Non è facile resistere al fascino del jazz manouche o, se volete, gypsy jazz, a cui la quindicesima edizione del festival Woman in Jazz dedica il secondo appuntamento in programma il 3 agosto alle 21.30 al Foro romano nell’area archeologica di Nora; il festival, organizzato dall’Associazione Enti Locali per le Attività Culturali e di Spettacolo, in collaborazione con il Comune di Pula, proseguirà giovedì 8 agosto con Cecilia Krull, talentuosa artista spagnola divenuta nota in tutto il mondo per “My Life Is Going On”, sigla della famosa serie Netflix “La Casa di Carta“, e si chiuderà domenica 11 agosto con lo show della cantante, compositrice, pianista di origine estone Kadri Voorand.
Il jazz manouche (anche se altri preferiscono chiamarlo swing manouche e altri ancora jazz gitano o gypsy jazz) ebbe il suo massimo esponente in Django Reinhardt, chitarrista immenso idolatrato in Francia, ma ignorato quasi del tutto all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, dove a ogni modo qualcuno che riconobbe la sua grandezza per fortuna ci fu: John Lewis, big del piano jazz, gli dedicò un bellissimo brano intitolato col suo nome.
A rendere omaggio al maestro belga della sei corde che era anche compositore senza saper leggere né scrivere neanche la musica, al quale nel ’99 Woody Allen dedicò il film Accordi e disaccordi e altri registi presero in prestito il suo brano più celebre Minor swing (ascolta su Spotify) per inserirlo nelle loro colonne sonore (Emir Kusturica lo utilizzò in Arizona Dream, Louis Malle in Lacombe Lucien, Marco Tullio Giordana in I cento passi), sarà la cantante Tatiana Eva-Marie con un progetto nuovissimo uscito in giugno, “Djangology“, il cui titolo è stato mutuato da uno dei capolavori del chitarrista di origine rom che suonò con Duke Ellington e fu ammirato da B.B.King e Sacha Distel.
Per camminare lungo la via indicata da Reinhardt, gigante della chitarra tout court, della chitarra dalla voce umana come la definiva Cocteau, genio istintivo menomato fisicamente (a diciotto anni la roulotte dove viveva con la famiglia prese fuoco riportando ustioni irreparabili alla mano sinistra da cui si salvarono solo due dita), la singer svizzera ha scritto i testi delle canzoni che presenterà affidando il resto ai compagni di viaggio Daniel Garlitsky, violino, Dennis Pol, chitarra, Wallace Stelzer, contrabbasso, con i quali forma gli Avalon Jazz Band.
Se jazz e musica tzigana si sono avvicinate, lo dobbiamo insomma a uno come Reinhardt, che elaborò elementi diversi provenienti da una vasta memoria musicale, da un lato popolare, frutto dei tanti viaggi fatti da bambino in Corsica, Italia e Africa del Nord e più avanti dalla decisione di dedicarsi alla musica da ballo, e dall’altro “colta”, con l’ascolto degli impressionisti ma anche di Chopin e Segovia. Una memoria musicale alla quale si aggiunse l’amore sconfinato per Duke Ellington e Louis Armstrong scoperti negli anni Trenta, decennio in cui con Stéphane Grappelli diede vita al mitico Quintette du Hot Club de France consacrato nel 1937 a livello internazionale.