliato dalle grida della moglie. La casa, costruita interamente in legno, prende fuoco rapidamente. I coniugi Sodder riescono a portare fuori la piccola Sylvia e a mettere al sicuro Joseph, Mary Ann e George. Invece, nonostante i richiami ai più piccoli che dormono in soffitta e i disperati tentativi di provare a raggiungerli per trarli in salvo, Maurice, Louis, Betty, Martha e Jennie Irene rimangono fatalmente intrappolati fra le fiamme. O almeno è quello che tutti pensano.
Intanto sono successi altri fatti molto strani. Non c’è un telefono che funzioni in tutta la zona e questo comporta dei ritardi nel dare l’allarme, aggravati da un metodo di allerta per i vigili del fuoco lento e macchinoso, per il quale le squadre di soccorso giungono alla casa dei Sodder soltanto otto ore dopo, quando ormai la famiglia, supponendo che i cinque piccoli siano morti, è in preda alla disperazione. Una scala a pioli, che George e i figli cercavano per provare a salire ai piani alti dall’esterno, è scomparsa nel nulla e verrà ritrovata in un fosso. A George viene allora l’idea di avvicinarsi alla casa con i camion ma entrambi, usati e perfettamente funzionanti il giorno prima, non si mettono in moto.
Il mistero avvolge completamente la faccenda, quando, una volta domato l’incendio, dei bambini non si trova alcun resto. Non un osso, un dente, un brandello di vestito. Nulla. Da quel momento la famiglia Sodder è attanagliata dal fortissimo dubbio che i bambini siano stati rapiti e che l’incendio sia stato soltanto un diversivo per prendere tempo. A questo si aggiunge la domanda da un milione di dollari: perché?

Sulle motivazioni, nel corso degli anni, si sono spese moltissime parole fino a ipotizzare congetture alquanto improbabili e talvolta bizzarre. Si è passati dalla vendetta politica a una presunta ritorsione della mafia italoamericana per questioni di racket collegate all’attività imprenditoriale di George, fino al millantare assurde ipotesi su un suo presunto oscuro passato malavitoso in Sardegna, messa con disinvoltura all’interno del calderone delle mafie dell’Italia meridionale, o ancora all’inquietante traffico di minori che, si racconta, aveva preso piede da qualche tempo in West Virginia.
Il tutto è reso più complicato dall’inspiegabile rapidità con la quale le autorità giudiziarie, tramite il procuratore della contea Carl Vickens e il capo della polizia statale Springer, hanno archiviato il caso, dichiarando i cinque piccoli Sodder deceduti per cause accidentali. Della commissione faceva parte anche l’assicuratore che aveva fatto visita ai Sodder qualche tempo prima. Per parecchi anni seguirà un’infinita serie di investigazioni private, depistaggi, voci, scavi, speranze, notizie di avvistamento di uno o più dei ragazzi in Texas, Florida e Kentucky che però non porteranno a nulla di concreto. George e Jennie, oltre a diffondere dei manifesti illustrati e una ricompensa di 5000 dollari, arriveranno a erigere diverse volte un billboard, un grande tabellone, con le immagini dei bambini e le notizie che li riguardano.

Passeranno gli anni ma ogni sforzo si rivelerà inutile. Quella ricerca disperata e ostinata, che per i Sodder era diventata ragione di vita, non porterà alcunché di fondato. George morirà nel 1968, Jennie nel 1989, entrambi senza aver ottenuto risposta in merito alla sorte spettata ai loro figli. Sylvia, l’ultima dei Sodder è scomparsa il 21 aprile scorso. Nessuno saprà mai che fine abbiano fatto Maurice, Louis, Betty, Martha e Jennie Irene Sodder, ma la loro enigmatica storia, ancora poco conosciuta in Sardegna, a distanza di tantissimi anni continua ad intrigare e appassionare moltissime persone in ogni angolo del mondo.
.