Oltre duecento pubblicazioni, un’infinità di articoli, incontri, presentazioni, relazioni e partecipazioni a eventi, una grandissima generosità nel diffondere le notizie dal mondo dell’archeologia del Mediterraneo davanti a una platea diversissima, dagli esperti ai semplici curiosi ed appassionati: con queste motivazioni l’associazione culturale cagliaritana Itzokor onlus ha assegnato all’archeologo Carlo Tronchetti il Premio Paolo Bernardini per la divulgazione in archeologia giunto oggi alla sua terza edizione.
La premiazione si è svolta a Cagliari sabato 1 ottobre negli spazi dell’Hostel Marina: qui Tronchetti, originario di Pisa ma ormai sardo d’adozione, ha ricevuto in premio una ceramica originale firmata dall’artigiano Fabio Frau. Durante la serata è stato inoltre presentato il volume “Tra le coste del Levante e le terre del tramonto. Studi in ricordo di Paolo Bernardini”, edito dal CNR, per la cura di Sandro Filippo Bondì, Massimo Botto, Giuseppe Garbati e Ida Oggiano.

Un riconoscimento prezioso per l’archeologo, che è stato ricercatore per l’Università di Cagliari tra il 1974 e il 1976, funzionario della Soprintendenza archeologica di Cagliari e Oristano tra il 1976 e il 2006, direttore del Museo Archeologico nazionale di Cagliari per trent’anni fino al 2006. Tra i suoi lavori più noti, la direzione dei primi scavi nell’area archeologica di Mont’e Prama, a Cabras, tra il 1977 e il 1979, quando vennero riportati alla luce le celebri statue in arenaria poi ricomposte ed esposte oggi nei musei di Cagliari e Cabras. Insieme a lui in quella incredibile esperienza di ricerca altri tre giovani archeologi: Raimondo Zucca, Emina Usai e Paolo Bernardini, studioso esperto soprattutto del mondo fenicio e punico scomparso il 23 giugno 2018.
“La divulgazione in archeologia è fondamentale – ci ha detto Tronchetti dopo la premiazione – perché noi archeologi lavoriamo con soldi pubblici ed è corretto far conoscere a più persone possibili il risultato della nostra attività con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione”.
(Le foto sono di Dietrich Steinmetz)
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