Omar Pedrini contiene moltitudini. Ogni sua canzone è una porta che apre infiniti mondi dove, oltre la musica, si respira poesia, esplodono colori e si bevono vini nobili. Il cantautore bresciano il 3 maggio scorso ha ripercorso alcune delle tappe più significative della sua carriera e della sua vita sul palco del teatro Massimo di Cagliari, dove ha portato in scena un reading concerto ispirato ai suoi brani e alle pagine della sua biografia ‘Cane Sciolto’. Un viaggio multidirezionale nella “generazione senza vento” che è proseguito il quattro mattina con una masterclass dedicata alla musica rock e pop e alle sue contaminazioni artistiche.
La sera del 3 e la mattina del 4 il teatro di via De Magistris ha ospitato il duplice appuntamento con Pedrini. L’evento, organizzato da Sardegna Concerti e Accademia del Pop, è stato suddiviso in un viaggio tra le parole e la musica dell’ex leader dei Timoria, con le letture estrapolate dalla biografia ‘Cane Sciolto’ Red Edition, (Chinaski Edizioni) scritta a quattro mani con Federico Scarioni, che ha accompagnato il cantautore assieme a Roberta Girotto e al cantante Davide Apollo, e la masterclass dal titolo ‘Musica rock e pop e le sue contaminazioni artistiche’.
“C’è un lungo fiume di dolore che attraversa il tempo. Nel suo letto scorrono il fuoco dell’arte e i cadaveri dei suoi figli maledetti.” Questa frase, estrapolata dall’album ‘Eta Beta’ del 1997 e pronunciata da Omar Pedrini sul palco del Massimo, rappresenta pienamente il suo percorso artistico e umano, quello di cantore della generazione X, quella senza vento e senza tempo, che ha raccolto i dolori del mondo per trasformarli in bellezza. Il viaggio che ha coinvolto la platea del teatro è stato pura emozione. Ex giovani e adolescenti sopravvissuti alla tempesta dei Novanta, forse senza alcuna nostalgia, ma consapevoli di essere stati protagonisti del tramonto del sogno, di quando a cavallo del nuovo millennio si è spento il sole, hanno accolto con sincero calore lo scrigno di tesori che Omar Pedrini ha generosamente aperto.
E così hanno visto ‘Nina’ volare sulle corde della follia e dalla memoria confusa, si sono commossi con le note di ‘Sacrificio’, l’accorato omaggio ai genitori Roberto e Daria, si sono tuffati in quell’ultimo “affresco di ciò che il mondo sta perdendo” con ‘Impressioni di Settembre’ e hanno cantato a squarcia gola l’inno generazionale di ‘Senza Vento’, canzone simbolo di quel periodo storico durante il quale la musica dei Nirvana squarciò il mondo. Cobain quindi, e il suo bruciare di vita veloce al posto di spegnersi lentamente che porta al fuori programma di ‘Hey hey, my my Rock and roll can never die’ di Neil Young. E allora appare il fantasma di Elvis e il ghigno di Johnny Rotten e si aprono mille cassetti, ricordi, libri, film, poesie delle generazioni precedenti che come in un destino già scritto si muovono a decenni, dalla beat generation di ‘On The Road’, il manifesto di Jack Kerouac del 1957, a quella dei figli dei fori della summer of love del 1967, fino alla punk invasion del 77′.
Si arriva così al giro di boa, parole e musica si trasformano in immagini, quasi fosse un docufilm sulla generazione X con ‘Sole Spento’ e ‘Sangue Impazzito’ ad anticipare il gran finale che ha come ospiti Sergio Piras e Luca Casu dei Tamurita, storica band cagliaritana che con Omar Pedrini ha scritto la canzone ‘Chi ama vince’, pubblicata nel 2021.
La musica finisce, i musicisti se ne vanno, ma l’appuntamento della mattina seguente è per certi versi ancora più intenso. Pedrini, docente di Laboratorio di composizione e realizzazione di una canzone pop e Creazione e comunicazione artistica della musica presso il master in Comunicazione musicale per la discografia e i media dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, sale in cattedra e tiene la sua masterclass per musicisti e appassionati che diventa un’infinito viaggio nella sterminata galassia dell’arte, dove affiorano Mogol e Van Gogh, Alejandro Jodorowsky e Antonio Ligabue, che si conclude inevitabilmente con la musica, prima che Omar Pedrini richiuda il suo scrigno, fra gli abbracci sinceri di coloro che lo hanno sempre visto più come un amico dal cuore generoso che come un guru e che per questo, aldilà di ogni titolo accademico, continueranno a chiamare semplicemente Omar.