Una visione inedita dell’esistenza emerge da ‘White Light’, romanzo appena pubblicato da Davide Catinari (edizioni Camena), voce del longevo progetto musicale Dorian Gray e anima dell’associazione Vox Day.
La trama è in apparenza essenziale: un ex musicista con un trascorso di droga e una separazione alle spalle, si ritrova ad accettare un lavoro interinale come guardiano di un faro su uno sperduto isolotto.
Qui, apparentemente solo con se stesso, deve misurarsi con demoni reali e irreali che lo hanno accompagnato nel suo percorso e deve dare un nome a questo viaggio nell’assurdo che sta vivendo per poter fissare dei confini tangibili. Il ritrovamento di un incartamento appartenuto al custode precedente lo conduce verso mondi dell’io inesplorati dai più, anzi temuti e evitati come un morbo letale.
Ma per lui che dei margini della vita ha fatto il suo regno immergersi in questo mondo è una necessità naturale. La luce e il buio sono entrambi inganni, così come l’illusione di aderire a una normalità bonificata da ogni reale componente umana, l’estremo sacrificio che la società esige dai suoi figli in vista di un presunto bene collettivo.
La voce narrante cambia, ma riporta parole simili attraversando epoche e personaggi: decadenza, malinconia, coraggio, immoralità, mistero. Il turbinio di vite passate, consumate con la rapidità di una candela o di una stella cadente, illumina col suo paradigma scandaloso il ben più piatto senso comune, lasciando segni, solchi e cicatrici in grado di sopravvivere al corpo fisico.
La prosa visionaria di Catinari, non esente a volte dalla sua più che esercitata capacità ritmica, procede spedita e colta con leggerezza anche se veicola una serie infinita di concetti fondanti che spaziano dall’arte al cinema, dalla filosofia alla letteratura.
La storia diviene così il pretesto per raccontare un demi-monde vezzeggiato e osteggiato, in bilico tra orrore e piacere, in perenne lotta con i dettami rigidi di dittature politiche e sociali.
Ecco che anche il titolo, ispirato al celebre brano dei Velvet Underground che più volte ritornano nel romanzo, diviene omaggio a una delle stagioni selvagge, creative e senza regole in cui si consumano veloci i talenti di creature straordinarie che alla visione lineare, inappellabile e incasellata della vita hanno rinunciato.
Catinari ci regala un libro che può riassumersi nello spleen di Baudelaireiana memoria, denso di simboli, rimandi e di quei meravigliosi passi falsi che a volte sono il marchio del genio.