In molti forse hanno provato a immaginare il primo incontro fra Massimo Zamboni e Giovanni Lindo Ferretti. Sembra quasi di vederli, come se fossero filmati dalla telecamera di Uli Edel, in quella discoteca dove le luci e le strobo fendono il fumo e le casse sparano a tutto volume la musica di Laibach, Cabaret Voltaire e D.A.F. Era la Berlino della prima metà degli anni Ottanta, quella del punk che diventava new wave, degli squatters, delle avanguardie artistiche; la Berlino separata dal muro che divideva due mondi contrapposti. Fu questo il luogo dove questi due non più giovanissimi reggiani avrebbero trovato la loro strada, una linea alternativa alla plastica occidentale che univa la loro Rozzo Emilia Paranoica a Pankow, ai paesi del Patto di Varsavia e aveva il sapore celeste del ferro e il profumo sanguigno del fuoco. Un sogno, un’idea durata poco meno di un decennio che sarebbe finita dopo i concerti in Unione Sovietica, quando il crollo di quel muro pose fine ai Fedeli alla Linea che tuttavia fra le loro macerie lasciarono un’eredità di grandissima portata, che avrebbe influenzato una fetta importante della scena musicale italiana del decennio successivo. A distanza di 40 anni, i CCCP hanno voluto celebrare il loro sogno fatto di punk, batterie elettroniche e socialismo reale nella città dove tutto nacque con ben tre date, fra il 24 e il 26 febbraio, dove hanno fatto il tutto esaurito. Noi vi raccontiamo come è andata quella del 25.
Sabato 24 febbraio Berlino accoglie i fedelissimi dei CCCP con un magnifico tempo e temperature decisamente più adatte ad altre latitudini. L’attesa del concerto del giorno dopo, l’aria che si respira al Eschschloraque, locale alternativo di Rosenthaler Straße rendono l’atmosfera elettrizzante. La serata viene annunciata come Live in Punkow – unofficial CCCP after party e qui si danno convegno i reduci del primo concerto con quelli che aspettano febbrilmente le altre due date. I due dj Mr. Cigarette Butt & BiPolloi, uno tedesco e l’altro sardo, selezionano rigorosamente in vinile pezzi di Cure, Teuxedomoon, Die Toten Hosen, Devo, Boytronic, Cramps ma anche Jo Squillo, Donatella Rettore, Alberto Camerini e inevitabilmente CCCP. La reazione dal pubblico alle prime note di ‘Curami’ sottolinea la massiccia presenza di italiani in quel lembo di terra tedesca che di colpo sembra ritornato agli albori degli anni Ottanta.
Il giorno seguente, dopo 34 anni i CCCP al completo nella loro formazione originaria con Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, la benemerita Annarella e l’artista del popolo Fatur stanno per salire nuovamente sul palco. L’attesa è innaffiata di birra, Litfiba e Matia Bazar, la macchina del tempo sta per partire. ‘Auferstanden aus Ruinen’, l’inno della DDR, invade l‘ Astra Kulturhaus, il locale dell’ex Berlino Est nel cuore del quartiere Friedrichshain, a due passi dall’East Side dove parte del muro è ancora in piedi, e il pubblico viene catapultato di colpo agli anni della perestroika.
Dopo i comunicati di Massimo, Giovanni e Annarella finalmente si comincia.
Cantavamo: Kebab Träume in der Mauer Stadt
non mangio kebab da decenni e non sogno
o non ricordo, il mio è un sonno da sfinimento.
Smantellato il Muro, l’oltrecortina, il dopoguerra
la città intorno è una città del nord come le altre
cantavamo: Wir sind die Türken von Morgen
roba da forza lavoro a basso costo ma
sepolto Atatürk è la Sublime Porta
lo skyline d’Istanbul, mica roba nostra.
Nella mia Berlino il Reichstag è un palazzotto vetusto
fuori mano in fondo al parco e sul prato davanti
al tramonto pascola un branco di cervi.
Dietro c’è il Muro e una torretta per guardare oltre
sic transit gloria mundi – passami quella canna
(G.L. Ferretti)
A ‘Depressione Caspica’ l’onore di aprire la danza e a ‘Morire‘, con le lodi a Mishima e a Majakovskij e il leggendario slogan “produci consuma crepa”, quello della militanza. Il valzer ‘Oh! Battagliero’ unisce idealmente le terre reggiane e alemanne prima che ‘Stati d’agitazione’ acceleri il fiato, il corpo e la testa. La pausa di riflessione in latino dal sapore cattocomunista di ‘Libera me domine’ è la preghiera che purifica gli spiriti che sono pronti a darsi battaglia con una terna micidiale composta da ‘Per me lo so’- ‘Tu Menti’ – ‘Curami’. Il ballo di San Vito viene interrotto dall’apparizione di Andrea Scanzi che riceve la stessa accoglienza, con annesse polemiche, della sera prima, nella quale era stato fischiato sonoramente.- Se non è punk questo! – I corpi si separano, si suda anche a febbraio in quel di Berlino, ma l’intermezzo “scanziano” porta dritti a ‘Emilia Paranoica’ che dà nuovamente fuoco alle polveri: bombardieri su Beirut!
La serata vira verso oriente con ‘Punk Islam’ e ‘Radio Kabul’ quasi un ricordo, come grida Ferretti: di “ciò che fu, ciò che è stato, ciò che è ed è scappato” e che tuttavia ci tiene a rimarcare che “in fedeltà (o infedeltà?) la linea c’è” ancora.
“Radio e tv, la storia si riarma, sanguina geografia, zona d’influenza, zona d’interesse, zona d’intervento, guerra guerra guerra, on line mondovisione, pornografia domestica, ultima frontiera dell’emancipazione”. La guerra non è più fredda e gli spari hanno prima il sapore occidentale di Bang ‘Bang(My Baby Shot Me Down)’ cover di Sonny & Cher nella versione degli Equipe 84 ai quali risponde la katiuscia sovietica di ‘Spara Juri’ e l’energia sale veramente alle stelle: Felicitazioni. Felicitazioni. Felicitazioni!
Sembrerebbe il prologo a una scarica di adrenalina con altri pezzi storici come ‘Io sto bene’, ‘Mi ami?’, ‘Live in Punkow’ o Rozzo Emilia. Nulla di tutto ciò. Sul palco ci sono pur sempre i CCCP che oggi come allora lasciano ampio spazio alla teatralità di Fatur e Annarella, e non vogliono che tutto sia prevedibile, scontato o forse si riservano di conservarle per un tour estivo. I bis vengono così affidati ad ‘Annarella‘ suonata in acustico e ad ‘Allarme‘, perla pescata da ‘Affinità – Divergenze Fra Il Compagno Togliatti E Noi’. Il gran finale è invece prerogativa di Massimo, che abbandonata la chitarra, canta ‘Kebab Träume’, omaggio ai Deutsch Amerikanische Freundschaft senza i quali probabilmente i CCCP non sarebbero mai esistiti.
“Cittadine e cittadini”: arriva il momento del commiato. Tutti i musicisti raggiungono il proscenio per i ringraziamenti di rito: Ezio Bonicelli violino, Simone Filippi chitarra, Luca Rossi basso, (tutti e tre degli Üstmamò), Simone Beneventi percussioni e Gabriele Genta percussioni e tastiere. L’ultimo atto è per la sedicente cover ‘Amandoti‘ affidata al solo violino di Bonicelli e alla voce di Ferretti seguito dal pubblico all’unisono. L’emozione è palpabile, scappa qualche lacrima. Non è la fine di un concerto, CCCP in DDR è stato ben altro, un evento epocale, un rito collettivo di coloro che hanno deciso di ritrovarsi a condividere a distanza di decenni, nonostante le divergenze, le affinità, le contraddizioni e l’inesorabile scorrere del tempo, quelle canzoni che almeno in parte, avevano portato a credere o sperare in un sogno diverso da quello americano.
Si accendono le luci, i suonatori se ne vanno, qualcuno in sala intona ‘Madre‘ e vien subito seguito in coro da gran parte della platea. Un’ultima birra e poi tutti fuori, felici di lasciarsi inghiottire dalla notte di Berlino, senza dire una parola che non sia d’amore.
@Tutte le fotografie sono state gentilmente concesse da Paola Licheri.
In testa all’articolo Annarella Giudici, la benemerita soubrette.