Stiamo seguendo con amore le sue orme da settimane (qui e qui sempre e solo su Nemesis Magazine) e finalmente, come preannunciato, dopo circa sette anni il nuovo e decimo lavoro di Polly è qui.
Le impressioni delle scorse settimane diventano solide realtà: ‘I Inside The Old Year Dying’ è un album in cui è la componente spirituale a farla da padrone, sin dalla iniziale ‘Prayer At The Gate’.
Polly ritorna ai massimi livelli puntando quasi esclusivamente sulla sua voce, sorretta solo da una leggera ossatura strumentale, coadiuvata come ormai da prassi da John Parish e Flood, una lunghissima preghiera di quaranta minuti, divisa in dodici parti, tutte in perfetto equilibrio tra loro, come se portasse sul palco una composizione poetica, una serie di sonetti, un complemento ad uno di ‘Orlam’.
Non è necessaria alcuna didascalica definizione sonora, dove non trova alcun senso pensare a radici folk – non sono “solo canzonette” – è l’anima esoterica qui a farla da padrona, direi anche selvatica, pagana, in questo viaggio interiore e anche terreno tradotto in una lingua che inizia a trasformarsi e che rende ‘I Inside The Old Year Dying’ più un meta album da assorbire che ascoltare solamente.
Una trasformazione (ennesima) inaspettata ma non insolita per la ninfa del Dorset.
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