Un pugno chiuso alzato al cielo, lo sguardo deciso e in viso un riso sardonico. Così Elio Germano ha salutato il pubblico della Festa del Cinema di Roma. Il festival è stato aperto proprio dall’ultima pellicola che lo vede protagonista, “Berlinguer, la grande ambizione”, diretta da Andrea Segre (leggi qui la recensione di Francesca Arcadu).
Un gesto antico oggi sempre più desueto per molti ma non per Elio Germano, che già a Venezia nel 2014 si rivolse al pubblico col più vigoroso dei saluti, ma che questa volta assume un significato ancora più pregnante. Perché a Sassari e a Cagliari si sono state le prime nazionali della prima pellicola di fiction sul segretario che portò il Partito Comunista Italiano all’apice dei consensi (e della distanza da Mosca). Le proiezioni, promosse dalla Sardegna Film Commission, hanno visto il tutto esaurito e sono state anche l’occasione per il pubblico – e per i giornalisti – di dialogare con regista e protagonista.
Germano, ha interpretato Leopardi, Antonio Ligabue, Matteo Messina Denaro e ora Berlinguer. Personaggi diversi in cui riesce a trasformarsi però mantenendo la sua identità. L’ultimo grande attore italiano a fare questo è stato Gian Maria Volontè. Quanto c’è di Volontè nell’arte di Germano?
Non è che c’è solo Gian Maria Volontè, ci sono carissimi miei colleghi che traducono il lavoro in ricerca, incarnando corpi diversi. Colleghi e colleghe di grande spessore. Ognuno intende il proprio mestiere come vuole. Non valuto un attore in base alla sua capacità di fare accenti e dialetti. Penso che lo scopo di un attore sia sparire, sia essere funzione del racconto e sempre a disposizione della storia. Offrire una credibilità alla storia. Se la storia è ambientata in un certo contesto o racconta un certo personaggio deve cercare di rappresentarlo senza produrre quel rumore, quell’inquinamento, quel disturbo che non permette allo spettatore di cadere nella storia. L’importante è che lo spettatore segua la storia e non che guardi come è rappresentato un personaggio.
Quando un cineasta realizza un film ha anche l’ambizione di interrogare la società a cui la pellicola si rivolge. Che domande vuol fare Segre alla società italiana con “Berlinguer – la grande ambizione”?
Chiedo e mi chiedo se davvero possiamo permetterci una società in cui affidiamo la politica a un qualcosa che ci sembra incontrollabile. Se possiamo rinunciare a tutti quei corpi intermedi che permettono il dialogo vero tra società e politica. Perché questa è la storia del Partito Comunista e degli altri partiti di quel periodo: corpi intermedi che facevano sì che la democrazia avesse un legame tra società e rappresentanti.
Questo aspetto non esiste più, lo sappiamo: 6.700 sezioni in tutta Italia, 1.800.000 iscritti… era un altro mondo! Il quesito è: come facciamo a farne a meno? Non stiamo perdendo qualcosa? Non stiamo rischiando di rinunciare ad una funzione democratica della nostra vita? E se questa funzione non c’è più davvero, pensiamo di essere più felici perché ci siamo sbarazzati di questo o in realtà c’è un problema? Queste sono le domande che mi sono posto durante le riprese del film.
E poi ci sono interrogativi più specifici ma altrettanto ampi: come facciamo ad accontentarci di vivere in un mondo in cui le disuguaglianze sono enormi? Ci siamo convinti che sia inevitabile doversi armare per trovare delle soluzioni. E invece sappiamo che questo produce solo morte e squilibrio. Non tutelare la democrazia produce degli sconfinamenti gravi di uno o dell’altro dei poteri.
Tutte queste forme di delusioni o disillusioni sono quelle che hanno a che fare con la domanda iniziale, sono stimoli che mi sono arrivati pensando al film. Come interagiranno con il pubblico? Sono curioso di sapere quali altri dubbi o quali possibili risposte arriveranno da chi guarderà il film.
Di interrogativi, a Sassari e Cagliari in realtà ne arriveranno tanti. Così come rievocazioni, riflessioni, aneddoti. E tante saranno le risposte che regista e protagonista proporranno al pubblico, condividendo con le persone che affollavano le sale le emozioni provate durante la realizzazione del film, le paure, lo sforzo di studio che c’è nella preparazione di una pellicola così complessa, che narra di un passato per certi versi lontano che però spinge ancora ognuno a interrogarsi sulla democrazia e sul mondo attuale. Ed è proprio da queste riflessioni, da questi sentimenti che emerge, potente, la risposta del perché quel pugno si è alzato nuovamente verso il cielo.
Nemesis Magazine ha realizzato un video dove dialogano direttamente regista, protagonista con il pubblico che si è riunito al Cinema Odissea per la prima nazionale di “Berlinguer – la grande ambizione”.
Buona visione